Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-05-2011) 10-11-2011, n. 40897

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Padova, con sentenza 9/6/2008, dichiarava, per quanto qui interessa, la colpevolezza di:

– J.D.S.R., R.T.H., ca.

i.s.j., nella qualità di soci e/o dirigenti della "TRI TECHNOLOGIES INC" e quindi di responsabili della progettazione, sperimentazione, produzione, controllo di qualità, immissione in commercio e "messa in servizio" delle valvole cardiache meccaniche prodotte da detta società, C.D., nella qualità di cardiochirurgo e direttore del Centro di cardiochirurgia dell’Università di Padova, in ordine al reato di omicidio colposo e lesioni colpose ex artt. 41 e 589 cod. pen., commessi tra il (OMISSIS), in danno di più persone, nominativamente indicate nel capo d’imputazione sub a), con esclusione dei fatti in danno di I.F. e L.R. F. (assoluzione perchè il fatto non sussiste);

– s.l., Al.Gi. e s.v.l., nella qualità rispettivamente di titolare della "Bio.Net", di legale rappresentate della "For Med srl" e di proprietario occulto di quest’ultima società e quindi di importatori e fornitori delle citate valvole cardiache, in ordine allo stesso reato sub a), con riferimento alle morti di B.A. ed Ba.En., nonchè alle lesioni di S.F., Za.Vi., A.S., L.I., Vi.Ka. ed Za.

E., fatti commessi rispettivamente in data (OMISSIS);

– s.v.l. e C. in ordine al reato di corruzione propria continuata di cui al capo sub b), limitatamente agli episodi commessi dopo l'(OMISSIS) e sino a tutto il 2001, relativi alla promessa e consegna di denaro dal primo al secondo in proporzione al valore delle forniture di valvole cardiache effettuate dalla ditta del s. al Centro di cardiochirurgia dell’Università di (OMISSIS) e favorite dal C. con violazione dei propri doveri funzionali (prescrizione per gli episodi precedenti all'(OMISSIS));

– s.v.l. e Al.Gi. in ordine al reato di corruzione propria continuata di cui al capo sub c), limitatamente agli episodi commessi dopo l'(OMISSIS) e fino al (OMISSIS), relativi alla dazione di regali e somme di denaro a perfusionisti del Centro cardiochirurgico di (OMISSIS), che, contravvenendo ai propri doveri, avevano favorito la fornitura di ossigenatori da parte dei due imputati (prescrizione per gli episodi precedenti all’8/12/2000).

Il Tribunale, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti all’aggravante di cui all’art. 319- bis cod. pen., e unificati i reati di corruzione addebitati a s.v.l. sotto il vincolo della continuazione, condannava i predetti imputati a pene ritenute rispettivamente di giustizia; condannava, inoltre, gli imputati e l’Azienda Ospedaliera di (OMISSIS), nella qualità di responsabile civile, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili così come costituite, danni che, per alcuni danneggiati, liquidava in via definitiva e, per altri, ne rimetteva la liquidazione al giudice civile, con assegnazione di provvisionali.

1.1. Il Tribunale ricostruiva come segue i fatti di cui è processo.

A seguito della morte di alcuni pazienti ( I., B. e Ba.) che avevano subito l’intervento, eseguito dal prof. C., di sostituzione della valvola aortica con valvola meccanica TT, prodotta dalla "TRI TECHNOLOGIES INC" e fornita dalla "For Med srl" (che, a sua volta, l’aveva acquistata dalla "Bio.Net"), si accertava che la causa dei decessi del B. e del Ba. era ascrivibile al difettoso funzionamento della protesi meccanica impiantata, dalla quale si era staccato uno dei lembi valvolari per la rottura del perno dell’emidisco. Altri casi simili si erano verificati e i pazienti erano stati sottoposti a nuovo intervento d’urgenza per la sostituzione della valvola difettosa. Le valvole TT erano state introdotte presso il Centro di cardiochirurgia di (OMISSIS) su richiesta del prof. C. in data (OMISSIS);

erano state effettuate due forniture di venti valvole per volta in successione cronologica tra loro tra l'(OMISSIS) e l’ (OMISSIS); v’era stata la richiesta di una terza fornitura, regolarmente autorizzata il (OMISSIS) ma, dopo il decesso in data (OMISSIS) del B., era stata disposta, il successivo giorno (OMISSIS), la sospensione della fornitura.

Le indagini espletate avevano evidenziato che le forniture delle protesi cardiache, commercializzate dalla società facente capo a s.v.l. e rappresentata da Al.Gi., erano state inquinate da un accordo corruttivo col C. che, pur favorire le forniture, aveva posto in essere atti contrari ai propri doveri funzionali, ricevendo indebiti compensi in denaro.

Identico accordo corruttivo aveva caratterizzato la fornitura all’Azienda ospedaliera di (OMISSIS) di ossigenatoli commercializzati dalle società facenti capo a s.v.l. e all’ Al..

1.2. La responsabilità per i reati colposi.

Il Tribunale riteneva sussistente il nesso causale tra il malfunzionamento delle valvole impiantate e i decessi del B. ((OMISSIS)) e del Ba. ((OMISSIS)), nonchè gli eventi lesivi in danno delle numerose persone portatrici di valvola difettosa, costrette a sottoporsi a un ulteriore intervento operatorio per sostituirla con altra più affidabile. Tanto emergeva chiaramente dagli accertamenti medico-legali e bio-ingegneristici espletati, nonchè dagli esiti dell’esame autoptico delle due persone decedute; erano da escludersi la rottura della valvola per manovre di rianimazione, che sul Ba. non erano state neppure eseguite, e la cd. "morte elettrica", incompatibile con il massiccio edema polmonare e viscerale riscontrato sul B..

Era in linea con tale conclusione la circostanza che il R., responsabile tecnico della "TRI TECHNOLOGIES INC", in data (OMISSIS), aveva segnalato – a mezzo e-fax – a tutti i distributori Europei la rottura di una valvola prima del suo impianto (episodio constatato presso l’ospedale (OMISSIS), quando la protesi era stata appena estratta dal suo imballaggio), il che imponeva la necessità di accertamenti e la sospensione delle forniture.

Lo stesso prof. C., dopo il decesso del B., aveva sollecitato più dettagliate informazioni alla ditta fornitrice "For Med srl", la quale aveva risposto che non risultavano segnalazioni di malfunzionamento in altri Paesi. Il C., peraltro, partecipando alle operazioni di accertamento tecnico, aveva convenuto con il consulente del P.M. che i perni e i lembi della valvola TT non erano affidabili ed aveva perciò convocato i pazienti sui quali era stata impiantata, prospettando loro la necessità di un nuovo intervento.

La Commissione istituita il 5/11/2002 dall’Azienda Ospedaliera di (OMISSIS) con il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità aveva redatto un rapporto che concludeva per l’opportunità di informare i pazienti operati per decidere consapevolmente se sottoporsi o meno a un nuovo intervento.

Chiariva il Tribunale che le valvole TT di produzione brasiliana avevano regolarmente conseguito il marchio CE da parte del TUV di Monaco di Baviera, organismo notificato autorizzato in sede internazionale alle valutazioni di conformità dei dispositivi medicali al progetto, al sistema di assicurazione della qualità e alla effettiva qualità, in ossequio alla direttiva 93/42 CEE (attuata con D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 46), per la commercializzazione degli stessi dispositivi nell’U.E.; il Tuv, venuto a conoscenza soltanto del settembre 2002 degli inconvenienti verificatisi, dopo avere chiesto informazioni al produttore e al distributore per l’Europa ed avere ottenuto risposte insoddisfacenti, aveva revocato le certificazioni rilasciate (i responsabili del TUV venivano assolti, non essendo stati ravvisati elementi di colpa nel loro comportamento).

La responsabilità della ditta produttrice delle valvole andava individuata nel cattivo assemblaggio dei componenti delle stesse, i cui vari elementi presentavano asimmetrie tali da produrre un’anomala usura e il distacco dell’emidisco, e nel mancato doveroso controllo di qualità. I fabbricanti non avevano voluto dare alcuna spiegazione circa le cause che avevano provocato i denunciati incidenti, non avevano messo a disposizione le valvole ritirate dal mercato, che erano state addirittura distrutte. La colpevolezza delle figure apicali della "TRI TECHNOLOGIES INC", società di piccole dimensioni, non poteva essere posta in discussione, considerato che il potere decisionale era concentrato soltanto in loro, non esisteva alcuna delega di poteri e delle attività di controllo ad altri soggetti: il ca. e il J.d.S., in particolare, avevano continuato a produrre e distribuire valvole anche dopo la segnalazione fatta dal R. ai distributori per l’Europa, sicchè il loro comportamento era ai limiti tra la colpa cosciente e il dolo eventuale. La responsabilità dei fornitori (Bio.Net di s.

l., distributore per l’Italia; For Med srl di s.v.

l. e amministrata dall’ Al.) andava individuata nel fatto che, pur dopo avere appreso del difetto constatato su una valvola fornita all’ospedale di (OMISSIS) e non ancora utilizzata, non avevano informato L’Azienda Sanitaria di (OMISSIS), avevano continuato a distribuire il prodotto e ad effettuare una ulteriore fornitura il (OMISSIS); le posizioni dei tre responsabili della distribuzione non potevano essere differenziate, in quanto tutti e tre avevano operato in maniera paritaria ed avevano avuto rapporti diretti con la ditta produttrice.

