Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-10-2011) 11-11-2011, n. 41179

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Udine, deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, pronunciando su istanza del Pubblico Ministero presso quel tribunale, revocava nel confronti di C. G. l’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006 concesso allo stesso, con autonomi provvedimenti del 17 novembre 2006, 2 marzo 2007, 10 settembre 2008 e 28 gennaio 2009 in relazione a quattro diverse sentenze di condanna emesse rispettivamente dalla Corte di Appello di Genova, dal Tribunale di Napoli, dal Tribunale di Viareggio e dal Tribunale di Massa, ivi più specificamente indicate.

2. Avverso tale ordinanza, proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato deducendone l’illegittimità per violazione di legge ( L. 31 luglio 2006, n. 241, art. 1, comma 3).

Più specificamente nel ricorso si evidenzia che la circostanza che aveva determinato la revoca dell’indulto – e cioè la commissione da parte del C., nel termine di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge che aveva concesso il beneficio – il 6 luglio 2007 ed il 20 ottobre 2008 – di nuovi reati (concorso in rapina) unificati nel vincolo della continuazione – per i quali aveva riportato condanna alla pena complessiva di anni sei di reclusione ed Euro 800,00 di multa, non avrebbe dovuto comportare la revoca del beneficio, dovendosi considerare nel caso di cui trattasi, in adesione ai principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. del 23 aprile 2009 imp. Astone, Rv. 243380, che la condanna subita si riferiva ad un’ipotesi di reato continuato e che pertanto doveva farsi riferimento ai fini della revoca dell’Indulto, non già alla pena complessiva ma a quella inflitta in concreto per la violazione più grave e che dall’entità di detta pena doveva altresì dedursi, il presofferto, pari almeno ad anni due e giorni dieci, nonchè l’intervenuta riduzione conseguente alla concessione del beneficio della liberazione anticipata.

Motivi della decisione

1. L’impugnazione proposta dal C. è basata su motivi e va quindi rigettata.

Ed invero la L. n. 241 del 2006, art. 1, comma 3 prevede espressamente che il beneficio dell’indulto è revocato, se chi ne ha usufruito, commette entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della suddetta legge, un delitto non colposo per il quale abbia riportato condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

Orbene, essendo pacifico che il C. il 6 luglio 2007 ed il 20 ottobre 2008, successivamente quindi all’entrata in vigore della L. n. 241 del 2006, ebbe a commettere dei reati non colposi (rapine) per i quali gli è stata applicata dal Tribunale di Udine, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., con sentenza equiparabile a tutti gli effetti a quella di condanna, una pena di anni sei di reclusione, nessun dubbio può evidentemente sussistere sulla legittimità della revoca del beneficio, allo stesso precedentemente applicato con riferimento a quattro sentenze di condanna.

1.1 Nè può rilevare ai fini della legittimità del provvedimento di revoca impugnato, la circostanza che la sentenza di applicazione pena del Tribunale di Udine si riferisca ad una ipotesi di reato continuato.

Se è pur vero, infatti, che anche in tema di revoca l’indulto va riconosciuta la validità del principio generale secondo cui la configurazione del reato continuato come un "unicum" deve essere esclusa allorchè la "fictio juris" comporti conseguenze sfavorevoli al condannato, atteso che la continuazione è un istituto ispirato al "favor rei" (in tal senso, si veda, ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 2624 del 11/05/1998, dep. 13/06/1998, Rv. 210793, imp. Bernardo) le deduzioni svolte dal ricorrente al riguardo potrebbero assumere una qualche rilevanza se le pene applicate al C. per entrambi i fatti di rapina, ovvero per la violazione più grave e per quella ritenuta In continuazione, anche tenuto conto della diminuzione per la scelta del rito, fossero state entrambe inferiori ai due anni di reclusione. Poichè dall’esame della sentenza del Tribunale ciò non si evince, risultando la pena applicata per la violazione più grave largamente superiore al limite dei due anni, la deduzione difensiva si rivela assolutamente inconferente, così come assolutamente generico ed indimostrato risulta il riferimento a periodi di carcerazione preventiva sofferti dal C. ed a riduzioni di pena concesse allo stesso a titolo di liberazione anticipata, anche perchè, in base alla inequivoca formulazione della norma (la L. 31 luglio 2006, n. 241, art. 1, comma 3) per la determinazione del quantum di pena rilevante ai fini della revoca dell’indulto condizionato, occorre far riferimento alla pena detentiva applicata in concreto, id est al trattamento sanzionatorio relativo al nuovo reato commesso, sul quale nessuna influenza esplicano, evidentemente, nè gli eventuali periodi di detenzione cautelare sofferti dal reo, nè le successive diminuzioni di pena di cui lo stesso abbia usufruito conseguenti all’applicazione di istituti premiali.

2. Al rigetto del ricorso consegue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *