Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-05-2012, n. 7648 Retribuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 10 aprile 2010, la Corte d’appello di Brescia, in sede di rinvio da questa Corte – la quale aveva cassato, per vizio di motivazione, la sentenza della Corte d’appello di Milano del 26 novembre 2004 unicamente nel capo relativo al rigetto del motivo di appello riguardante la domanda di G.U., dirigente della Also s.p.a. (ora Enervit s.p.a.), respinta dal giudice di prime cure, di pagamento dei premi di produzione del 2000 e del primo semestre 2001, oltre al controvalore di un viaggio di una settimana alle (OMISSIS) – ha accolto le domande relative ai premi di produzione e respinto l’altra domanda, in quanto relativa al un beneficio ritenuto alternativo ai premi medesimi.

In proposito, la Corte ha accertato che, sommando il valore del fatturato realizzato dalla società nell’anno 2000 e nel primo semestre dell’anno 2001 all’ammontare di alcuni ordini inevasi per fatto e colpa della società, sarebbe stato raggiunto l’obiettivo cui erano stati condizionati sia l’incentivo convenuto tra le parti per l’anno 2000 (L. 20.000.000) che quello maggiore convenuto per il primo semestre dell’anno 2001 (pari a L. 20.000.000, anzichè L. 10.000.000 riconosciute e pagate).

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso, notificato il 19 settembre 2010, la società Enervit p.a., affidandolo a quattro motivi.

Resiste alle domande G.U. con rituale controricorso.

Ambedue le parti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1 – Col primo motivo, la società ricorrente deduce la violazione della regola processuale dell’autorizzazione giudiziale alla ricostruzione dei documenti depositati in primo grado.

Sostiene che in sede di riassunzione dopo la cassazione, la difesa del G. avrebbe chiesto di poter ricostruire il proprio fascicolo di primo grado, in quanto smarrito dopo il giudizio di appello, ma la relativa autorizzazione non sarebbe mai stata emanata e mai avvenuta sotto il controllo del giudice e nel contraddittorio con l’altra parte (Cass. n. 11196/07). In proposito, deduce che, già nella memoria conclusiva del 14 marzo 2008 avanti a questa Corte (ove il ricorrente C. aveva già formulato istanza di ricostruzione del fascicolo suddetto), la società avrebbe dedotto "la inammissibile allegazione al ricorso di nuovi ed ulteriori documenti", quale conditio sine qua non per l’utilizzo in sede decisoria dei documenti ricostruiti da parte del giudice di rinvio.

2 – Con un secondo motivo di ricorso, la società denuncia la violazione della regola dell’onere della prova, gravante sul G. quanto all’esistenza di un patto sugli incentivi e al raggiungimento degli obiettivi di fatturato, cui l’erogazione degli stessi era condizionata.

3 – Col terzo motivo (ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5), la sentenza viene censurata per violazione dell’art. 414 c.p.c. e dell’art. 416 c.p.c., comma 3 e dell’art. 394 c.p.c. nonchè per vizio di motivazione sul punto della maturazione degli incentivi.

La ricorrente sostiene al riguardo che in primo grado il dipendente non aveva affermato che per il 2000 ci fossero ordini inevasi per colpa della società e che considerando gli ordini inevasi per fatto e colpa della società, l’obiettivo stabilito sarebbe stato raggiunto.

Una tale deduzione in fatto era stata viceversa formulata con riferimento alla domanda di maggior incentivo per il primo semestre del 2001 (L. 20 milioni, anzichè 10 milioni, effettivamente riconosciuti ed erogati).

In proposito, la società avrebbe peraltro già in primo grado contestato integralmente e specificatamente di dovere gli incentivi e la sussistenza di tutti i relativi fatti costitutivi, per cui la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere pacifici tali fatti e quindi non necessitanti di prova da parte dell’originario ricorrente.

Del resto, il G. in sede di interrogatorio avrebbe confessato di non aver raggiunto l’obiettivo per il 2000, ma la Corte territoriale, errando, non avrebbe tenuto conto di ciò.

Infine, quanto al primo semestre 2001, anche considerando i 200 milioni di merce, indicata dal ricorrente come non evasa nel 2001 per fatto e colpa della società, sommando tale importo a quello del fatturato del semestre di L. 2 miliardi e 570 milioni, l’obiettivo indicato di 2 miliardi e 800 milioni, cui l’accordo avrebbe condizionato il maggiore incentivo, non sarebbe stato raggiunto.

4 – Col quarto motivo, la difesa della società deduce la violazione degli artt. 1357, 1358, e 1359 c.c., in quanto l’incentivo era semmai condizionato al completamento della fattispecie, rappresentata dalla obiettiva realizzazione del fatturato; del resto rientrava nei compiti del dirigente far si che tutti gli ordini venissero regolarmente evasi.

5 – Il controricorso deduce l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.

6- Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Risulta dagli atti che effettivamente il giudice di rinvio di Brescia ha omesso di provvedere esplicitamente – e provocando il contraddittorio con la società contumace in quel giudizio (ove si ritenga il parallelismo con la situazione che dette luogo alla sentenza 6 giugno 1989 n. 317 della Corte costituzionale) – ad autorizzare la ricostruzione del fascicolo di parte di primo grado, smarrito nella cancelleria della Corte d’appello di Milano senza colpa dell’istante.

Una tale autorizzazione risulta viceversa implicitamente dal fatto che nella motivazione della sentenza vengono citati alcuni documenti esistenti nel fascicolo di parte ricostruito dalla difesa G..

Nel caso in esame deve peraltro rilevarsi, alla stregua degli atti richiamati dalle parti, che una tale irregolarità ha un rilievo puramente formale.