La responsabilità del prof. C. era ravvisata nel fatto di avere utilizzato valvole di nuova generazione, senza una sufficiente letteratura ed esperienza sull’argomento, senza essersi informato presso altri Centri di cardiochirurgia circa l’utilizzo di tali valvole, senza avere informato adeguatamente i pazienti, senza uno scrupoloso monitoraggio dopo l’intervento, violando l’art. 12 codice deontologico circa l’utilizzo di terapie e tecniche nuove.

1.3. La responsabilità per i fatti corruttivi.

Il Tribunale riteneva che la prova di tali illeciti era offerta dalla confessione resa da s.v.l., che aveva contestualmente chiamato in correità i soggetti corrotti indicati ai capi sub b) e c).

Il predetto, in particolare, aveva riferito di avere versato al C. una percentuale, nella misura del 10% per le valvole tradizionali e del 20% per quelle TT, sull’importo delle relative forniture, di avere tenuto analoga condotta nei confronti dei cardiochirurghi (OMISSIS) D.S. e Po., di avere avanzato, tramite l’ Al., la stessa proposta corruttiva a primari di cardiochirurgia del (OMISSIS) e di avere effettuato versamenti di somme indebite a perfusionisti in servizio presso il Centro di cardiochirurgia di (OMISSIS), che lo avevano favorito per la fornitura di ossigenatori.

Gli accertamenti della Guardia di Finanza circa i versamenti sui conti correnti bancari del C. erano coerenti con l’ipotesi d’accusa. Il D.S. e il Po. avevano reso ampia confessione e anche i cardiochirurghi (OMISSIS) avevano confermato di essere stati contattati dal sa. e dall’ Al. con proposte corruttive, che, però, non avevano accettato; i predetti cardiochirurghi avevano anche riferito di avere appreso dai corruttori del coinvolgimento del C. in tale tipo di illecito; circostanze tutte – queste – che, sia pure indirettamente, avallavano la fondatezza dell’accusa. Anche l’ Al., nel corso delle indagini, aveva reso ampia confessione, ritrattata inattendibilmente in sede dibattimentale.

2. A seguito di appello degli imputati e del responsabile civile Azienda Ospedaliera di (OMISSIS), la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza 8/2/2010, riformando parzialmente quella di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti del C. e di s.v.l., in ordine al reato di corruzione sub b), nonchè nei confronti del predetto s., di s.l., Al., ca., J.d.S., R., in ordine all’omicidio colposo in danno di B., per essere detti illeciti estinti per prescrizione; assolveva s.v.l. e l’ Al. dal reato di corruzione sub c), ritenuto lo stesso assorbito nell’analogo capo d) di corruzione (definito in primo grado), perchè il fatto non sussiste; assolveva il C. dai reati colposi sub a) per non avere commesso il fatto; rideterminava la pena, quanto ai residui reati, per il ca. e il J. in anni quattro e mesi sei di reclusione ciascuno, per il R. in anni tre, mesi quattro e giorni quindici di reclusione, per i due sa. e l’ Al. in anni due e mesi quattro di reclusione ciascuno; revocava le statuizioni civili nei confronti del C. e del responsabile civile Azienda Ospedaliera di (OMISSIS); confermava nel resto la sentenza, con condanna solidale degli imputatati ca., J.D.S., R., Al., s.v.l. e s.l. alla rifusione delle ulteriori spese sostenute dalle parti civili.

2.1. La motivazione della sentenza d’appello.

La Corte territoriale disattendeva le doglianze in rito articolate da alcuni imputati, osservando quanto segue.

Non sussisteva la nullità ex art. 522 cod. proc. pen., eccepita dalla difesa dell’ Al., della decisione di primo grado per violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza. Al predetto si era contestato di non avere sospeso la fornitura delle valvole dopo il constatato difetto presso l’ospedale di Torino, in data 24/4/2001, di una di esse ancora nell’imballaggio e di non avere avvertito l’Azienda Ospedaliera di (OMISSIS); per tale condotta, ritenuta imprudente e negligente, era stato sostanzialmente condannato, a nulla rilevando che nella sentenza di primo grado si era fatto riferimento all’obbligo di attivazione dopo l’e-fax inviato dal R. il (OMISSIS). Gli accertamenti tecnici non ripetibili espletati dal consulente del P.M. senza il preventivo avviso ai difensori dei produttori delle valvole erano utilizzabili nei confronti del R., non avendo lo stesso eccepito tempestivamente la nullità a regime intermedio (pg. 54); erano invece inutilizzabili nei confronti del J.D.S. e del ca., che avevano eccepito tempestivamente la nullità. In ogni caso, gli elementi acquisiti anche nel corso del dibattimento, attraverso Tesarne dei consulenti di tutte le parti processuali e nel pieno rispetto del contraddittorio, avevano sufficientemente chiarito i fatti e le cause che li avevano determinati.

Era da escludersi qualunque nullità per la mancata traduzione dell’avviso di conclusione delle indagini e del decreto dispositivo del giudizio per gli imputati stranieri, posto che dagli atti risultava che costoro conoscevano la lingua italiana, in quanto avevano inviato nomina del difensore di fiducia ( J.D.S. e ca.) e memoria difensiva ( R.), atti compilati logicamente in lingua italiana e da loro sottoscritti.

Successivamente, per mero scrupolo dei magistrati procedenti, detti imputati erano stati assistiti da interprete e erano stati tradotti gli atti a loro indirizzati; in ogni caso, era stata assicurata ampia difesa agli imputati stranieri, che erano stati sentiti sui fatti di causa ed avevano avuto ampia possibilità di difesa.

Sul merito della vicenda processuale il Giudice distrettuale rilevava quanto segue. Il reato di corruzione di cui al capo b), contestato a s.v.l. e al C., tenuto conto dell’epoca a cui risaliva la consumazione dei vari episodi, si era estinto per prescrizione, ai sensi dell’art. 157 cod. pen., così come novellato dalla L. n. 251 del 2005. Non ricorrevano – peraltro – i presupposti di operatività della norma di cui al capoverso dell’art. 129 cod. proc. pen., considerato che la prova della responsabilità degli imputati era offerta dalle circostanze di fatto efficacemente evidenziate dal giudice di primo grado.

Il reato di corruzione di cui al capo c), contestato a s.

v.l. e all’ Al., in quanto sovrapponibile all’analogo illecito rubricato al capo d) dell’originaria imputazione e per il quale il giudice di primo grado aveva ritenuto la mancanza di prova, andava assorbito in quest’ultimo, con conseguente assoluzione degli imputati.

Quanto ai reati colposi, la Corte territoriale rilevava che le valvole incriminate erano state realizzate con materiale adeguato e non presentavano difetti di progettazione, ma piuttosto difetti di assemblaggio, essendo stati riscontrati asimmetrie, disallineamenti, irregolarità tali da provocare usure e quindi il distacco di uno degli emidischi; era mancato, in sostanza un accurato controllo di qualità sulle tecnologie di realizzazione e sulla gestione della produzione da parte del personale addetto, evidentemente non particolarmente qualificato.

I decessi del Ba. e del B., come emerso dalle indagini autoptiche espletate e da altri dati oggettivi acquisiti al processo, erano eziologicamente riconducigli al difettoso funzionamento della valvola impiantata, andata in crisi per il distacco di uno degli elementi che ne determinavano il funzionamento.

Il riscontrato malfunzionamento delle valvole TT aveva imposto la impellente necessità, per altri pazienti sui quali tale protesi era stata impiantata, di essere sottoposti a nuovo intervento per l’impianto di valvola di diverso tipo, il che aveva cagionato in tali soggetti menomazione dell’integrità fisica, con conseguente stato di malattia prolungato, ovvero insorgenza o aggravamento di psicopatie, quali depressione, disturbi post-traumatici da stress, componenti ansiose.

Condivisibili erano le argomentazioni del Tribunale circa la responsabilità cumulativa dei tre soggetti apicali della società produttrice, non essendo emerso che fosse stato delegato ad altra persona qualificata la piena ed esclusiva responsabilità del controllo di qualità della produzione. L’attribuzione della qualifica di "quality assurance/quality control" a tale Lu.Fi.

T. non era tale da avere comportato una delega formale ed effettiva a soggetto, tecnicamente capace, dotalo, delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento.

