Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 09-11-2011) 11-11-2011, n. 41340

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 5 novembre 2010 la Corte di appello di Palermo confermava la decisione 11 dicembre 2009 del locale Tribunale che aveva affermato la penale responsabilità di V.F. in ordine al reato di cui all’art. 573 c.p., addebitatogli per avere sottratto e trattenuto la minore R.F. con il consenso della stessa contro la volontà dei genitori esercenti la potestà.

Ricorre per cassazione il V. denunciando mancanza di motivazione sul punto concernente le dichiarazioni di F. R. la quale aveva affermato, contrariamente da quanto riferito de relato dalla stessa dichiarante a P. e R.M.R., di essersi allontanata dalla casa paterna per recarsi a Messina. Il ricorso è inammissibile.

La Corte territoriale ha, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, ribadito che dalle dichiarazioni rese dai testi R. P. e M.R. era emerso che il V., nell’intento di sottrarre la minore all’autorità e potestà genitoriale l’aveva allontanata dalla casa paterna per un’ intera notte e che la stessa F. ebbe a confessare l’accaduto alla zia M.R. R., così correttamente destituendo di ogni credito le contrarie dichiarazioni rese dalla minore.

Le censure si risolvono, dunque, sotto il nomen di vizi incentrati sulla motivazione in una non consentita richiesta di rivalutazione delle prove già oggetto di una plausibile verifica da parte della sentenza impugnata e della sentenza di primo grado, con la loro conseguente qualificazione alla stregua del precetto dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Come è ormai diritto vivente, in sede di ricorso per cassazione sono rilevabili esclusivamente i vizi di motivazione che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso argomentativo svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova e diversa valutazione degli elementi probatori o a un diverso esame degli elementi materiali e di fatto delle vicende oggetto del giudizio.

Le ricostruzioni alternative, al pari delle censure sulla selezione e la interpretazione del materiale probatorio, non possono essere idonee ad accedere al giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), quando la motivazione sia, nei suoi contenuti fondamentali, coerente e plausibile. In presenza di una corretta indagine sulla complessiva vicenda in questa sede non è ammessa incursione alcuna nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttrive dei fatti, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza alcuna possibilità di scrutinare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (cfr., ex plurimis, Sez. un., 23 febbraio 2003, Petrella).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che si ritiene equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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