Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-11-2011) 11-11-2011, n. 41382

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 21.12.2010-21.2.2011 il Tribunale di Napoli ha accolto l’appello del pubblico ministero avverso l’ordinanza con cui il locale GIP aveva revocato il sequestro preventivo – già disposto il 22.7.2010 in danno dei coniugi P.D. e T.G. – di quote sociali, beni mobili e immobili e conti correnti, dopo l’autonomo annullamento della misura cautelare personale nei confronti del P., in relazione ai reati ex art. 416 bis c.p. e L. n. 362 del 1992, art. 12 quinquies. In particolare, il Tribunale argomentava dell’appartenenza del PI. al clan camorristico Mallardo secondo le dichiarazioni dei collaboratori B. D. e V.G. (delle quali spiegava specificamente l’attendibilità) in ordine ad attività nel settore immobiliare e giudicava che, alla stregua delle dichiarazioni del collaboratore I.S. anche successive a quelle sole già considerate, delle acquisizioni documentali del consulente tecnico d’ufficio con l’assenza di convincenti risposte difensive sul punto e, infine, delle richiamate intercettazioni effettuate nel 2008 e nel 2009, doveva affermarsi essere il P. "intrecciato" in operazioni affaristiche con PI.An. (cl. (OMISSIS)), quest’ultimo certamente intraneo al clan Mallardo. In particolare P. sarebbe passato da un ruolo di mero esecutore di direttive del PO. F. (soggetto inserito in anomale vicende del Comune di (OMISSIS)) ad un ruolo di referente del clan in quel contesto di affari. Da qui la astratta configurabilità delle ipotesi delittuose associativa ed ex L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies e pertanto la sussistenza dei presupposti per applicare il sequestro preventivo ex art. 12 sexies.

2. Ricorre nell’interesse di P. e T. il difensore fiduciario avv. Trotino, denunciando violazione dell’art. 416 bis c.p. e L. n. 362 del 1992, art. 12 quinquies, nonchè contraddittorietà e mancanza della motivazione, perchè il Tribunale avrebbe inammissibilmente ribaltato la precedente decisione in materia cautelare personale nei confronti di P. e PI., con la rivalutazione dei medesimi elementi indiziari già ritenuti insufficienti a fondare quella misura. In particolare, invece, le dichiarazioni di I. sarebbero inattendibili e temporalmente inconferenti, le intercettazioni neutre o erroneamente interpretate in ordine al ruolo di PI. ed alla riferibilità alla persona fisica del ricorrente, la "distanza siderale" di P. dal clan Mallardo sarebbe stata espressamente argomentata nel provvedimento precedente afferente la custodia cautelare personale, la ricostruzione dei fatti operata nel provvedimento impugnato "temeraria" quanto alle intestazioni di quote per le società La Rosa Immobiliare srl e la Immobiliare Mediterranea srl, la vicenda della società GAPE essendo invece emblematica della cautela commerciale del P., la consulenza d’ufficio essendo fuorviante e smentita da quelle difensiva ignorata dal Tribunale in ordine alla sproporzione tra disponibilità patrimoniali della coppia e capacità economiche anche in assenza di specifico confronto con le deduzioni difensive circa l’acquisizione di taluni dei beni. Non sarebbe poi stata motivata la prevedibilità della condanna, presupposto della confisca cui il sequestro sarebbe prodromico.

3. il ricorso deve essere giudicato inammissibile, per le ragioni che seguono.

3.1 E’ fenomeno proprio e tutt’altro che inusuale dei procedimenti in cui si procede per reati di criminalità organizzata e a questa connessi, caratterizzati anche dalla pluralità di posizioni individuali tuttavia a vario titolo e modo collegate, vuoi per singoli reati vuoi per le molteplici relazioni tra le diverse condotte ascritte nelle imputazioni provvisorie, la possibilità di distinti apprezzamenti di merito, o di legittimità, anche in ordine alla medesima tematica.

E’ infatti la peculiarità della possibilità individuale di ricorrere alle varie opportunità di subprocedimento (dalla richiesta di riesame a quella di revoca o modifica, all’appello avverso queste ultime, al giudizio di legittimità sui singoli provvedimenti collegiali di merito cautelare, con la pluralità di composizioni personali dell’autorità giudiziaria che adotta via via i contingenti provvedimenti) a rendere strutturalmente fisiologiche risposte diverse pure a situazioni apparentemente omogenee.

D’altronde, questa Corte ha, in coerenza con il principio generale dell’autonomia delle singole posizioni procedimentali ove trattate in modo autonomo nell’ambito di subprocedure differenti, insegnato il principio della non estensibilità dei cosiddetti giudicati cautelari singoli e specifici (salvo il caso anomalo del provvedimento affetto da vizio radicale: Sez. 5, sent. 21641/2004), precisando altresì – altrettanto coerentemente – che una diversa decisione anche di legittimità adottata nei confronti di altro soggetto sottoposto alle indagini per il medesimo reato non costituisce per sè fatto nuovo idoneo a mettere in discussione la preclusione endoprocessuale del giudicato cautelare proprio (Sez. 6, sent. 4993/2009; Sez. 2, sent.