Si ribadiva che la colpa dei distributori delle valvole era ravvisabile nel fatto che gli stessi, dopo l’invio, nel maggio 2001, dell’e-fax da parte del R., che segnalava il riscontrato difetto di una valvola ancora nell’imballaggio, e nonostante l’immediata interruzione delle forniture da parte della ditta produttrice, avevano continuato imprudentemente la distribuzione (fornitura nel settembre 2001), il che costituiva colpa per i fatti verificatisi dopo il maggio 2001 (pg. 69). Non potevano essere diversificate le posizioni dei due s. e dell’ Al.: il dominus era certamente s.v.l.; l’ Al. affiancava costantemente costui, non vi erano elementi per ritenerlo succube inconsapevole del primo, non si era attivato nella sua qualità di amministratore della società, dopo l’incidente verificatosi in (OMISSIS), con opportune iniziative; anche s.l. doveva ritenersi pienamente coinvolto nella vicenda, considerato il ruolo centrale che rivestiva in seno alla società di distribuzione dei presidi medicali di cui si discute (coinvolto in episodi corruttivi di cardiochirurghi operanti in (OMISSIS); aveva avuta diretti rapporti col R. nella prospettiva di costituire una società in Italia per la produzione e la commercializzazione di un nuovo tipo di valvole a fare data dalla primavera del 2002; aveva partecipato col padre a congressi in cui si discuteva della produzione di dispositivi medicali; non era solo l’amministratore formale della "Bio.Net", ma era attivamente inserito nella commercializzazione delle valvole).

Doveva invece escludersi, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, qualsiasi responsabilità per colpa del C. in relazione ai decessi e alle lesioni contestatigli, per avere scelto di impiantare sui pazienti da lui operati le valvole TT. La valutazione della posizione processuale dell’imputato non doveva, innanzi tutto, essere condizionata dal fatto che il sanitario era stato certamente coinvolto nel rapporto corruttivo con la ditta che commercializzava il dispositivo medicale, ma doveva tenersi conto esclusivamente dell’effettivo comportamento del sanitario nell’espletamento della sua specifica attività professionale, che non evidenziava profili di colpa. Non poteva farsi carico all’imputato di non avere, in via preventiva, materialmente analizzato al microscopio ogni singola valvola da impiantare, considerato che tale operazione avrebbe compromesso la sterilità del device; egli correttamente aveva fatto affidamento su quanto illustratogli dagli esperti del ramo e valutato positivamente dal punto di vista medico quanto appreso da quella fonte; non poteva farsi carico al C. di avere utilizzato un dispositivo "nuovo", non coincidente con "sperimentale"; aveva utilizzato valvole già testate in vitro e in vivo, munite della certificazione CE e quindi presuntivamente affidabili, già utilizzate in oltre seimila casi presso strutture sanitarie estere (Francia, Spagna, Germania, Turchia, Cina, Brasile), presentate a diversi congressi internazionali di alto livello; dette valvole, come accertato anche dai consulenti del P.M., offrivano, per le caratteristiche progettuali e per il materiale utilizzato, migliori prestazioni emodinamiche rispetto a quelle tradizionali e un Centro universitario di prestigio e all’avanguardia, quale quello diretto dal prof. C., non poteva non essere aperto al nuovo e all’utilizzo di strumenti sempre più aggiornati e ritenuti utili alla salute delle persone; i controlli successivi sui pazienti impiantati risultavano essere stati regolarmente e correttamente eseguiti e non erano emerse, fino al momento del primo incidente, indicazioni che imponessero controlli più intensi; nessuna violazione del codice deontologico aveva, peraltro, posto in essere l’imputato.

La Corte di merito rilevava che il reato di omicidio colposo in danno di B.A., tenuto conto dell’epoca a cui risaliva la sua consumazione (23/2/2002) e della pena edittale per esso prevista, si era estinto per prescrizione.

La stessa causa estintiva non operava per le lesioni colpose, in quanto la loro consumazione era collocabile dopo l'(OMISSIS).

Generico veniva qualificato il motivo d’appello dell’ Al. e dei sa. sull’entità delle somme liquidate alle parti civili.

Andavano condivise le argomentazioni del giudice di primo grado sulle statuizioni civili.

3. I ricorsi.

Hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte veneta, con riferimento all’assoluzione del C. dal reato colposo di cui al capo sub a), le parti civili, con riferimento alla stessa assoluzione e alla connessa posizione dell’Azienda Ospedaliera di (OMISSIS), quale responsabile civile, nonchè tutti gli imputati.

3.1. Il Procuratore Generale censura la sentenza di merito per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, nonchè per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 43 c.p., comma 1, terzo periodo.

Più in particolare, deduce: a) il percorso argomentativo della Corte di merito, in quanto incentrato sull’asserita mancanza di colpa, avrebbe imposto l’assoluzione dell’imputato con la formula perchè il fatto non costituisce reato; b) il C., non insensibile al denaro riveniente dagli accertati accordi corruttivi, era stato certamente condizionato nel privilegiare l’utilizzo delle valvole TT rispetto ad altre di sicura e sperimentata affidabilità; c) non era credibile l’assunto difensivo, secondo cui la scelta del nuovo presidio sarebbe stata determinata dagli aspetti innovativi che lo caratterizzavano in relazione all’emodinamica, considerato che l’imputato non si era fatto carico di verificare concretamente tale requisito del dispositivo, pur disponendo il Centro da lui diretto di una apparecchiatura sofisticata (pulse duplicator) per effettuare il relativo test; d) alla richiesta di acquisto delle valvole TT, motivata dall’esigenza di utilizzarle per pazienti a maggior rischio, aveva fatto seguito un uso indiscriminato delle stesse; e) la certificazione CE attestava la conformità tecnica al progetto costruttivo e la conseguente idoneità all’immissione in commercio delle valvole TT, non certo l’affidabilità delle stesse una volta impiantate nel corpo umano, aspetto quest’ultimo che poteva essere garantito soltanto da una diretta sperimentazione e da rassicuranti informazioni clinico-scientifiche; f) non si era proceduto ad alcun monitoraggio mirato sulla funzionalità delle nuove valvole impiantate; g) nessuna informazione preventiva era stata assunta presso altri Centri di cardiochirurgia circa l’utilizzo delle valvole in questione; h) la provenienza delle valvole dal Brasile e la produzione delle stesse da parte di una piccola società di nuova costituzione e priva di pregressa esperienza avrebbero imposto una maggiore prudenza nella verifica scrupolosa della loro efficienza; i) le valvole incriminate erano state utilizzate solo a (OMISSIS) e a Torino, dove si era verificata l’attività corruttiva; l) le valvole TT erano ignote alla comunità scientifica; m) nessuna specifica informazione era stata data dal cardiochirurgo ai pazienti sulla scelta d’impiantare il nuovo tipo di valvola.

3.2. Il C. lamenta l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine al proscioglimento dal reato di corruzione sub b) per prescrizione, anzichè con formula ampia di merito, ai sensi del capoverso dell’art. 129 cod. proc. pen.: le emergenze processuali non offrivano la prova del reato ipotizzato, considerato che l’unica fonte di accusa era rappresentata dalle dichiarazioni rese dal presunto corruttore s.v.l., del quale non era stata valutata adeguatamente la credibilità soggettiva, nè era stata valutata l’attendibilità oggettiva della specifica chiamata in correità, che non aveva peraltro trovato riscontro in altri elementi esterni di prova a connotazione individualizzante, non potendosi ritenere tali quelli posti in luce dai giudici di merito.

3.3. J.D.S.R. e c.i.s.

j., tramite il loro difensore, deducono: 1) violazione delle legge processuale, con riferimento all’art. 143 c.p.p., comma 1, art. 178 c.p.p., lett. c), art. 185 cod. proc. pen. e art. 111 Cost., con conseguente nullità della sentenza di primo grado e di tutti gli atti successivi, per non essere stati tradotti nella lingua portoghese, l’unica da loro conosciuta, l’avviso di conclusione delle indagini, l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, il decreto che dispone il giudizio; non poteva presumersi la conoscenza della lingua italiana da parte loro soltanto perchè avevano sottoscritto l’atto di nomina del difensore di fiducia, atto che doveva essere necessariamente redatto in lingua italiana; l’omessa traduzione dei citati atti, nonchè della stessa sentenza di appello aveva pregiudicato notevolmente il loro diritto di difesa, non essendo stati posti nella condizione di conoscere le accuse loro rivolte e di depositare eventualmente propri motivi d’impugnazione; 2) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 40 e 41 cod. pen., e vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, in relazione al ritenuto nesso di causalità tra gli asseriti difetti delle valvole TT e gli eventi lesivi verificatisi: erano state evocate plurime cause possibili, dalla inadeguatezza delle tecnologie di realizzazione delle valvole, alla gestione inappropriata del processo produttivo da parte di personale non qualificato, all’inadeguatezza delle procedure di controllo, senza stabilire se una di queste o l’azione combinata di tutte avesse inciso sul processo causale, il che rendeva impossibile l’individuazione dell’azione doverosa omessa;

le loro posizioni e quella del R. erano state ritenute paritarie nella produzione degli eventi e non si erano considerati i differenziati ruoli da ciascuno di essi svolti; gli stessi consulenti del P.M. non avevano espresso certezze oggettive sulle cause del riscontrato funzionamento difettoso delle valvole e, sotto questo profilo, v’era stato travisamento della prova; 3) vizio di motivazione in ordine all’attribuzione agli imputati di compiti gestori nella fase di produzione dei dispositivi medici, alla enfatizzazione delle loro competenze tecniche in materia e alla non operatività in loro favore del principio dell’affidamento: la loro collocazione apicale in seno alla società era elemento neutro, considerato che la società aveva una sua organizzazione, con ripartizione dei ruoli tra i vari responsabili, il ca. curava la rappresentanza esterna, il J. la gestione finanziaria, il R. la parte progettuale e la gestione tecnica; la fase della produzione e controllo era curata da Lu.Fi.Ta.

