Cass. civ. Sez. VI, Sent., 17-05-2012, n. 7798 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che:

1. Il Ministero della Giustizia propone ricorso per cassazione, basato su un unico motivo di impugnazione, avverso il decreto della Corte di appello di Roma menzionato in epigrafe, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 e degli artt. 99 e 101 c.p.c..

2. Il Ministero ricorrente fa rimarcare che T.C. non è intervenuta nella procedura fallimentare della s.r.l. dopo la morte del suo dante causa avvenuta il (OMISSIS). Ciononostante la Corte di appello ha liquidato l’equa riparazione per la durata eccessiva della procedura fallimentare anche in relazione al periodo successivo a quello che ha visto la partecipazione, quale creditore, del padre della T., M.N..

3. Il Ministero lamenta a tale proposito la violazione del principio, pacifico in giurisprudenza (Casa. civ. 11302/2009, 2983/08), secondo cui in caso di mancata costituzione in giudizio dopo il decesso del dante causa nessun danno può essere riconosciuto agli eredi e, specificamente in materia di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, l’erede ha diritto a conseguire, iure successionis, l’indennizzo maturato dal de cuius per la eccessiva durata del processo di cui è stato parte mentre iure proprio l’erede può richiedere l’indennizzo dovuto in relazione all’ulteriore corso della procedura dopo la morte del proprio dante causa solo dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte (Cass. civ. 25531/09, 21168/09, 2983/09).

4. Non svolge difese T.C..

Motivi della decisione

che:

5. la Corte di appello ha liquidato il danno per il periodo di 17 anni che ha ritenuto corrispondente alla durata eccessiva della procedura, tenendo conto di un periodo fisiologico di tre anni da considerare normale per la definizione della procedura. Se si considera che la dichiarazione di fallimento è del 29 ottobre 1986 e la domanda di insinuazione al passivo del padre della odierna intimata risale all’inizio del 1987 si dovrà anche rilevare che la procedura fallimentare, se avesse avuto una durata normale secondo il parametro adottato dalla Corte di appello, sarebbe terminata il 29 ottobre 1989. Da questa data, quindi, si deve far decorrere il diritto all’indennizzo spettante al dante causa della T. sino alla data della sua morte avvenuta il (OMISSIS).

6. E’ fondato quanto rilevato dal Ministero con riferimento alla costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. anche, fra le molte, Cass. civ. n. 13803 del 23 giugno 2011) ma tale giurisprudenza non può applicarsi alla procedura fallimentare nella quale non è necessaria una costituzione in giudizio degli eredi dei creditori.

L’attivazione della richiesta di ammissione al passivo del credito compiuta dal de cuius rimane valida anche nei confronti degli eredi e pertanto non è fondata alcuna distinzione, al fine di valutare la esistenza di un danno da eccessiva durata della procedura fallimentare, fra durata della procedura prima e oltre il decesso del creditore insinuato al passivo.

7. Il ricorso va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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