T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 15-12-2011, n. 1564 Commissione giudicatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, notificato all’Università della Calabria, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed al controinteressato, sig. M.G., il sig. M.S., impugna gli atti del concorso pubblico per titoli ed esami per 11 posti di categoria D, posizione economica D1, dell’area amministrativagestionale indetto con D.D. n. 246 del 16/2/2007, nell’ambito del quale ha ottenuto nella prova scritta un punteggio inferiore a quello minimo previsto per la valutazione di idoneità.

Espone il sig. M. di aver riportato il punteggio di 25/50 nella prova selettiva, laddove il punteggio minimo per il superamento della stessa era di 30/50.

Avverso il giudizio riportato e gli atti della procedura articola i seguenti motivi di gravame:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del decreto direttoriale n. 796 del 24/3/2006, dell’art. 3 della legge 241/90 e dell’art. 12, comma 1, del dpr 487/1994, eccesso di potere sotto il profilo dell’assenza assoluta di motivazione, dell’ingiustizia manifesta, dell’illogicità, del travisamento e della mancata istruttoria, in quanto risulterebbe privo di adeguata motivazione il giudizio di inidoneità della prova espletata corredato del solo voto numerico senza congrua predeterminazione di specifici criteri, correzioni o altri segni sull’elaborato né un giudizio finale sintetico;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 2, del dpr 487/1994, per la presenza, su taluni elaborati giudicati validi e sufficienti, di supposti segni di riconoscimento;

3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 del bando di concorso indetto con D.D. 246 del 16/2/2007 per omessa valutazione dei titoli, eccesso di potere sotto i profili di illogicità, travisamento, mancata istruttoria e sviamento, per avere attribuito una piena sufficienza ad una prova del tutto mancante dello sviluppo della traccia nella sua interezza.

Il ricorrente conclude chiedendo l’annullamento, previa sospensione degli effetti, della graduatoria definitiva e del decreto con il quale è stato approvato l’elenco dei 47 candidati giudicati idonei.

Chiede, altresì, di disporsi una nuova correzione e valutazione delle prove ritenute insufficienti da parte della Commissione giudicatrice.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale di Stato per il Ministero e l’Università della Calabria con memoria con la quale eccepisce il difetto di legittimazione passiva del Ministero e controdeduce nel merito con riguardo a tutti i motivi di censura.

Con ordinanza n. 928 del 6 novembre 2008 il Tribunale respingeva la richiesta misura cautelare sul presupposto della mancanza del prescritto fumus.

Alla pubblica udienza del 24 novembre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio esamina la richiesta di estromissione dal giudizio del Ministero dell’istruzione.

L’eccezione è fondata.

A seguito degli interventi normativi, ormai risalenti, in tema di autonomia finanziaria, organizzativa e contabile delle Università (art. 33 Cost., l. n. 168 del 1989 e l. n. 537 del 1993), la competenza ad espletare le procedure di cui si tratta è rimessa all’Università (cfr. in tal senso T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 05 gennaio 2010, n. 47 e Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, n. 330/2011).

Tutti gli atti impugnati sono, infatti, stati adottati da dirigenti dell’Università, ente dotato di personalità giuridica propria, ragione per cui il Ministero dell’Istruzione, nella controversia sub judice, è privo di alcuna legittimazione passiva a resistere e va, pertanto, estromesso, come richiesto dalla difesa erariale.

Passando al merito, il ricorso è infondato.

Destituita di fondamento appare, in primo luogo, la censura relativa al difetto di motivazione che inficerebbe il giudizio di non idoneità, la cui formulazione non consentirebbe di ricostruire l’iter logico seguito dalla Commissione.

Costituisce ormai principio consolidato quello secondo cui le valutazioni espresse da una Commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati costituiscono espressione di un’ampia discrezionalità tecnica; e, come tali, non sindacabili dal giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente inficiate da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti.

La giurisprudenza ha pure avuto modo di evidenziare che il voto numerico costituisce espressione sintetica, ma esaustiva, della valutazione della Commissione, soddisfacendo adeguatamente l’onere della motivazione previsto dall’art. 3 della legge 241/1990, e, più in generale, dei principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione.

Anche la Corte costituzionale, nella recente sentenza dell’8 giugno 2011, n. 175, ha affermato che l’attribuzione di un mero punteggio numerico, esterna una valutazione che, sia pure in modo sintetico, si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest’ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell’apprezzamento riservato dalla commissione esaminatrice all’elaborato e, quindi, del grado di idoneità o inidoneità riscontrato.

La Corte ha altresì ribadito che un simile metodo risponde al criterio di cui all’art. 97 Cost., secondo cui l’attività amministrativa è retta anche da criteri di economicità ed efficacia, non implica alcun difetto di trasparenza, e pertanto non risulta leso il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., perché la disciplina censurata non preclude il ricorso al giudice amministravo.