(quality manager e compilatore del quality manual); 4) violazione della legge penale, con riferimento all’art. 133 c.p., e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, la cui entità superava il limite massimo di legge previsto all’epoca dei fatti.

Nell’interesse dei due ricorrenti è stata depositata, in data 14/4/2011, memoria difensiva, con la quale si ribadiscono i motivi di ricorso di cui sopra, integrandoli con i seguenti ulteriori rilievi:

a) non era stata offerta la dimostrazione del malfunzionamento delle valvole impiantate sui pazienti che erano stati rioperati per la sostituzione della protesi e, quindi, del nesso causale tra l’ipotetico difetto di questa e la necessità del nuovo intervento;

b) molti episodi di lesioni colpose, analiticamente indicati nell’atto difensivo, erano estinti per prescrizione.

3.4. R.T.H., con atto sottoscritto dal proprio difensore, lamenta: 1) violazione delle legge processuale, con riferimento agli artt. 143, 419 e 429 c.p.p., art. 178 c.p.p., lett. c), per omessa traduzione nella lingua da lui conosciuta (inglese), dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, del decreto dispositivo del giudizio e dell’estratto contumaciale della sentenza di appello, con conseguente violazione del diritto di difesa e nullità degli atti conseguenti; 2) violazione della legge processuale, con riferimento agli artt. 63, 513 e 360 c.p.p., e inutilizzabilità, sotto un duplice profilo delle consulenze tecniche disposte dal P.M.: a) avevano fatto riferimento alle dichiarazioni contenute nei fax 26/6/2002 e 4/10/2002 inviati dal ca. al consulente Fu. e da quest’ultimo utilizzate per le sue valutazioni, dichiarazioni a loro volta non utilizzabili, perchè il ca. rivestiva già all’epoca la qualità sostanziale di indagato; b) omesso avviso al difensore della disposta consulenza finalizzata ad accertamenti tecnici non ripetibili; 3) mancata assunzione di prova decisiva, per non essere stato consentito alla difesa l’esame delle valvole sequestrate, per sottoporle ad accurati controlli, finalizzati a rilevare eventuali difetti delle stesse, per non essersi dato corso all’audizione del teste Lu.Fi.Ta., solo perchè il predetto non si era presentato in dibattimento, laddove poteva esserne disposto l’accompagnamento coattivo, per accertare gli effettivi compiti affidati al medesimo; 4) violazione della legge processuale, con riferimento all’art. 178 c.p.p., lett. c), per il mancato esame delle valvole in sequestro da parte dei consulenti della difesa; 5) vizio di motivazione in relazione alla acritica condivisione delle conclusioni raggiunte dai consulenti del P.M., che pure presentavano carenze ed evidenti errori metodologici, così come evidenziato dai consulenti della difesa, le cui argomentazioni non erano state prese in considerazione; 6) vizio di motivazione per non essersi dato alcun rilievo alla sussistenza di una delega di funzioni conferita all’ing. Lu.Fi.Ta., preposto al controllo della produzione.

Il difensore dell’imputato ha depositato in data 18/4/2011 memoria, con la quale sollecita l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione agli episodi delittuosi per i quali era maturato, nelle more, il termine di prescrizione.

3.5. s.v.l. e s.l., tramite il proprio difensore, deducono: 1) violazione della legge penale, con riferimento all’art. 43 c.p., e vizio di motivazione sul formulato giudizio di responsabilità, considerato che l’iter argomentativo su cui riposava la sentenza impugnata non dimostrava l’efficienza causale del comportamento omissivo ascritto agli imputati (non avere sospeso la commercializzazione delle valvole TT, nonostante fossero stati informati dell’incidente verificatosi in Torino) con gli eventi lesivi verificatisi, riconducibili eziologicamente, invece, all’usura del dispositivo a seguito del suo prolungato funzionamento; la violazione della regola di cautela da parte degli imputati non era di per sè sufficiente a dimostrare una loro responsabilità in ordine agli eventi lesivi verificatisi; difettavano la "concretizzazione del rischio" e la prevedibilità dell’evento dannoso; secondo il consulente del P.M., la rottura della valvola era ascrivibile a difetto di fabbricazione, che aveva determinato, durante la fase dinamica del funzionamento, anomale sollecitazioni e la rottura del perno che reggeva l’emidisco, difetto certamente non apprezzabile in condizioni di staticità del dispositivo; non si era dimostrato, con riferimento agli episodi di lesioni verificatisi dopo il (OMISSIS) e dei quali erano stati ritenuti responsabili, che l’impianto della valvola difettosa nei pazienti costretti a sottoporsi a nuovo intervento fosse avvenuto in epoca successiva a tale data.

3.6. L’ Al., tramite il proprio difensore, lamenta: 1) inosservanza della legge processuale, con riferimento agli artt. 521 e 522 c.p.p., per violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, essendo stata ravvisata la sua colpa nella mancata attivazione, a seguito dell’invio dell’e-fax (OMISSIS) da parte del R., che comunicava la interruzione delle forniture per il riscontrato difetto su una valvola non ancora utilizzata, circostanza questa mai contestata; 2) illogicità della motivazione nella parte in cui si era dato per scontato che egli avesse ricevuto l’e-fax (OMISSIS), della cui esistenza invece aveva avuto conoscenza solo nel corso del dibattimento; si era attribuito un significato distorto al comportamento responsabile da lui tenuto sia quando aveva provveduto, dopo avere appreso le cause della morte del B., a ritirare presso l’ospedale di (OMISSIS) alcune valvole non ancora utilizzate, sia quando aveva provveduto a rispedire tempestivamente al produttore la valvola, ancora nel suo imballaggio, risultata difettosa; non era stata offerta la prova univoca che, dopo il (OMISSIS), fossero state effettuate altre forniture; 3) mancanza di motivazione in relazione al fatto che la fornitura delle valvole da parte della For Med si arrestava al (OMISSIS), sicchè non poteva essere a lui mosso alcun addebito con riferimento al periodo successivo; 4) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al ruolo effettivo e concreto tenuto dall’ Al., che pacificamente non aveva alcun potere decisionale in seno alla For Med ed era un semplice prestanome del s..

Il difensore dell’imputato ha depositato in data 19/4/2001 memoria, con la quale, ribadendo i motivi di censura alla sentenza di merito, insiste per l’accoglimento del ricorso.

3.7. Le parti civili rappresentate dall’avv. Bruno Bertolo deducono, ai soli fini degli interessi civili: 1) vizio di motivazione sull’assoluzione del C. per non essersi dato rilievo alle seguenti circostanze: a) la scelta d’impiantare le valvole TT sui pazienti operati era stata certamente condizionata dagli interessi economici del sanitario, pienamente coinvolto in attività comittiva;

b) non evidenziati e anzi smentiti i concreti vantaggi offerti dalle valvole TT rispetto ad altre utilizzate in precedenza, di sicura e comprovata affidabilità; c) non poteva ritenersi dirimente la certificazione CE delle valvole TT, posto che detta certificazione era rilasciata su base prevalentemente cartolare, la possibilità di verifiche concrete da parte del TUV era meramente astratta e teorica, la certificazione non escludeva comunque la responsabilità del medico, che aveva utilizzato il dispositivo medico difettoso nella sua funzionalità; d) il sanitario aveva l’obbligo di acquisire informazioni più dettagliate presso altri centri di cardiochirurgia e documentazione scientificamente affidabile; 2) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale, non avendo l’imputato considerata l’assenza di letteratura scientifica e di documentazione clinica sull’affidabilità e sui vantaggi delle nuove valvole, finendo così col violare l’art. 12 codice deontologico per la scelta inadeguata; 3) violazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione all’omessa acquisizione di un completo consenso informato dei pazienti, alla luce dei principi espressi dalla sentenza n. 438/’08 della Corte Costituzionale e dalla sentenza n. 2437/’08 delle Sezioni Unite.

3.8. Le parti civili rappresentate dall’avv. Marco Micheli deducono, ai soli fini degli interessi civili: 1) vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di colpa in capo al C., avendo la Corte d’Appello ribaltato apoditticamente il contrario giudizio espresso dai giudici di primo grado, che avevano invece dato rilievo ad una pluralità di elementi sintomatici della estrema superficialità con cui l’imputato si era indotto a impiantare la nuova valvola di produzione brasiliana, anche se non accreditata da valida letteratura scientifica, da sufficiente e idonea sperimentazione clinica, da presentazione in congressi medici internazionali; 2) erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 43 cod. pen. e ad altre norme di cui si deve tenere conto, considerato che il C., pur avendo promosso l’acquisto delle valvole TT per essere utilizzate su pazienti ad elevato rischio, le aveva di fatto utilizzate in maniera indiscriminata; 3) erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 43 c.p. e ad altre norme di cui si deve tenere conto, sotto il profilo che il C. aveva omesso di dare complete ed esaustive informazioni, anche in relazione alla nuova valvola da impiantare, ai pazienti operati, contravvenendo così a disposizioni legislative e deontologiche, nonchè a principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità; con particolare riferimento alla Za.E., non si era considerato che il cardiologo che l’aveva in cura aveva espresso il parere che doveva esserle impiantata una valvola "Saint Jude", già sperimentata e di sicura affidabilità. 3.9. Le parti civili rappresentate dall’avv. Giovanni Maria Barcati deducono, ai soli fini degli interessi civili: 1) vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 43 cod. pen. sulla base degli stessi argomenti sviluppati nel ricorso del Procuratore Generale; 2) mancanza di motivazione sulla posizione del responsabile civile Azienda Ospedaliera di (OMISSIS): pacificamente i ricorrenti non si erano costituiti parte civile nei confronti di tale Azienda, non avevano assunto conclusioni nei confronti della stessa e pur tuttavia il Tribunale aveva condannato il responsabile al risarcimento dei danni in loro favore; tale statuizione non poteva essere revocata dalla Corte d’Appello, in quanto l’A.O.P. non aveva impugnato con la sentenza anche l’ordinanza 29/4/2005, con la quale era stata ritenuta legittima la sua presenza in giudizio quale responsabile civile per tutti i reati di lesioni colpose di cui al capo a).

