Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-05-2012, n. 7641

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 13 novembre 2009, la Corte d’Appello di Salerno dichiarava inammissibile il gravame svolto da D.P. contro la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda, proposta dalla FIRS Italiana di Assicurazioni s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, volta ad ottenere la condanna di D. al pagamento della somma di Euro 35.489,89, oltre interessi legali dal 25.9.2007 al saldo.

2. La FIRS Italiana di Assicurazioni s.p.a. ha agito per l’accertamento e la condanna di D., ex titolare dell’agenzia FIRS di Teggiano, per il pagamento di somme per rilievi normali ed automatici e rimesse di premi non effettuate. L’agente riteneva dovute le indennità connesse alla cessazione del rapporto.

3. Il primo giudice, quantificato con accertamento peritale il credito vantato dalla società, detraeva dalla somma così accertata le somme dovute a titolo di indennità ex artt. 20, 25, 26, 27 dell’Accordo collettivo nazionale agenti del 1981, escluse, invece, le indennità ex artt. 8, 12, 13, del medesimo accordo, non ritenendo ravvisabile, nella specie, un’ipotesi di recesso dell’impresa o di cessazione dall’esercizio di uno o più rami di assicurazione con decisione di ridurre il portafoglio, previste dalle citate norme dell’accordo collettivo.

4. D., con atto di citazione, proponeva gravame, chiedendo alla corte territoriale di essere ammesso al passivo della Firs in liquidazione coatta amministrativa, in via privilegiata a titolo di indennità aggiuntiva e di preavviso di cui agli artt. 12 e 13 ANA. 5. La Corte territoriale dichiarava inammissibile il gravame per violazione del divieto di ius novorum in appello, avendo l’appellante proposto domanda (ammissione al passivo della Firs) mai formulata in primo grado e, peraltro, non di competenza della medesima corte.

6. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, D. P. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c. L’intimata ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

7. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

8. Il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, denuncia omessa, errata o contraddittoria motivazione per aver il giudice a quo ritenuto l’esistenza di una domanda nuova; con il secondo motivo denuncia omessa pronuncia e omessa motivazione sul presunto diritto all’indennità di cui agli artt. 12 e 13 ANA del 1981. 9. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

10. Il primo motivo difetta di specificità giacchè il ricorrente non ha in alcun modo contrastato la ratio decidendi (secondo cui la domanda di ammissione al passivo costituisce domanda nuova rispetto al mero accertamento dell’esistenza del diritto).

11. Contemporaneamente, non può tacersi che ove la parte ricorrente si dolga che una determinata questione giuridica, l’omessa pronuncia sul preteso diritto alle indennità alla stregua degli artt. 12,13 ANA 1981 – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere, disatteso nella specie, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare, ex actis, la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

12. Con il secondo motivo il ricorrente si duole di un vizio della motivazione, ma l’illustrazione della censura con la quale non viene specificato in cosa la motivazione sarebbe viziata, è inammissibilmente incentrata sulla violazione dell’accordo collettivo e della legge involgendo un errore denunciabile alla stregua dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e non il profilo del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. 13. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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