Un difetto di motivazione di tale giudizio di inidoneità potrebbe apprezzarsi solo ove il candidato offrisse elementi idonei a supportare l’arbitrarietà o l’irragionevolezza del giudizio, quantomeno relativamente ai criteri predeterminati dalla Commissione, elementi che, nel caso di specie, non ricorrono.

Non appare idonea, a tal fine, l’analisi che il ricorrente propone del proprio elaborato, operando una evidente, quanto non consentita, sostituzione del proprio giudizio all’apprezzamento discrezionale della Commissione esaminatrice.

All’elaborato è stato dato un voto di 25/50 che appare sufficiente ad esprimere la valutazione effettuata dalla Commissione, e che non appare sindacabile in mancanza di elementi tali da evidenziare un manifesto travisamento dei fatti o una totale violazione dei criteri che la Commissione ha fissato.

E’ infondata, a tale riguardo, anche la censura con la quale si contesta l’inadeguatezza dei criteri di attribuzione del voto.

La commissione ha, nella prima riunione del 5 ottobre 2007, stabilito che il punteggio relativo alla prova selettiva sarà attribuito in relazione al grado di conoscenza delle materie indicate nel bando, alla capacità di sintesi e alla chiarezza e correttezza espositiva dimostrate dal candidato.

Si tratta di ben quattro parametri di giudizio sufficientemente specifici e tali, quindi, da rendere scevro dai vizi rilevabili in questa sede il voto di 25/50 attribuito all’elaborato del candidato.

Il sopra ricordato orientamento della giurisprudenza, superato anche il giudizio di costituzionalità, perché ritenuto conforme ai parametri costituzionali del giusto processo e del diritto di difesa, nel ritenere il voto numerico di per sè idoneo a identificare il livello di sufficienza o insufficienza della prova sostenuta ha escluso la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2009 n. 2880 e 11 luglio 2008 n. 3480; C.G.A.R.S., 7 ottobre 2008 n. 837).

E’ invece inammissibile, prima ancora che infondato, il secondo motivo di ricorso con il quale si denuncia la presenza di segni di riconoscimento su diversi elaborati di candidati risultati idonei.

La censura è inammissibile atteso che l’infondatezza del ricorso con riguardo al giudizio di inidoneità della prova espletata dal ricorrente, rende carente di interesse l’eventuale possibile accoglimento di questa doglianza dalla quale il ricorrente non potrebbe trarre alcun vantaggio.

A ciò si aggiunga che il ricorrente allega un solo caso, quello di una candidata collocatasi in posizione non utile in graduatoria, la sig.ra Gervasi Rosanna, oltre il quarantesimo posto.

Quello che poi viene indicato come segno di riconoscimento, ad avviso del Collegio, non integra gli estremi di una intenzionale violazione dell’anonimato, né appare idoneo a rendere riconoscibile il candidato.

L’avere, infatti, indicato il nome ed il cognome del direttore amministrativo in carica, in una procedura interna per passaggio dalla categoria C alla categoria D dell’area amministrativa dell’Ateneo, può, infatti, astrattamente imputarsi a più di uno dei concorrenti del concorso in oggetto.

Per i medesimi motivi, evidenziati con riguardo al secondo motivo, è inammissibile per carenza di interesse il terzo ed ultimo motivo di ricorso con il quale il ricorrente lamenta l’omessa valutazione di alcuni titoli.

Atteso che l’idoneità nella prova scritta è requisito imprescindibile per l’inserimento in graduatoria e che l’esclusione del ricorrente per inidoneità della prova pratica è scevra dai dedotti motivi di gravame, nessuna utilità il medesimo potrebbe trarre dall’eventuale più positiva valutazione dei titoli professionali.

Infondata è, altresì, la censura con la quale parte ricorrente denuncia l’attribuzione della piena sufficienza ad un elaborato, secondo la prospettazione attorea, incompleto, in quanto mancherebbe la redazione della richiesta di parere al collegio.

Dalla lettura della prova contrassegnata con il n. 41, quella che secondo il ricorrente mancherebbe della redazione della richiesta di parere, tale mancanza non si ravvisa.

Risulta invece redatta, conformemente a quanto richiesto nella traccia, una richiesta di parere su questione di propria scelta, previa individuazione del problema concreto.

Nel caso dell’elaborato n. 41 si tratta di una richiesta di parere relativa ai residui di bilancio ed alla possibilità del loro riaccertamento in una determinata ipotesi concretamente individuata.

Come già osservato, il giudizio della Commissione esaminatrice di un concorso attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile sul piano della legittimità solo per evidente incompletezza, incongruenza, manifesta disparità di trattamento, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis Cons. St., sez. IV, 17 gennaio 2006, n. 172 e più di recente cfr. anche Tar Lazio Sez. I, 3359/2011).

Dovendosi escludere, anche con riguardo a questa censura, la sussistenza del vizio dedotto ed attesi i limiti del sindacato giurisdizionale sopra meglio esposti, il ricorso va respinto perché infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore dell’Università che liquida in euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Massimo Luciano Calveri, Presidente

Daniele Burzichelli, Consigliere

Anna Maria Verlengia, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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