3.10. Il difensore del responsabile civile Azienda Ospedaliera di (OMISSIS), con memoria depositata in data 28/10/2010, eccepisce l’inammissibilità del ricorso proposto dalle parti civili rappresentate dall’avv. Giovanni Maria Barcati per carenza di legittimazione a impugnare la sentenza nella parte relativa agli interessi civili verso l’Azienda, nei cui confronti non v’era stata costituzione, nè erano state rassegnate conclusioni; la sentenza di primo grado, che erroneamente aveva condannato l’Azienda al risarcimento dei danni anche in favore degli assistiti dall’avv. Barcati era stata regolarmente impugnata sul punto.

3.11. Con altra memoria depositata in data 19/4/2011, il difensore del responsabile civile, in replica ai ricorsi proposti dal Procuratore Generale e dalle parti civili, rileva quanto segue:

1) inammissibilità dei detti ricorsi, per genericità dei motivi enunciati o per non decisività dei medesimi, in quanto orientati a sollecitare una non consentita rivalutazione dei fatti, senza intaccare la struttura portante della motivazione della sentenza in verifica;

2) infondata la asserita "infedeltà" rispetto ai risultati probatori, con riferimento al mancato utilizzo da parte del C. del pulse duplicator per testare la valvola TT, considerato che tale apparecchiatura non era a disposizione dell’Azienda Ospedaliera, ma veniva utilizzata solo dai ricercatori universitari per i loro interessi scientifici;

3) anche la denunciata assenza di una previa dimostrazione dei requisiti innovativi e migliorativi della valvola TT era priva di serio fondamento, posto che la funzionalità di un nuovo dispositivo può essere apprezzata soltanto con il suo utilizzo e, in ogni caso, il device in questione aveva supporti scientifici, tecnici, clinici e, quindi, tutti i requisiti per essere impiantata ("Clinical Evolution Report" a firma del dr. B.H. del TUV; studio dell’Istituto Aerodinamico di Aachen; abstracts relativi alla partecipazione ai congressi di Budapest nel 1997, Glasgow nel 1999, Francoforte nel 2000; certificazioni TUV, SPAC, RCP, SUS);

4) i miglioramenti e le innovazioni della valvola, non posti in dubbio dai vari consulenti, ne consigliavano l’utilizzo;

5) non rilevava la circostanza che i pazienti sui quali era stata impiantata la valvola TT non fossero stati sottoposti, dopo l’operazione, ad un monitoraggio differenziato, posto che tale monitoraggio veniva effettuato in modo scrupoloso per tutti i pazienti a prescindere dal tipo di valvola impiantata;

6) assolutamente fuori luogo e contraddetta dalle emergenze processuali era l’affermazione con la quale il P.G. ricorrente negava credito scientifico e tecnologico al Brasile nella produzione delle valvole cardiache;

7) la "For Med srl", su richiesta dell’Azienda Ospedaliera, aveva fornito anche l’elenco dei Centri esteri in cui le valvole TT venivano utilizzate;

8) le valvole TT, nell’appalto indetto dal Policlinico (OMISSIS), non avevano ottenuto il punteggio più basso e, in ogni caso, avevano trovato ostacolo nelle scelte conservatrici di tale struttura sanitaria;

9) non poteva essere svilita la garanzia offerta dal marchio CE. 3.12. Nell’interesse del C. è stata depositata in data 28/4/2011 memoria difensiva, con la quale si confutano i motivi di ricorso del P.G. e delle parti civili e se ne evidenzia l’infondatezza sulla base delle stesse argomentazioni sviluppate dal responsabile civile e sintetizzate al punto che precede.

Motivi della decisione

1. Osserva la Corte che sono fondati e devono essere accolti i ricorsi di Al.Gi., s.v.l. e s.l.; sono in parte fondati e vanno accolti nei limiti di seguito precisati, con pronuncia di rigetto nel resto, i ricorsi di J.D.S.R., c.i.s.j., R.T.H., del Procuratore Generale e delle parti civili;

deve essere rigettato, perchè privo di seria consistenza, il ricorso di C.D..

2. Non sono ravvisatali elementi di colpa nella condotta addebitata all’ Al. e ai due s., ai quali faceva capo, nella rispettiva veste precisata nella parte relativa alla ricostruzione dei fatti, la commercializzazione delle valvole cardiache prodotte dalla società brasiliana "TRI TECNOLOGEES INC" e, in particolare, la fornitura delle stesse all’Azienda Ospedaliere di (OMISSIS).

Le posizioni processuali dei predetti, che operavano, attraverso società collegate, in perfetta sinergia tra loro e nel perseguimento degli stessi obiettivi finalizzati al perseguimento di interessi economici comuni, non possono essere differenziate e devono essere valutate, come sottolineato dalla Corte di merito, unitariamente, vale a dire sulla base della stessa regola di giudizio, stante la coincidenza oggettiva e soggettiva delle rispettive condotte, strettamente interconnesse tra loro.

Si fa carico ai fornitori delle protesi cardiache di cui si discute di non avere sospeso la commercializzazione delle stesse dopo il (OMISSIS), quando cioè presso l’ospedale (OMISSIS) era stato riscontrato il difetto (distacco di un emidisco) di una valvola appena estratta dal suo imballaggio e di tale inconveniente la ditta produttrice, attraverso R.T.H., aveva informato – a mezzo e-fax – tutti i distributori Europei; altra fornitura, infatti, era stata effettuata dagli imputati all’Azienda Ospedaliere di (OMISSIS) nel (OMISSIS).

E’ esclusivamente in tale condotta che la sentenza in verifica, in conformità a quella di primo grado, ravvisa la colpa, per negligenza o imprudenza, degli imputati, i quali, mostrando indifferenza per l’incidente verificatosi e privilegiando evidentemente i loro interessi economici, avevano sottovalutato gli elevati rischi connessi all’utilizzo delle valvole cardiache TT da loro distribuite.

Tale conclusione non può essere condivisa.

Ed invero, alla luce degli stessi dati fattuali evidenziati nella sentenza di merito, deve osservarsi quanto segue.

Il distributore ("Bio.Net" di s.l.) e il subdistributore ("For Med srl" di s.v. e amministrata dall’ Al.) per l’Italia potevano legittimamente immettere sul mercato, a norma del D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 46, art. 5, comma 1, il dispositivo medico di cui si discute, perchè regolarmente munito della marcatura di conformità CE di cui all’art. 16, stesso D.Lgs., requisito questo idoneo a determinare sicuro affidamento, circa i requisiti di sicurezza del prodotto, nei commercianti. Su costoro, in quanto privi delle necessarie cognizioni ingegneristiche o mediche, non gravava alcun obbligo di esprimere una qualsiasi autonoma valutazione ed eventuali riserve sull’affidabilità e sulla sicurezza delle valvole distribuite. Nè rimprovero alcuno a loro può muoversi per il solo fatto di non avere assunto concrete iniziative dopo che, nella fornitura effettuata all’ospedale (OMISSIS), era stato rinvenuto, nell'(OMISSIS), un device difettoso in quanto privo di un emidisco. Il constatato inconveniente, circoscritto ad una sola valvola, che era stata immediatamente restituita alla ditta produttrice, non era idoneo, di per sè, a creare un serio allarme, sia perchè ragionevolmente poteva essere interpretato come un incidente isolato ed occasionale, sia perchè il difetto rilevato sulla detta valvola, ammesso che fosse comune ad altre già fornite, era talmente palese da non potere sfuggire all’attenzione di un qualsiasi operatore, il che escludeva la concretizzazione del rischio e la prevedibilità di un qualunque evento lesivo.

La Corte territoriale, però, richiamando sul punto anche la decisione di primo grado, sostiene che la posizione soggettiva dei tre imputati deve essere valutata negativamente, sotto il profilo della colpa, a far data dal (OMISSIS), giorno in cui il fabbricante e progettista R. aveva inviato a tutti i distributori dell’Unione Europea un e-fax col quale, facendo riferimento all’incidente verificatosi in Torino, comunicava che non ne era stata individuata la causa e che, per ragioni di sicurezza, il produttore sospendeva a tempo indeterminato la distribuzione del dispositivo.

E’ agevole replicare che difetta la prova della ricezione da parte degli imputati di tale specifica comunicazione. Sul punto, entrambe le sentenze di merito riposano su una motivazione perplessa, affermando che la comunicazione era stata inoltrata e che gli imputati "o la ricevettero o non la ricevettero per un difetto di organizzazione imputabile alle loro società" (cfr. pg. 141 sentenza di primo grado); trattasi, all’evidenza, di argomento privo di capacità dimostrativa della circostanza che vuole darsi per provata.

In ogni caso, anche a volere ammettere che l’e-fax innanzi richiamato sia pervenuto a conoscenza degli imputati, poichè lo stesso faceva seguito all’unico episodio verificatosi in (OMISSIS), le cui connotazioni non lasciavano presagire, almeno in quel momento, vizi occulti del dispositivo medico in fase di operatività dinamica, accertati soltanto in seguito, deve escludersi che gli imputati, impegnati nella commercializzazione del prodotto e non certo esperti di bioingegneria, abbiano percepito la concretizzazione di un effettivo rischio e, ciò non ostante, si siano astenuti, con imperdonabile superficialità, dall’assumere una qualsiasi iniziativa finalizzata a scongiurare un qualsiasi pericolo per la salute delle persone. D’altra parte, la ditta produttrice, al di là della comunicazione fatta dal R., non aveva disposto il ritiro dal commercio dei dispositivi già immessi sul mercato, così come il D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 10, comma 3, vigente all’epoca (oggi art. 9 stesso D.Lgs.), pure imponeva, circostanza quest’ultima che avallava l’affidamento dei distributori operanti in Italia ed escludeva una qualsiasi situazione di allarme.

Non può essere sottaciuto, al fine di apprezzare la prospettazione soggettiva degli agenti nella circostanza a cui la sentenza in verifica da rilievo, il diverso comportamento tenuto dagli imputati nel momento in cui, a seguito degli accertamenti autoptici, apprendevano le cause della morte di B.A., verificatasi il (OMISSIS): avevano provveduto a ritirare immediatamente le valvole già fornite e a restituirle alla ditta produttrice, dato di fatto questo che deve essere apprezzato nella sua oggettività ed al quale non può essere allegato, come con argomentazione congetturale sostiene la Corte di merito, un significato di "ombra sinistra".

Alla luce di quanto sin qui esposto, che ha carattere assorbente e decisivo su ogni altra doglianza articolata dai ricorrenti (cfr., in particolare, ricorso dell’ Al.), deve escludersi che siano stati acquisiti, pur a seguito della completa ed esaustiva istruttoria espletata, sufficienti dati probatori in ordine all’elemento psicologico del reato, con l’effetto che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perchè il fatto non costituisce reato.

3. Infondate sono le doglianze in rito e di merito articolate dai produttori delle valvole TT J.D.S.R., c. i.s.j. e R.T.H., salvo quanto si preciserà in seguito circa la sopravvenuta estinzione di alcuni reati di lesioni colpose per prescrizione.

3.1. Tutti i suddetti imputati lamentano la omessa traduzione nella lingua da loro conosciuta (il portoghese per i primi due e l’inglese per il terzo) di atti processuali che dovevano a loro essere resi noti per comprendere i termini esatti dell’accusa loro mossa. La doglianza è priva di seria consistenza.

Ed invero, al di là del dato meramente formale circa l’omessa traduzione iniziale degli atti processuali richiamati dai ricorrenti, nel presupposto che gli stessi conoscessero la lingua italiana (nomina difensore e memoria difensiva da loro sottoscritte in lingua italiana), sta di fatto che: a) detti atti risultano essere stati successivamente tradotti nella lingua rispettivamente conosciuta dagli imputati; b) lo J. e il ca., dopo la nomina del difensore di fiducia, si sono formalmente disinteressati del procedimento a loro carico del quale erano perfettamente a conoscenza; c) i predetti, a seguito di commissione rogatoria in Brasile, risultano essere stati interrogati sui fatti di causa e sulle contestazioni loro mosse; d) il R., il solo presentatosi nel corso del dibattimento di primo grado, risulta avere reso, con l’assistenza di un interprete, diffuse dichiarazioni a sua difesa.

Deve conclusivamente escludersi qualunque violazione del diritto di difesa dei tre imputati stranieri.

Non va, peraltro, sottaciuto che, per quello che emerge dalle due sentenze di merito, e sul punto non v’è contraria affermazione nei ricorsi, lo J. e il ca., residenti in (OMISSIS), non hanno eletto domicilio in (OMISSIS), il R., residente in (OMISSIS), ha eletto domicilio in (OMISSIS) presso il suo difensore di fiducia, con conseguente notifica degli atti processuali presso i rispettivi difensori, così come prevede l’art. 169 cod. proc. pen. (ex lege per i primi due, quale difensore domiciliatario per il terzo).

Ciò posto, considerato che la traduzione degli atti allo straniero alloglotta è funzionale alla garanzia della corretta comprensione di ciò che accade nel processo, è evidente che il predetto, quando si pone in una condizione processuale in cui tutti gli atti del processo gli devono essere notificati mediante consegna al difensore, non subisce alcuna lesione concreta dei suoi diritti per effetto della loro mancata traduzione, non essendo aggredito in questo caso il nucleo della garanzia oggetto della tutela, che deve essere assicurata soltanto nel caso di una effettiva lesione dell’interesse protetto (Sez. 6, n. 47550 del 13/11/2007; Sez. 6, n. 28010 dell’11/6/2009; Sez. 4, n. 15002 dell’1/3/2011).

3.2. Inammissibile è la doglianza del R. circa l’asserita nullità e conseguente inutilizzabilità degli accertamenti tecnici espletati dai consulenti dal P.M. sulla funzionalità delle valvole cardiache incriminate, considerato che la censura non si confronta con le argomentazioni sviluppate al riguardo dalla sentenza in verifica (pg. 54). In ogni caso, gli elementi acquisiti nell’immediatezza della morte del B., evento che aveva suscitato particolare allarme, e nel corso della lunghissima e approfondita istruttoria dibattimentale, condotta nel pieno contraddittorio di tutte le parti processuali, non lasciano margini di incertezza sulle cause degli eventi lesivi oggetto dell’imputazione sub a), tutti riconducibili al difettoso funzionamento dinamico delle valvole TT impiantate sui pazienti operati.

3.3. Non merita censure il formulato giudizio di responsabilità dei produttori, perchè affidato ad una corretta interpretazione delle emergenze processuali, apprezzate e valutate nel rispetto dei canoni logici e con buon governo della normativa in tema di responsabilità per colpa.

La sentenza di merito esclude un qualsiasi difetto di progettazione delle protesi vascolari incriminate o di inadeguatezza del materiale impiegato per la loro realizzazione e ritiene che i vizi in esse riscontrati (asimmetrie, disallineamenti, irregolarità che favorivano la precoce usura) erano riconducibili a "tecnologie di realizzazione non adeguate o alla esistenza di una loro gestione da parte di personale non qualificato…e alla non adeguatezza delle procedure di controllo qualità adottate". Più specificamente, l’addebito mosso agli imputati è di non avere vigilato adeguatamente sulla fase di produzione delle protesi e, quindi, sul sistema di sicurezza adottato per la garanzia di qualità delle stesse e di averle, nonostante tali carenze comportamentali, immesse disinvoltamente sul mercato, senza considerare che, così operando, non garantivano il massimo standard di sicurezza tecnicamente raggiungibile per presidi destinati ad essere impiantati nel corpo umano. La condotta ascritta agli imputati è solo apparentemente omissiva ma, in realtà, nel caso in esame, ha natura commissiva della causalità, assumendo rilievo quella condotta che ha concretamente innescato la progressione causale produttiva degli eventi lesivi e che deve essere individuata nell’immissione sul mercato delle valvole. Non deve essere confuso il reato omissivo con le componenti omissive della condotta. In sostanza, gli imputati, nella veste di responsabili della "TRI TECNOLOGIES INC", omettendo adeguati e rigorosi controlli sul sistema di qualità del processo produttivo dei dispositivi medici (componente omissiva della condotta), hanno trasgredito il divieto di commercializzare gli stessi (condotta commissiva), nonostante le pregresse omissioni non offrivano garanzie circa lo standard di sicurezza imposto anche dalla normativa comunitaria (Direttiva 93/42/CE). E’ nella commercializzazione, pertanto, che va ravvisata la concretizzazione del rischio e l’avvio della "progressione causale": successivo acquisto dei devices da parte dell’Azienda Ospedaliera di (OMISSIS), impianto degli stessi nei pazienti operati da prof. C., conseguenti eventi lesivi determinati dalla manifestatasi criticità dinamica dei dispositivi impiantati.

Le riserve articolate dai ricorrenti su quest’ultimo punto si risolvono in non consentite censure in fatto all’iter argomentativo su cui riposa la sentenza impugnata, che, condividendo gli esiti degli accertamenti tecnici espletati ed escludendo qualsiasi effettiva violazione del diritto di difesa degli imputati in relazione ai medesimi accertamenti, da conto, con motivazione adeguata e immune da vizi logici, della conclusione alla quale perviene.

Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riferimento ai motivi di ricorso con i quali i tre imputati contestano, ribadendo quanto già dedotto con l’appello, le rispettive posizioni di garanzia, censurando il corrispondente segmento della motivazione della sentenza in verifica per vizio di motivazione o per mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di sentire il teste Lu.Fi.Ta., non escusso in primo grado. La sentenza impugnata indica, con puntualità, chiarezza e completezza, tutti gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento del proprio discorso giustificativo, confutando in maniera analitica, persuasiva e immune di vizi logici, la diversa valutazione delle risultanze istruttorie posta a base del gravame di merito, e non evidenzia – peraltro – lacune motivazionali sugli aspetti contestati. Sottolinea, infatti, che gli imputati svolgevano compiti che, per il loro ampio respiro e anche per le ridotte dimensioni della società, non potevano prescindere da una visione d’insieme delle problematiche tecnico-produttive della compagine; gli intuibili riflessi sul piano della gestione finanziaria e contabile, nonchè su quello del marcheting, ricollegabili all’attività di fabbricazione dei dispositivi e a quella preliminare alla commercializzazione, inducevano a ritenere l’intero organigramma dirigenziale coinvolto nelle relative scelte e nelle attività consequenziali (cfr. anche pgg. 113 e ss. sentenza di primo grado). Anche in relazione all’incarico affidato, nell’ambito della società, a Lu.Fi.

T. (quality assurance/quality control), la sentenza esclude, con motivazione esaustiva e logica, che tale delega di compiti, per la sua portata riduttiva, possa esonerare da responsabilità i titolari della "TRI TECNOLOGIES INC" (pgg. 67 e 68).

3.4. Rileva, tuttavia, la Corte che i reati di lesioni colpose commessi fino al 3/11/2003, tenuto conto della pena edittale per essi prevista, sono estinti per prescrizione, in quanto il relativo termine, considerato nella sua massima estensione di anni sette e mesi sei, è – ad oggi – interamente decorso.

Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con la corrispondente formula nei confronti di J.D. S., ca. e R., limitatamente ai reati di lesioni in danno di A.S. (reato commesso il (OMISSIS)), A. C. (reato commesso il (OMISSIS)), Bi.Ro. (reato commesso il (OMISSIS)), B.G. (reato commesso il (OMISSIS)), Ca.Ca. (reato commesso il (OMISSIS)), G.O. (reato commesso il (OMISSIS)), Gu.Iv.

(reato commesso il (OMISSIS)), L.I. (reato commesso il (OMISSIS)), Ma.Lu. (reato commesso il (OMISSIS)), M.L. (reato commesso il (OMISSIS)), Mu.Re.

(reato commesso il (OMISSIS)), P.G. (reato commesso il (OMISSIS)), S.F. (reato commesso il (OMISSIS)), Za.Vi. (reato commesso il (OMISSIS)), Z.F. (reato commesso il (OMISSIS)).

Ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., devono rimanere ferme, per le considerazioni svolte al punto che precede, le corrispondenti statuizioni civili adottate in sede di merito.

Deve disporsi, altresì, il rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia, perchè ridetermini la misura della pena riferibile ai residui episodi criminosi, per i quali il giudizio di responsabilità dei tre imputati diviene irrevocabile con la pronuncia della presente decisione.

Devono nel resto essere rigettati i ricorsi di J.D.S., ca. e R..

Consegue la condanna solidale dei medesimi al pagamento delle spese processuali sostenute in questa fase dalle parti civili e liquidate nella misura in dispositivo indicata.

4. I ricorsi del Procuratore Generale e delle parti civili nei confronti del C. e dell’Azienda ospedaliera di (OMISSIS), responsabile civile, sono in parte fondati, nel senso che, pur rimanendo ferma la pronuncia assolutoria, ne va modificata la corrispondente formula, in coerenza, come meglio si preciserà in seguito, con le ragioni che la giustificano.

E’ indubbio che, in base al principio, recepito dal nostro ordinamento sostanziale, dell’equivalenza delle cause, un determinato fatto lesivo è ascrivibile a tutti coloro che pongono in essere una condotta che rappresenti, nella progressione causale, un antecedente necessario al verificarsi del fatto medesimo, fatta salva logicamente l’indagine in ordine alla sussistenza, in capo a ciascun agente, dell’elemento psicologico necessario al perfezionamento del reato.

Il fatto, quindi, nella sua materialità non può essere contestato se è il risultato del contributo causale di tutti coloro che, a vario titolo, hanno partecipato al suo verificarsi.

Nel caso in esame, non v’è dubbio che la condotta materiale posta in essere dal C., in quanto inseritasi, come atto finale, nella detta progressione eziologica, costituisce la causa immediata degli eventi lesivi.

La valutazione, quindi, non può che essere polarizzata, così come correttamente argomenta la sentenza in verifica, sull’elemento soggettivo del reato, al fine di stabilire se siano o no ravvisabili, nella condotta tenuta dal C., elementi di colpa, sotto i profili della negligenza, della imprudenza, della imperizia, della violazione di leggi, regolamenti o discipline.

Il Procuratore Generale e le parti civili ricorrenti, nel tentativo di accreditare, sulla base anche di quanto argomentato dalla sentenza di condanna emessa in primo grado, l’ipotesi accusatoria a carico del C., ritengono che costui abbia agito non a tutela della salute dei pazienti affidatisi alle sue cure ma, strumentalizzando il delicatissimo ruolo di cardiochirurgo di fama internazionale, abbia privilegiato personali interessi economici, coltivati nell’ambito di rapporti corruttivi intessuti con i responsabili delle società addette alla distribuzione in Italia delle valvole cardiache prodotte dalla ditta (OMISSIS) "TRI TECNOLOGIES INC". Per avallare tale convincimento, che caratterizzerebbe l’intera vicenda come squallido episodio di mercimonio di pubbliche funzioni con deleteri riflessi sulla salute delle persone, i ricorrenti sottolineano, in particolare, che il comportamento superficiale, negligente e imprudente dell’imputato era desumibile dai seguenti elementi: non si era fatto carico di verificare direttamente e in via preventiva gli asseriti vantaggi emodinamici delle valvole TT, attraverso l’utilizzo dell’apposita apparecchiatura (pulse duplicator) di cui il Centro da lui diretto disponeva; non aveva assunto alcuna informazione presso altri Centri di cardiochirurgia circa l’eventuale utilizzo di tali dispositivi e gli eventuali vantaggi riscontrati; la mera certificazione CE, in quanto basata su dati cartolari, non poteva dare incondizionato affidamento; difettavano referenze della comunità scientifica più autorevole; non era stato effettuato alcun monitoraggio mirato (follow up) dei pazienti operati; si era omesso di informare compiutamente i pazienti circa l’utilizzo della valvola di nuova produzione.

4.1. Osserva la Corte che tali doglianze, ai limiti dell’ammissibilità, trovano già adeguata risposta nella sentenza impugnata, che le analizza e le disattende, all’esito di una valutazione di merito, con motivazione sostanzialmente adeguata e immune da vizi logici. Le censure al percorso argomentativo della sentenza d’appello non ne evidenziano P irrazionalità o la "infedeltà" alle emergenze probatorie e non sono comunque decisive per disarticolare e porre in crisi la valenza giustificativa di tale percorso. Riassuntivamente, a maggior chiarimento di quanto già emerge dalla sentenza impugnata, va puntualizzato quanto segue, a conferma della non ravvisabilità di elementi di colpa nella condotta del C..

Non è in discussione la colpa professionale di costui, non essendo stata mai contestata l’assoluta correttezza degli interventi di cardiochirurgia dallo stesso eseguiti sui vari pazienti.

Nessun rilievo può essere attribuito, per accreditare la condotta colposa articolata nel capo d’imputazione sub a), al rapporto correttivo legato alla fornitura, su sollecitazione del C., dei devices TT all’Azienda Ospedaliere di (OMISSIS). I ricorrenti al contrario, con argomentazione solo suggestiva ma priva di reale valenza probatoria, deducono che i fatti di corruzione avrebbero sicuramente condizionato il successivo comportamento professionale del cardiochirurgo, che, nel privilegiare disinvoltamente l’utilizzo dei citati dispositivi, pur non disponendo di alcun serio dato circa la loro affidabilità, avrebbe sottovalutato i possibili rischi, in seguito attualizzatisi, per la salute dei pazienti da sottoporre a intervento chirurgico. Tale deduzione è meramente congetturale, non trova riscontro in alcuna emergenza di causa, opera una impropria commistione tra la ipotetica condotta colposa e i motivi che l’avrebbero ispirata, è clamorosamente smentita dal rilievo che il rapporto corruttivo instaurato tra il C. e il sa. era consolidato e risalente nel tempo, vale a dire prima ancora di dare avvio alla fornitura delle valvole TT, ed aveva caratterizzato anche la fornitura di valvole di altro tipo, abitualmente utilizzate fino all’anno 2000 e per le quali non era sorto mai alcun problema.

