Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 15-12-2011, n. 1009

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appello è rivolto contro la decisione n. 173/04 del TAR di Catania, con la quale è stato accolto il secondo motivo di ricorso (logicamente precedente il primo che ne è risultato assorbito) proposto dalla signora Sa.Fr. ed è stato, conseguentemente, annullato il provvedimento dirigenziale con il quale era stata rideterminata l’anzianità di servizio della signora Fr., sottraendo all’interessata cinque anni in precedenza riconosciuti. Il TAR ha ritenuto sussistere la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, non avendo l’Amministrazione provveduto a dare avviso all’interessata dell’avvio del procedimento.

Avverso tale decisione propone appello l’Amministrazione, invocando una interpretazione non formalistica della norma ed, in particolare, il fatto che l’atto emanato non era un atto emesso ad iniziativa della pubblica amministrazione, discrezionale o emesso in autotutela, ma un atto dovuto, emesso ad impulso di parte, che chiedeva la ricostruzione giuridica della propria anzianità di servizio.

Si è costituita per resistere l’appellata, chiedendo la conferma della sentenza impugnata e riproponendo anche il primo motivo del proprio originario ricorso non esaminato dal Giudice di prime cure perché considerato assorbito.

Motivi della decisione

L’appello è infondato.

Va tenuta innanzitutto in considerazione la normativa vigente al tempo del provvedimento impugnato e alla luce della quale deve considerarsi corretta la interpretazione adottata dal Giudice di prime cure.

All’epoca non era stata ancora introdotta la disposizione di cui all’art. 21 octies della legge n. 241/1990. Valevano dunque, al tempo, come possibili ragioni di mancato avviso dell’avvio del procedimento soltanto la esistenza di particolari esigenze di celerità o almeno cautelari. Il che certamente nella specie non può dirsi.

Ora, è vero che la materia dell’avviso di avvio del procedimento aveva già avuto una affinante riflessione già negli anni precedenti la novellazione legislativa del 2005 ( legge n. 15), che ha introdotto in particolare la norma che ritiene non dovuto l’avviso di avvio del procedimento quando il provvedimento adottato non avrebbe potuto essere diverso.

Ed è vero dunque che esistevano già orientamenti che apparivano più aperti alla possibilità di una valutazione meno restrittiva per l’amministrazione delle eccezioni esplicitamente menzionate nell’art. 7 (in particolare, nel caso in cui il provvedimento ricevesse impulso da una domanda dell’interessato), ma è vero anche che restava al tempo principio fermo che l’avviso di avvio non potesse in ogni caso mancare quando il provvedimento da adottare fosse di revoca o modifica di atti in precedenza adottati, per la utilità evidente, in tali casi, di una partecipazione dell’interessato alla istruttoria, idonea a rappresentare le proprie ragioni e a favorire conseguentemente una più ponderata valutazione da parte della amministrazione procedente.

La normativa sulla trasparenza non è diretta infatti solo a far conseguire all’interessato la informazione che è in corso un procedimento amministrativo che lo interessa, ma è diretta piuttosto, ben più sostanzialmente, a permettere al medesimo di rappresentare il proprio punto di vista nella fase nella quale il provvedimento matura, sollecitando in tal modo l’attenzione dell’amministrazione su aspetti della valutazione che essa ha avviato, che le potrebbero sfuggire e che potrebbero condurre ad un provvedimento inutilmente viziato.

La stessa introduzione dell’art. 21 octies non ha del resto eliminato l’obbligo di avviso di avvio. Ha solo eliminato la sua rilevanza viziante quando il provvedimento adottato sia caratterizzato da vincoli così stringenti della sua doverosità, da apparire impossibile che una partecipazione dell’interessato alla istruttoria possa condurre ad una diversa determinazione. L’avviso non può dirsi superfluo insomma ogni qualvolta il provvedimento si riveli alla fine legittimo. Esso può essere omesso solo in caso di superfluità della partecipazione dell’interessato alla istruttoria, dunque solo quando la determinazione amministrativa è conseguenza di una automatica constatazione, di una palese ed obbiettiva (incontrovertibile) esistenza dei suoi presupposti legittimanti. Il che certo non è quando essi dipendano (come per altro nel caso) da interpretazioni (di norme o di fatti), dunque da valutazioni esposte ad un insuperabile tasso di soggettività.

L’appello deve essere pertanto respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Condanna l’appellante alle spese del giudizio, che liquida nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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