Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-10-2011) 11-11-2011, n. 41177 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 9 febbraio 2011 e depositala in pari data colla contestuale motivazione, il Tribunale ordinario di Asti, in composizione monocratica, deliberando col rito della applicazione della pena su richiesta, ha inflitto la sanzione pattuita a V. L., imputata del delitto di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 8-bis, per aver utilizzato, esibendolo alla polizia giudiziaria, un permesso di soggiorno contraffatto (figurante rilasciato dalla competente autorità della Repubblica di Grecia), in Costigliole d’Asti il 7 febbraio 2011, motivando – in relazione a quanto assume rilievo nel presente scrutinio di legittimità – che la qualificazione giuridica del fatto era corretta e che non ricorrevano i presupposti per prosciogliere l’imputata a norma dell’art. 129 c.p.p..

2. – Ricorre per cassazione l’imputata, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Roberto Caranzano, mediante atto del 21 febbraio 2011, col quale dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’art. 129 c.p.p., nonchè vizio della motivazione, e in proposito obietta, censurando la omessa considerazione della pertinente deduzione difensiva da parte del giudice a quo, che la Autorità indicata nel provvedimento contraffatto non ha il potere di rilasciare permessi di soggiorno nei territori degli Stati della Unione Europea (potendo solo rilasciare permessi con validità circoscritta al territorio dello Stato ellenico);

sicchè la condotta ascritta alla imputata non integra il reato ritenuto.

3. – Il ricorso è inammissibile.

Manifestamente infondate sono, infatti, le censure della ricorrente alla luce dei principi di diritto, ripetutamente affermati da questa Corte in relazione al rito speciale, secondo i quali: a) l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova; b) non è consentito, fuori dai casi di palese incongruenza, censurare il provvedimento in punto di qualificazione giuridica del fatto e di ricorrenza delle circostanze, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione; c) la motivazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta, può essere anche meramente enunciativa in ordine alla carenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p..

Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.500 (millecinquecento) alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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