Non può essere sottaciuto il valore da allegare alla certificazione di qualità CE di cui i devices incriminati erano dotati, considerato che tale certificazione garantisce la sicurezza del prodotto e legittima la sua immissione in commercio e la messa in servizio. Il D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 5, che da attuazione alla direttiva comunitaria 93/42/CEE, dispone testualmente: "è consentita l’immissione in commercio e la messa in servizio, nel territorio italiano, dei dispositivi recanti la marcatura CE di cui all’art. 16 e valutati in base all’art. 11"; e per "messa in servizio" deve intendersi la fase in cui il dispositivo è posto a disposizione dell’utilizzatore finale in quanto pronto per essere utilizzato, secondo la sua destinazione d’uso, sul mercato comunitario (D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 1, comma 2, lett. i). I dispositivi medici, una volta certificati – all’esito delle procedure previste – dall’Organismo notificato (nella specie, TUV di Monaco di Baviera), devono presumersi conformi ai requisiti essenziali richiesti e, conseguentemente, devono essere ritenuti adeguati all’uso cui sono destinati.

La procedura di certificazione è particolarmente rigorosa per quei prodotti, quali le valvole cardiache, che rientrano nella classe di rischio più elevata (classe 3^: cfr. all. 9^, punto 2, regola n. 8).

In tal caso l’Organismo notificato non può limitarsi a garantire la qualità del prodotto, ma deve garantire la qualità del sistema di produzione e di fabbricazione del prodotto, cd. "sistema completo di assicurazione di qualità" (D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 11 e relativo allegato 2^). L’applicazione di tale sistema prevede, oltre alla conformità del prodotto alle disposizioni della direttiva (punto 3.2.), anche: a) la revisione del sistema di qualità da parte dell’Organismo certificatore, per stabilire se esso risponda a quanto cartolarmente documentato dal fabbricante, con visita presso la sede del fabbricante "per controllare i procedimenti di fabbricazione" (punto 3.3); b) sorveglianza dell’Organismo certificatore sul fabbricante, per garantire che costui "soddisfi correttamente gli obblighi derivanti dal sistema di qualità approvato" (punto 5.L); c) periodiche ispezioni e valutazioni dell’Organismo "per accertarsi che il fabbricante applichi il sistema di qualità approvato" (punto 5.3).

E’ di intuiva evidenza che la certificazione CE rilasciata all’esito di tale complessa procedura garantisce appieno la sicurezza del prodotto e determina una situazione di affidamento in chi è destinato ad utilizzarlo, a meno che non venga instaurata, a seguito di criticità evidenziatesi, e fino a che non venga esaurita la procedura di salvaguardia prevista dal D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 7.

Non si può fare carico, pertanto, all’utilizzatore, in assenza di riscontrabili difetti del dispositivo, di procedere ad ulteriori controlli e, ove non eseguiti, di rispondere delle eventuali conseguenze provocate dal malfunzionamento del dispositivo medesimo.

Nè il giudizio negativo espresso dal C., nel corso del suo interrogatorio, circa l’affidabilità del marchio CE legittima una diversa e opposta conclusione, considerato che trattasi chiaramente di un amaro commento fatto ex post, a seguito della constatata causa della morte del B..

E’ conseguente ritenere priva di rilievo, per individuare eventuali profili di colpa del C., la doglianza relativa all’omessa verifica da parte del medesimo dell’affidabilità del device nella sua funzione emodinamica attraverso l’utilizzazione del pulse duplicator, apparecchiatura particolarmente sofisticata che, peraltro, non era a disposizione dell’Azienda Ospedaliere, ma dell’Università ed era utilizzata dai ricercatori per i loro interessi scientifici e non certo per testare dispositivi già immessi sul mercato. La scelta dell’imputato di utilizzare, per gli interventi sul cuore, valvole TT, munite di certificazione CE, già testate, presentate a convegni internazionali di cardiochirurgia, munite comunque di supporto scientifico, tecnico e clinico (che non si ha ragione di sottovalutare) e ritenute innovative per i vantaggi emodinamici che assicuravano, non evidenzia, come motivatamente sottolinea la sentenza impugnata, profili di colpa per superficialità o per imprudenza.

In sostanza, l’imputato non si è avventurato nell’utilizzo di valvole cardiache a livello "sperimentale", il che certamente avrebbe comportato un severo rimprovero, ma ha ritenuto di impiantare nei pazienti da lui operati devices più moderni che, al di là dei richiamati vantaggi emodinamici, non presentavano, come è emerso dalla espletata istruttoria dibattimentale, caratteristiche strutturali rivoluzionarie rispetto alle tecnologie di similari dispositivi in commercio, di più diffusa e abituale applicazione. Di fronte ad una tale realtà, nessuna valenza accusatoria può essere attribuita alla mancata assunzione di informazioni da parte dell’imputato presso altri Centri circa l’utilizzo della nuova valvola, senza considerare che tale utilizzo doveva comunque pur avere un suo inizio e sicuramente la struttura (OMISSIS), per la sua eccellenza, era abilitata a tanto.

I pazienti ai quali era stata impiantata la valvola TT erano stati regolarmente sottoposti, dopo l’intervento, a controlli periodici di routine, che non avevano evidenziato alcun inconveniente. L’addebito di un omesso monitoraggio mirato, vale a dire di un sistema di follow up più rigoroso per tali pazienti, non integra, di per sè, un elemento di colpa. Nulla induce, infatti, a ritenere che un follow up differenziato, per così dire "molto stretto", avrebbe scongiurato gli eventi verificatisi; è emerso anzi che il paziente Ba. era stato sottoposto a controllo clinico, che nulla di anomalo aveva evidenziato e, pur tuttavia, il giorno successivo era deceduto per malfunzionamento del device di cui era portatore (cfr. pg. 239 sentenza di primo grado).

Circa l’acquisizione, non contestata, del consenso informato sulle modalità e sui rischi dell’intervento, osserva la Corte che anche l’omessa informazione sul tipo di valvola da impiantare, involgente aspetti tecnici difficilmente comprensibili dal profano, non integra un comportamento colposo avente efficienza causale sull’evento.

L’indicazione elettiva delle valvole TT per pazienti di "taglia piccola", infine, non escludeva l’utilizzo degli stessi dispositivi per pazienti con diverse caratteristiche fisiche.

Tutte le considerazioni che precedono inducono conclusivamente ad escludere che il comportamento tenuto dall’imputato sia entrato in contrasto con le regole dettate dall’art. 12 codice deontologico dei medici.

4.2. Alla luce di quanto sin qui argomentato, che, non ponendo in discussione la materialità dei fatti, esclude qualunque profilo di colpa nella condotta tenuta dal C., si rivela incongrua, come sostengono il P.G. e le parti civili ricorrenti, la formula assolutoria adottata dalla Corte di merito.

Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti del C., con riferimento al capo sub a) dell’imputazione, con la più corretta formula "perchè il fatto non costituisce reato".

Nel resto, i proposti ricorsi vanno rigettati, con la precisazione che gli ulteriori motivi di doglianza in essi articolati (cfr., in particolare, il ricorso delle parti civili rappresentate dall’avv. Barcati) sono assorbiti dalla soluzione adottata.

5. Il ricorso proposto da C.D., con riferimento al proscioglimento per prescrizione dal reato di corruzione contestatogli al capo sub b) dell’imputazione, è infondato e deve essere rigettato.

La sentenza impugnata, nel prendere atto della intervenuta causa di estinzione del reato, ne trae le doverose conseguenze, prosciogliendo l’imputato, ex art. 129 c.p.p., comma 1, con la formula corrispondente.

La sentenza, peraltro, si fa carico, con motivazione diffusa e immune da vizi logici (pgg. 56, 57, 58), di escludere la ricorrenza dei presupposti di operatività della norma di cui al capoverso dell’art. 129 cod. proc. pen., per una assoluzione nel merito dell’imputato.

Le doglianze articolate nel ricorso, al limite dell’ammissibilità, non pongono in crisi l’apparato argomentativo su cui riposa la sentenza di merito.

Consegue, di diritto, la condanna del C. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Al.Gi., s.v. e s.l., in relazione ai reati di cui al capo a), perchè il fatto non costituisce reato.

Annulla senza rinvio la medesima sentenza nei confronti di J. D.S.R., ca.iv.se.jo. e R.T. H., limitatamente alle lesioni colpose in danno di: A. S., Au.Cl., Bi.Ro., Bu.Gi., Ca.Ca., G.O., Gu.Iv., L. I., Ma.Lu., M.L., Mu.Re., P.G., S.F., Za.Vi., Z.F., perchè i reati sono estinti per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili, e rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia per la rideterminazione della pena.

Rigetta nel resto i ricorsi di J.D.S.R., c.i.s.j. e R.T.H., che condanna in solido a rimborsare le spese sostenute dalle parti civili, liquidate: per l’Università agli Studi di (OMISSIS) in Euro 3.000,00;

per il Ministero della salute in Euro 3.000,00; per le parti civili rappresentate dall’avv. Marco Micheli in Euro 12.000,00 oltre accessori di legge; per le parti civili rappresentate dall’avv. Bruno Bertolo in complessivi Euro 25.000,00 oltre accessori di legge; per le parti civili rappresentate dall’avv. Giovanni Maria Barcati in complessivi Euro 9.000,00 oltre accessori di legge.

Rigetta il ricorso di C.D., che condanna alle spese processuali. In parziale accoglimento dei ricorsi del Procuratore Generale e delle parti civili, annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.D., in relazione ai reati di cui al capo a), perchè il fatto non costituisce reato. Rigetta nel resto i ricorsi del Procuratore Generale e delle parti civili.

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