Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-10-2011) 11-11-2011, n. 41174 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Due i motivi del ricorso per cassazione proposto da G. F. avverso l’ordinanza 3/21.2.2011 della corte di appello di Palermo che, quale giudice della esecuzione, ritenuta la continuazione tra il reato di associazione finalizzata al traffico di droga, di cui alla sentenza della corte di appello di Palermo in data 13.11.2009, ed il reato di detenzione illecita di stupefacenti di cui alla sentenza del tribunale di Agrigento in data 5.10.2006, ferma ritenendo la pena -base di otto anni e due mesi di reclusione per il primo reato, determinava, la continuazione del secondo reato, per cui era stata inflitta in origine la pena di anni due e mesi sei reclusione oltre Euro quattro mila di multa, l’aumento di in un anno di reclusione, risultando così la pena definitiva stabilita in anni nove e mesi due di reclusione: contraddittorietà della motivazione a fronte di un aumento di pena minore con riferimento alla condotta di un coimputato, tale C.S., giudicato per lo stesso reato nel processo concluso con la sentenza della corte di appello di Palermo e per il predetto reato condannato, a titolo di continuazione alla pena di tre mesi, da un lato, violazione della legge per non aver ridotto di un terzo la pena della reclusione inflitta a titolo di continuazione per un reato giudicato con il rito abbreviato, dall’altro.

-2- Infondati entrambe le ragioni del ricorso.

Il vizio in buona sostanza di eccesso di potere, traducentesi in una valutazione diseguale di situazioni eguali ed omogenee è tipico del diritto amministrativo, non può disinvoltamente collocarsi nell’alveo del processo penale nella misura in cui lo impedisce il principio della responsabilità personale dell’illecito penale.

Invero la persona è soggetto unico, partecipe di una individualità esclusiva, e non assimililabile a qualsiasi altra. Da qui la ragione della refrattarietà del giudizio penale alla assimilazione di situazioni personali per la determinazione di una pena eguale che si porrebbe come distorsione, costituzionalmente non consentaci principio del riflesso sulla pena della soggettività unica ed irrepetibile all’esterno della persona.

Infondato, ancora, il secondo motivo, nella misura in cui i giudici della esecuzione, hanno tenuto conto che la pena del reato satellite era stata inflitta, in seguito al patteggiamento, e non in seguito al giudizio abbreviato. Invero in tema di patteggiamento non può certo applicarsi il principio giurisprudenziale consolidato secondo cui, allorchè il giudice dell’esecuzione riconosca la continuazione tra più reati, alcuni dei quali oggetto di condanna all’esito di giudizio abbreviato, la riduzione spettante a norma dell’art. 442 c.p.p., deve essere riconosciuta anche quando, risultando violazione più grave quella giudicata con il rito ordinario, la pena autonomamente determinata per il reato definito con il rito speciale, sulla quale è stata operata la diminuzione ai sensi del citato art. 442, si trasformi in aumento "ex" art. 81 c.p., che va pertanto ridotto di un terzo. In tema di patteggiamento, invece, la discrezionalità del giudice con riferimento all’entità della riduzione della pena in vista della scelta del rito può spaziare, nella dimensione segnata dalla chiara espressione legislativa "fino ad un terzo" misura da un giorno ad terzo della pena edittale. E in questo ambito per l’appunto il giudice del provvedimento impugnato si è mosso: aumentando di un anno la pena del reato satellite, prevista in via edittale nel massimo in misura superiore a tre anni.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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