6288/2000; Sez.2, sent. 6273/2000).

Del resto, quanto alla fase del giudizio di legittimità, è proprio la peculiarità del mezzo di impugnazione del ricorso per cassazione (caratterizzato dalla cosiddetta doppia specificità del motivo – oltre a quella generale ex art. 581 c.p.p., lett. C anche quella tipica ex art. 606 c.p.p., comma 1 – nonchè dal principio di origine giurisprudenziale dell’autosufficienza dell’atto rispetto alle questioni dedotte) che rende fisiologiche, dal punto di vista delle norme interne al sistema, risposte differenti al medesimo quesito posto in successivi momenti da distinti soggetti che pur si trovino in ipotesi nella medesima situazione di procedimento, in quanto proprio la struttura dell’atto di ricorso può essere già per sè determinante al fine dell’esito della contingente decisione.

In tali evenienze, inevitabili dal punto di vista dell’attuale struttura del sistema processuale penale, può dirsi che competa in realtà al giudice del merito che ha occasioni di disponibilità del complessivo fascicolo la verifica della sussistenza di ragioni di opportunità/legittimità per dare coerenza motivata alle distinte posizioni. In altri termini, occorre ribadire che la sede fisiologica propria della riconduzione a razionalità ed omogeneità degli apprezzamenti di merito, relativi alle distinte posizioni all’interno del medesimo procedimento, è quella della richiesta al giudice per le indagini preliminari di revoca di provvedimenti in ipotesi dissonanti.

Costituisce peculiare applicazione di tale più generale problematica la questione del rapporto tra le decisioni interinali sulla libertà personale e quelle sulla cautela reale, in ordine alle medesime imputazioni provvisorie.

In proposito, l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte è nel senso che in tema di sequestro preventivo la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (su, sent. 7/2000). E’ quindi tendenzialmente esclusa ogni sorta di giudicato cautelare nel rapporto tra sussistenza delle condizioni per l’applicazione di misura cautelare personale e sussistenza delle condizioni per l’applicazione di misura cautelare reale, pur in relazione alla medesima ipotesi provvisoria di reato.

Questa Corte ha successivamente chiarito che nel procedimento incidentale concernente l’impugnazione di misure cautelari reali non contravviene alla regola – secondo la quale oggetto della valutazione non sono gli indizi di colpevolezza ma soltanto l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, cosiddetto "fumus delicti" – il giudice che prenda in esame l’esito del parallelo procedimento incidentale relativo alle misure cautelari personali, ed in particolare il provvedimento di rigetto della richiesta di misura (o di sua sopravvenuta revoca), affermando l’estraneità della condotta addebitata alla fattispecie criminosa, dal momento che l’esclusione, con siffatta motivazione, della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza fa venire meno radicalmente quella astratta configurabilità del reato, che è requisito essenziale per l’applicabilità delle misure cautelari reali (Sez. 2, sent.

19657/2007). Ciò perchè – è stato spiegato, e ciò precisa il senso dell’affermazione che precede – "è evidente che allorquando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati per un determinato reato viene esclusa con motivazione che attiene ad una interpretazione degli elementi indiziari che valuta le condotte degli stessi indagati in maniera difforme da quella indispensabile per l’integrazione della fattispecie criminosa, viene a mancare proprio quella "astratta configurabilità del reato" che è requisito imprescindibile dell’applicabilità della misura cautelare reale".

In buona sostanza, ove la decisione sulla cautela personale abbia radicalmente escluso alcuna possibilità di configurare la fattispecie legale per cui si procede, la sorte della cautela reale può legittimamente risentire di tale radicale apprezzamento, sia pure in sede diversa.

3.2 Nel caso di specie, tuttavia, il Tribunale ha dato atto della diversa precedente decisione sul punto della custodia cautelare personale, ma, allo stato e con specifico apprezzamento di merito, non solo non ha escluso in termini radicali la permanenza degli elementi costitutivi del reato ipotizzato, ma ne ha diffusamente argomentato la permanenza.

Rispetto a tale argomentazione, non apparente e non incongrua al contenuto probatorio delle fonti di prova come richiamate – non rilevando in questa sede eventuali vizi della motivazione, trattandosi di misura cautelare reale -, il ricorso, pur articolato in diligenti specifiche deduzioni, si risolve in precluse censure di merito.

Infatti, irrilevanti i vizi logici, quelli di omessa motivazione denunciati non sono sorretti dalla specificità documentale propria del principio di autosufficienza, risolvendosi pertanto, allo stato, in affermazioni di stretto merito e assertive.

Nè, per quanto prima spiegato, il diverso esito di altre decisioni dei giudici del merito cautelare rilevano con immediata ed assorbente efficacia in questa fase del procedimento.

Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 ciascuno alla Cassa delle ammende, equa al caso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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