Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-05-2012, n. 7668 Rimborso dell’imposta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 5/21/10, depositata il 27.1.2010, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio Firenze (OMISSIS), avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della Editoriale Firenze, s.p.a. in liquidazione, avverso il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle entrate sulla richiesta di rimborso di Euro 166.124,02, a seguito della cessione, avvenuta nel 2002, di un ramo d’azienda, comprensivo di nove dipendenti addetti, con esclusione del credito d’imposta derivante dagli anticipi su TFR maturato a seguito dei versamenti effettuati dalla società in base alla L. n. 662 del 1996.

Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale che il trattamento di fine rapporto maturato non potesse essere scisso dagli anticipi sul TFR erogati, pena l’interruzione del meccanismo di compensazione, ritenendo che il trasferimento del personale, pur non implicando la liquidazione del TFR ai dipendenti trasferiti, rende obbligatorio il trasferimento del corrispondente credito d’imposta da utilizzare a scomputo delle imposte dovute all’atto della corresponsione dell’indennità di fine rapporto.

Proponeva ricorso per cassazione la società contribuente deducendo i seguenti motivi:

a) violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, commi 211-213 e dell’art. 2112 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. tre, rilevando come nessun obbligo di trasferimento del credito d’imposta, derivante da anticipi su TFR maturato a seguito dei versamenti effettuati dal cedente, ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 211 sia normativamente stabilito in caso di cessione d’azienda implicante passaggio di dipendenti da cedente cessionario;

b) violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, commi 211-213, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo possibile recuperare, con modalità diversa dalla compensazione, il credito d’imposta derivante da anticipi su TFR maturato, avendo, comunque, il nuovo datore di lavoro versato l’intero importo, non potendo utilizzare il credito d’imposta non ceduto;

c) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il Collegio chiarito le ragioni che lo hanno portato alla determinazione di ritenere obbligatorio il trasferimento del corrispondente credito d’imposta in caso di passaggio di personale dal cedente al cessionario, anche in base all’art. 2112 c.c., rilevando che il mancato trasferimento del credito d’imposta al momento della cessione dell’azienda, comporterebbe l’interruzione del meccanismo di compensazione.

Si costituiva, nell’Agenzia delle entrate contestando, con controricorso, i motivi dedotti dalla ricorrente, eccependo, con ricorso incidentale, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 rilevando la tardività, rispetto al termine decadenziale di 48 mesi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 dell’istanza di rimborso presentata al competente ufficio in data 14 giugno 2006 a fronte di richiesta di rimborso dei versamenti effettuati tra il 31 luglio 1997 e il 30 novembre 1998, parzialmente utilizzati in compensazione nel corso dell’anno 2002.

Con controricorso al ricorso incidentale la società contribuente contestava tale ultimo rilievo ritenendo applicabile il citato art. 38 solo in caso di errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento non dovuto ab origine, circostanza esclusa nella fattispecie, dovendo identificarsi il dies a quo all’epoca della cessione di azienda. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 21 marzo 2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 all’epoca vigente "Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l’esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento.

Nella fattispecie in esame non ricorre alcuna di tali ipotesi vertendosi in tema di richiesta di rimborso su anticipi su TFR, non contestato quanto all’importo effettivamente dovuto, maturato a seguito dei versamenti effettuati dalla società in base alla L. n. 662 del 1996.

Peraltro è anche fondata l’eccezione di decadenza formulata dall’Agenzia delle entrate.

I versamenti di cui è stato chiesto il rimborso risultano effettuati tra il 31 luglio 1997 e 30 novembre 1998, mentre l’istanza di rimborso risulta presentata in data 14 giugno 2006, oltre il termine decadenziale di 48 mesi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

Il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso, anche ove fosse stato ritenuto applicabile il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 decorre dall’effettuazione dei versamenti, non avendo trasferito il corrispondente credito d’imposta al cessionario, impedendo così il meccanismo della compensazione.

La ricorrente avrebbe dovuto cedere, in forza del principio della responsabilità tra il cedente e il cessionario per tutti i crediti che i lavoratori aveva al tempo del trasferimento, di cui all’art. 2112 c.p.c., sia le posizioni debitorie che creditorie, ai sensi dell’art. 1, punto 1.1.3., tra le quali il trattamento di fine rapporto (TFR) maturato in capo ai dipendenti medesimi.

Da tale violazione contrattuale , in ossequio anche a un principio generale normativo, non ne può derivare un mutamento del termine iniziale di decorrenza della decadenza dal diritto al rimborso, in mancanza, tra l’altro, di saldo e non avendo la società recuperato il credito d’imposta attraverso i meccanismi compensativi previsti dall’art. 3, commi 212 e 213 legge citata.

Anche nel caso in cui fosse stato ritenuto legittimo il diritto al rimborso del credito maturato, il dies a quo non può, quindi, farsi risalire, così come affermato dalla contribuente, all’epoca della cessione di azienda, ma dalla data di ciascun versamento, indipendentemente da eventuali errori o esuberi, in mancanza di saldo, essendo stata una precisa scelta della società quella di non cedere il credito d’imposta derivante dagli anticipi sul TFR maturato, non potendo il termine iniziale di decadenza ricondursi ad un fatto soggettivo, lasciato alla volontà del contribuente, (quale l’epoca della cessione di azienda) dovendo ancorarsi a termini certi, oggettivi e non equivoci.

Gli ulteriori motivi rimangono assorbiti, così come il ricorso incidentale.

Va quindi rigettato il ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Le spese processuali del grado di giudizio vanno poste a carico della ricorrente in base al principio di soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del grado di giudizio che liquida in Euro 1.500,00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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