Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 15-12-2011, n. 1005 Sospensione cautelare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appello è rivolto contro la decisione con la quale – decidendo sui ricorsi riuniti n. 882/97 e n. 3849/97 – il TAR di Catania (dichiarato irricevibile, per difetto di impugnazione nei termini, il ricorso quanto alla determinazione dell’amministrazione di procedere in via disciplinare per mancata elezione della via gerarchica) ha annullato i provvedimenti con i quali era stata negata la revoca dei provvedimenti di sospensione e la conseguente richiesta di riammissione in servizio del ricorrente Mo.

La vicenda trae origine dal decreto emesso dal Comando generale della Guardia di Finanza del 19.10.1993 con il quale veniva disposta la sospensione in via cautelare dal servizio del graduato della Guardia di Finanza sig. An.Mo., perché indagato per i reati di favoreggiamento ed omessa denuncia da parte di pubblico ufficiale.

Dopo il rinvio a giudizio e l’avvio del procedimento penale, il Mo. chiedeva in data 25.9.1996 – assumendo che dagli atti istruttori erano emersi consistenti elementi a discarico – la revoca del provvedimento di sospensione e la riammissione in servizio.

L’Amministrazione disattendeva la richiesta e contestava l’illecito disciplinare, per avere il dipendente interessato rivolto la stessa direttamente al Comando generale, in violazione del principio di gerarchia. Contro tale provvedimento, il Mo. proponeva ricorso sull’assunto che la violazione del principio di gerarchia non era imputabile a lui, ma al difensore e che il diniego di riammissione non avrebbe potuto essere genericamente motivato con la pendenza del procedimento penale, ma avrebbe dovuto esserlo piuttosto con riferimento alle risultanze processuali. Il TAR accoglieva (ritenendo il provvedimento carente nella motivazione) la domanda cautelare proposta dal Mo., che perciò riproponeva la sua richiesta di revoca della sospensione e di riammissione in servizio. Ma la Amministrazione reiterava il diniego, ritenendo insufficienti le allegazioni del militare e non variati i presupposti che avevano giustificato il provvedimento di sospensione. Il Mo. impugnava il nuovo provvedimento, ritenuto da lui elusivo del provvedimento giurisprudenziale cautelare e viziato comunque da eccesso di potere sotto molteplici profili.

Il TAR disponeva anche di questo secondo provvedimento (e sempre per carenza di motivazione) la sospensione cautelare. Ma il CGA accoglieva, con ordinanza n. 1085/97, l’appello della amministrazione proposto contro la decisione. Con determinazione 20 ottobre 1998, il Comandante Generale della Guardia di Finanza infine riammetteva in servizio il Mo., per estinzione del termine massimo di sospensione cautelare dal medesimo.

Nel 1999 il TAR si pronunciava nel merito nel senso prima ricordato.

Contro la decisione propone appello l’Amministrazione chiedendone la riforma.

Lamenta in particolare l’appellante che il ricorso contro il primo provvedimento avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile perché il provvedimento impugnato era stato già annullato in autotutela e sostituito con quello n. 51145/p del 13 giugno 1997 (in pratica: il provvedimento impugnato con il secondo ricorso).

Lamenta comunque nel merito la erroneità della decisione sotto molteplici profili e in particolare: mancata considerazione sia del fatto che la sospensione originaria si era consolidata perché non impugnata, sia del fatto che il diniego del riesame era legato a tale presupposto, essendo stata per altro la nuova istanza pretestuosamente proposta solo per superare la circostanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Anche a prescindere da ogni considerazione sugli effetti revocatori impliciti nel secondo provvedimento rispetto al primo, e sulla conseguente mancata pronuncia di improcedibilità del primo ricorso (riunito invece e deciso insieme con il secondo), resta infatti la fondatezza delle considerazioni proposte dall’appellante nel merito della decisione impugnata.

Il Giudice di prime cure ha ritenuto insufficientemente motivati i provvedimenti che hanno denegato il riesame della posizione del militare sospeso dal servizio, non essendosi questi ispirati "a rigorosa prudenza e razionalità" e non avendo avuto di mira il "contemperamento delle esigenze di tutela dell’ufficio con le confliggenti istanze di natura personale del dipendente" che non sarebbero risultate perciò "perfettamente esplicite attraverso la motivazione".

Ha aggiunto il Giudice che l’Amministrazione avrebbe dovuto anche tenere conto degli elementi sopravvenuti e non valutati in sede di primo esame (il riferimento è alle allegazioni relative ai fatti favorevoli emersi, a dire dell’indagato, nel corso del procedimento penale) e pronunciarsi perciò esplicitamente sui medesimi. E avrebbe, inoltre, dovuto appropriatamente valutare l’incidenza che il decorso del tempo oggettivamente aveva prodotto sulle esigenze cautelari, quantomeno pronunciandosi esplicitamente anche su questo punto.

Ora però i provvedimenti in questione – e il secondo in modo particolare – appaiono sorretti da una valutazione legata a presupposti di fatto che erano – all’epoca dei provvedimenti di diniego del riesame – gli stessi che avevano giustificato la originaria sospensione cautelare dal servizio: il militare era sottoposto a procedimento penale per fatti gravi che rendevano inopportuna, a giudizio della Amministrazione medesima, la sua permanenza in servizio e la cui rilevanza penale era dimostrata in re ipsa dal fatto che il procedimento instaurato continuava a pendere nei confronti dell’indagato. Circostanza quest’ultima, per altro, da sola sufficiente a motivare il provvedimento cautelare, per il quale non si richiede la "fondatezza" delle accuse, ma la "esistenza" di esse e la conseguente incompatibilità – in relazione alla loro gravità – con la permanenza in servizio. Nella circostanza, le accuse – che avevano superato il doppio vaglio del g.i.p. e del g.u.p. e giustificato anche provvedimenti cautelari del giudice penale (la sospensione per due mesi dall’esercizio della funzione di appuntato della Guardia di Finanza) – riguardavano fatti rilevanti, come la frequentazione e collaborazione con persone indagate per usura, la omessa denuncia (come pubblico ufficiale) di circostanze conosciute, la rivelazione di segreto continuata.

Per tali premesse, non può condividersi, a giudizio di questo Consiglio, la valutazione del Giudice di prime cure, la cui decisione va perciò riformata, con conseguente riaffermata legittimità dei provvedimenti originariamente impugnati dall’appellato.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione. Sussistono comunque giustificate ragioni per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e per l’effetto respinge i ricorsi originari.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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