La difesa della società, conoscendo il contenuto dell’originario fascicolo di parte, era infatti in grado in questa sede di indicare quale dei documenti inseriti in sede di ricostruzione dalla difesa del lavoratore non era presente in origine, concentrando su ciò le proprie censure alla sentenza.

Del resto, come spiegato e documentato dal controricorrente, per effetto di uno scambio di corrispondenza tra i difensori delle due parti già in sede di cassazione (ove il G. aveva già proposto istanza di ricostruzione del fascicolo), la difesa della società era stata posta a conoscenza (come da lei richiesto) dell’indice degli atti dei documenti inseriti nel fascicolo da ricostruire, da confrontare appunto con quelli estratti dal fascicolo originale, riservandosi pertanto sostanzialmente di reagire alla sola produzione eventuale di documenti nuovi.

Il carattere meramente formale del motivo di ricorso, evocante solo astrattamente la violazione della fondamentale regola del contraddittorio, di fatto inesistente, lo riconduce tra quelli da ritenere inammissibili alla stregua dell’art. 360-bis c.p.c., n. 2. 7 – Gli altri motivi, che conviene esaminare congiuntamente, sono infondati.

Preliminarmente va disattesa la censura di cui al terzo motivo, fondata sulla interpretazione di un patto tra le parti, relativo agli incentivi del 2000 e del primo semestre del 2001, diversa da quella assunta dalla sentenza impugnata, senza che la società che la sostiene ne riproduca il contenuto, al fine di consentire a questa Corte la valutazione in ordine alla decisività del motivo. Ne consegue, secondo la uniforme e condivisa giurisprudenza di questa Corte la violazione della regola della autosufficienza (su cui cfr., per tutte, recentemente, Cass. nn. 4201/10, 6937/10, 10605/10 e 11477/10) e quindi l’inammissibilità del motivo in esame.

Quanto agli altri due motivi, la Corte territoriale ha anzitutto affermato che l’esistenza del patto relativo, per l’anno 2000, ad un incentivo di L. 20.000.000 al raggiungimento di un fatturato di 22 miliardi e 450 milioni e per il primo semestre del 2001 ad un incentivo di L. 10.000.000 al raggiungimento di un fatturato di 12 miliardi e 500 milioni e di L. 20.000.000 se il fatturato avesse raggiunto i 12 miliardi e 800 milioni risulta documentalmente.

Sono stati ritenuti altresì provati i fatturati del 2000, in L. 22 miliardi e 150 milioni e quello del primo semestre del 2001 in L. 12 miliardi e 570 milioni.

Parzialmente provato, infine, alla stregua della documentazione in atti e della prova testimoniale svolta è stato poi ritenuto dal giudice di rinvio anche il valore degli ordini inevasi dalla società per proprie disfunzioni, in L. 400 milioni nel 2000 ed in "oltre" 200 milioni nel primo semestre 2001.

In ogni caso, la Corte territoriale ha rilevato che quest’ultimo dato non è stato specificatamente contestato dalla società nel corso del giudizio.

La prima obiezione della società secondo la quale che il dato degli ordini inevasi nell’anno 2000 non sarebbe stato dedotto dal G. nel ricorso introduttivo non risponde a realtà, tale dato risultando nella parte narrativa del ricorso e il relativo ammontare è tale da consentire, unito al fatturato dell’anno, il superamento dell’obiettivo assegnato. Una tale indicazione, anche se non ripresa in maniera esplicita in sede di argomentazione della relativa domanda (tra le molte altre proposte in primo grado), è stata pertanto incontestabilmente interpretata dal giudice di rinvio come inserita con l’unico scopo di sostenere la domanda relativa all’incentivo del 2000.

La successiva obiezione della società secondo la quale comunque essa avrebbe contestato tutti i fatti costitutivi delle domande è generica e non si avvale adeguatamente della parte del contenuto della memoria di costituzione in primo grado al riguardo riprodotto in ricorso, contenente a sua volta considerazioni del tutto generiche.

Infine, manca l’obiettivo la deduzione relativa al valore confessorio a svantaggio dell’originario ricorrente della sua dichiarazione in udienza di non avere raggiunto il target assegnatogli ai fini dell’incentivo.

La dichiarazione del dipendente, presa in considerazione anche dal giudice di rinvio, si riferiva infatti evidentemente ai dati di fatturato e non anche a quelli relativi agli ordini inevasi per fatto della società.

Nel valutare i fatti di causa, la Corte territoriale ha pertanto fatto corretta applicazione della regola relativa all’onere della prova in giudizio e di quella secondo la quale la mancata specifica contestazione dei fatti costitutivi del diritto azionato rende questi ultimi incontroversi.

La Corte ha viceversa errato, in fatto, nell’argomentare il superamento dell’obiettivo assegnato per il primo semestre del 2001.

Sommando infatti ai 12 miliardi e 570 milioni di fatturato gli oltre (da intendere non oltre i 9, visto che le cifre sono tutte espresse in decine di milioni) 200 milioni di ordini inevasi non viene raggiunto l’importo di 12 miliardi e 800 milioni, cui era subordinata l’erogazione dell’importo maggiore dell’incentivo.

La censura che investe questo errore di calcolo è pertanto fondata e nei limiti della stessa il ricorso va accolto e la sentenza va conseguentemente cassata.

Non essendo peraltro necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento della sola domanda originaria del G. relativa al pagamento, a titolo di incentivo per l’anno 2000, di Euro 19.329,13, con gli accessori di legge.

L’esito complessivo della lite consiglia l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie in parte il terzo motivo di ricorso, rigettandolo nel resto; cassa conseguentemente la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la sola domanda di G. relativa alla condanna della Enervit s.p.a. a pagargli la somma di Euro 10.329,13, con gli accessori di legge; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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