Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-05-2012, n. 7630 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G. convenne, davanti al tribunale di Rimini, V.A. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 204.000.000 a titolo di compensi professionali.

Il convenuto, costituitosi, eccepì, in via preliminare, la prescrizione del diritto azionato; nel merito contestò la domanda proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni conseguenti al grave e colpevole inadempimento del mandato professionale.

Il tribunale, con sentenza del 10.4.2006, accolse parzialmente la domanda principale, rigettando quella riconvenzionale.

Proposero appello, principale il V. ed incidentale il C..

La Corte d’Appello, con sentenza del 9.3.2010, rigettò quello principale, accogliendo, in parte, quello incidentale.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi V. A..

Resiste con controricorso C.G..

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente denuncia in via principale, l’illegittimità del capo della sentenza di rigetto dell’eccezione di grave inadempimento del Dott. C. all’incarico professionale conferitogli per l’affare "(OMISSIS)" e, correlativamente, di condanna del convenuto al pagamento della somma di Euro 36.875,02 a titolo di compenso e di rigetto della domanda riconvenzionale di condanna dell’attore al risarcimento dell’ingente danno cagionato per violazione o falsa applicazione delle norma di cui all’art. 1414 c.c. e segg., all’art. 2230 c.c. e segg., e dell’art. 2697 c.c. ovvero per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Con il secondo motivo si chiede l’adozione dei provvedimenti consequenziali all’accertamento del grave inadempimento del Dott. C. all’incarico professionale conferitogli dal signor V. per l’affare "(OMISSIS)".

Con il terzo motivo si denuncia la illegittimità del capo della sentenza che ha condannato il signor V. a pagare al Dott. C. il compenso per l’affare "Beton Granulati s.p.a." per violazione o falsa applicazione dell’art. 184 c.p.c. (nel testo previgente) e dell’art. 2697 c.c. ovvero per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Con il quarto motivo si denuncia la illegittimità del capo della sentenza che ha condannato il signor V. a pagare al Dott. C. il compenso per l’affare "La Fenice s.r.l." per violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ovvero per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Con il quinto motivo si denuncia la illegittimità del capo della sentenza che ha rigettato la eccezione riconvenzionale opposta dal signor V. in relazione al negozio solutorio a suo tempo concluso con il Dott. C. perchè ritenuta non provata e per la affermata inammissibilità dei mezzi di prova per interrogatorio formale e per testi correlativamente dedotti per violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. oppure per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

I motivi, intimamente connessi, possono essere trattati congiuntamente. Essi non sono fondati.

Tutti i motivi, al di là delle violazioni e dei vizi motivazionali, contestati, in realtà aspirano ad una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, in senso più favorevole al ricorrente;

ciò che – a fronte di una corretta e congrua motivazione come nella specie – non è consentito in sede di legittimità.

In particolare, con riferimento all’inadempimento contestato al resistente con il primo motivo, va rilevato che, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della sua gravità, ai fini della risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (v. per tutte Cass. 28.6.2006 n. 14974).

Nella specie, la Corte di merito ha fornito congrua motivazione della insussistenza delle condizioni per risolvere il contratto richiamando anche, in aggiunta alle emergenze probatorie indicate in sentenza (pag. 8, con il richiamo anche quelle di primo grado), l’ulteriore elemento rappresentato dalle risultanze del lodo arbitrale.

Il che conduce a ritenere infondata anche la censura in base alla quale la Corte di merito avrebbe fondato il suo convincimento "esclusivamente" su tale lodo ancora oggetto di esame ai fini della sua definitività.

L’esame del secondo motivo – neppure formulato secondo le previsioni codicistiche – è assorbito dalle conclusioni di insussistenza delle lamentate violazioni, censurate con il primo motivo.

Quanto alle censure relative agli affari "Beton Granulati spa" e "La Fenice srl", oggetto del terzo e quarto motivo, valgono le precedenti considerazioni.

In particolare, le violazioni dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 184 c.p.c. non sussistono.

La Corte di merito, infatti, ha fornito, anche con riferimento al compenso spettante all’odierno resistente per l’attività professionale svolta in relazione agli affari sopra indicati una puntuale e corretta motivazione del convincimento raggiunto, convalidato dalle risultanze probatorie acquisite e puntualmente indicate alle pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata.

Ad eguale conclusione deve pervenirsi in ordine al rilievo, oggetto del quinto motivo, relativo al rigetto dell’eccezione di compensazione avanzata dall’odierno ricorrente con riferimento al negozio solutorio che si afferma concluso con l’odierno resistente.

Il difetto di prova e di decisività del capitolo in contestazione (n. 20 come indicato a pag. 10 della sentenza impugnata) sorreggono le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito.

Inammissibili appaiono i rilievi svolti con la denuncia di vizi motivazionali, i quali contestano piuttosto le valutazioni operate dalla Corte di merito, proponendo una versione delle risultanze probatorie più favorevole al ricorrente; il che non è consentito nel giudizio di legittimità a fronte di una corretta motivazione, come nella specie.

Per quel che, poi, concerne le censure in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali richieste, deve rilevarsi che i rilievi mossi alla sentenza impugnata si concentrano piuttosto sulle conclusioni cui sono pervenuti i giudici del merito con un esito della vicenda processuale diverso da quello voluto dall’attuale ricorrente, ma non dimostrano la loro decisività ai fini di un diverso esito del giudizio.

Il ricorrente, in sostanza, non indica quali siano i vizi in cui sarebbe incorso il giudice del merito, ma convoglia l’analisi dei motivi di ricorso, sotto il profilo motivazionale, alla ricerca di una ennesima, non consentita rivalutazione del materiale probatorio.

Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento della spese che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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