Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 15-12-2011, n. 1011 Adempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appello è rivolto contro la decisione del TAR per la Sicilia di Palermo che ha accolto il ricorso proposto dal sig. De.Be. per l’annullamento del provvedimento con il quale il Direttore della Sede di Palermo dell’INPDAP ha comunicato all’interessato, in esito alla istanza da lui presentata in data 8 marzo 1994 tendente ad ottenere la riliquidazione dell’indennità di buonuscita (pos. n. 85010 7024 H) con il computo dell’indennità integrativa speciale ai sensi della legge 29 gennaio 1994 n. 87 (che modificava il regime previgente), che la stessa sarebbe stata archiviata negativamente, non avendo egli diritto alla chiesta riliquidazione, poiché cessato dal servizio il 1 dicembre 1984, "anteriormente, cioè, al 2/12/84, data di inizio del decennio di cessazione dal servizio previsto dalla richiamata legge".

Ha ritenuto infatti il TAR che il provvedimento in oggetto fosse viziato da violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 87 del 29 gennaio 1994, in quanto questa, disponendo (in attuazione dei principi enunciati con la sentenza della Corte Costituzionale 243/1993) che l’ulteriore rateo dell’indennità di buonuscita (computato in base all’indennità integrativa speciale) venga erogato "anche ai dipendenti che siano cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 ed ai loro superstiti, nonché a quelli per i quali non siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento" abbia esteso il diritto in oggetto a tutti i dipendenti rispetto ai quali non fosse maturato il termine di prescrizione, che ne facessero istanza entro il 1 dicembre 1994, e dunque anche in favore di chi non avesse proposto un ricorso giurisdizionale. E su tali premesse ha ritenuto che il ricorrente rientrasse tra gli aventi diritto per essere egli cessato dal servizio nel periodo ricompreso tra il 1 dicembre 1984 ed il 30 novembre 1994 e per avere anche presentato nei termini la relativa istanza. Sotto il primo profilo ha ritenuto infatti il TAR che il requisito sussista, avendo l’interessato prestato il suo ultimo giorno di servizio il 30 novembre 1984; e sotto il secondo avendo egli proposto l’istanza in data antecedente al 30 novembre 1994 (la data di presentazione è stata quella dell’8 marzo 1994).

L’amministrazione appellante contesta la decisione in oggetto, osservando che – avendo la legge previsto il beneficio in favore di coloro che siano cessati dal servizio "dopo il 30 novembre 1984" – il ricorrente sarebbe stato carente del requisito previsto essendo cessato dal servizio non "dopo il", ma "il" 30 novembre.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

E’ pacifico tra le parti che il signor De.Be. ha svolto il suo ultimo giorno di lavoro il 30 novembre 1984.

Tale data dunque va compresa nell’arco di tempo che segna la durata del proprio rapporto di servizio, che era ancora perciò in corso mentre essa si compiva. È d’altra parte antichissima regula iuris (recepita espressamente nell’ordinamento vigente: v. art. 2963 c.c.) che l’ultimo giorno di un certo periodo previsto (per esempio per l’adempimento di una prestazione o per la prescrizione di un diritto) debba essere (salvo diversa espressa previsione, quando consentita) computato all’interno del periodo considerato, che spira infatti con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale.

Nel nostro caso non può esservi dunque dubbio che l’esaurimento del rapporto è intervenuto con lo spirare del 30 novembre (tanto appunto che in quella data il dipendente era in ufficio, adempiva alla sua prestazione lavorativa, ottemperando ai relativi specifici doveri ed esponendosi alle relative possibili responsabilità). E non può, conseguentemente, non ritenersi che la "cessazione" (e cioè il venir meno) del rapporto in questione sia intervenuta a partire dal giorno successivo (il primo nel quale cessavano infatti doveri e diritti connessi alla condizione di "dipendente in servizio").

Come ha esattamente ritenuto perciò il Giudice di prime cure, l’interessato è cessato dal servizio in data "successiva" al 30 novembre.

L’appello va quindi respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese e onorari di questo grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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