Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 11-11-2011, n. 41050 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Questa Corte, con sentenza n. 45542 del 28 ottobre 2010, ha deciso – rigettandolo – il ricorso proposto da T.F. avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona emessa il 13 novembre 2007.

Avverso tale decisione il T. propone ricorso ex art. 625 bis c.p.p. deducendo che la Corte sarebbe caduta in due errori materiali o di fatto, avendo omesso di esaminare sia uno degli aspetti del primo motivo di ricorso, sia l’intero terzo motivo.

Osserva inoltre che costituirebbe ulteriore vizio revocatorio l’omessa dichiarazione dell’intervenuta prescrizione del reato.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il primo motivo di ricorso riguardava un vizio di notificazione verificatosi nel corso del giudizio di primo grado. In particolare, il T. sostiene che costituiva oggetto di censura in sede di legittimità la nullità della notificazione sia del decreto di citazione a giudizio sia dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e che la Corte avrebbe invece esaminato la questione della notificazione solamente del secondo dei due atti.

La doglianza è formulata in termini oltremodo generici e risulta inammissibile sotto vari profili. Innanzitutto, va rilevata la violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Infatti, la mancata allegazione dell’originario ricorso in Cassazione rende impossibile accertare quali fossero le doglianze effettivamente prospettate dal T. innanzi a questa Corte. Le stesse non possono essere ricavate neppure tramite la lettura sentenza che oggi è censurata come erronea: la sentenza parla infatti di "omessa notificazione all’imputato del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e dell’udienza che dispone il giudizio" ed è evidente che la frase contiene una incomprensibile ripetizione che rende impossibile ricostruire chiaramente quali fossero le doglianze del T..

Tale incertezza accresce pure a prestar fede al solo ricorso ex art. 625 bis c.p.p.: infatti, il T. parla oggi di "notificazione del decreto di citazione a giudizio" e dello "avviso di fissazione dell’udienza preliminare". Egli fa univoco riferimento agli atti previsti rispettivamente agli artt. 552 e 429 c.p.p.. Sennonchè i due atti sono logicamente incompatibili nel medesimo processo, in quanto il primo ricorre – in alternativa al secondo – quando l’imputato è tratto direttamente a dibattimento dal P.M., anzichè passare attraverso il filtro dell’udienza preliminare. E quindi impossibile che, nell’ambito di un unico procedimento, figurino entrambi gli atti, a prescindere dalla circostanza che la loro notificazione sia viziata o meno.

Allo stato delle superiori considerazioni, non è quindi possibile identificare quale fosse il secondo atto viziato di cui questa Corte avrebbe omesso l’esame. Tali conclusioni impongono, già da sole, di dichiarare in parte qua il ricorso inammissibile.

E’ utile aggiungere, però, che l’argomento impiegato da questa Corte per disattendere le doglianze del T. è applicabile a tutte le notificazioni effettuate nella fase iniziale del processo a suo carico. E’ stato infatti affermato il principio secondo cui le notificazioni effettuate presso il domicilio dichiarato dall’imputato, benchè egli abbia successivamente comunicato una nuova elezione di domicilio, non sono assolutamente nulle, tranne nei casi in cui esse risultino assolutamente inidonee al raggiungimento dello scopo (in astratto o in concreto). Pertanto, dal momento che il vizio è stato denunciato per la prima volta con l’atto d’appello, è stata confermata la statuizione di primo grado che ha ritenuto tardiva l’eccezione.

Consegue che, ove pure fosse vero che il giudizio di legittimità avesse ad oggetto il vizio di notificazione di due distinti atti, e non di uno solo, la sentenza non risulta gravata da un errore materiale di percezione dotato di influenza decisiva nella formazione della volontà del collegio. Piuttosto, in mancanza di diversi elementi forniti dal T., deve concludersi che – al più – la sentenza di questa Corte si sia semplicemente "dimenticata" di chiarire che il principio vale per tutte le notificazioni censurate.

Si tratterebbe, quindi, di un semplice refuso ininfluente.

E appena il caso di aggiungere che le ulteriori censure relative all’esistenza o meno dell’elezione di domicilio, oltre che del tutto indimostrate nel presente giudizio, attengono al merito della decisione (trattandosi di questione ritenuta, in punto di fatto, già dalla corte d’appello) e non valgono come errore materiale della sentenza di legittimità.

La seconda doglianza è ancora più generica della prima. Il T. afferma infatti che la Corte avrebbe "omesso di valutare il terzo motivo di ricorso", in quanto "seppure sfornito di una numerazione progressiva a pag. 4) del ricorso è contenuto un ulteriore motivo che non è stato trattato" (pag. 6). Quale sia il contenuto di questo ipotetico ulteriore motivo di ricorso non è dato però sapere. Solo incidentalmente, a pag. 2 del ricorso ex art. 625 bis c.p.p., fra le premesse di fatto si legge che nel corso del giudizio veniva sollecitato il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. in relazione alla sopravvenuta abrogazione del reato. Se questo fosse davvero il quesito sul quale la Corte avrebbe omesso di pronunziarsi o meno non è possibile accertarlo con certezza, anche perchè il T. ha omesso produzione del ricorso originario e quindi non ha fornito elementi da cui possa ricavarsi il contenuto dell’attuale doglianza. La censura è quindi assolutamente generica ed inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso.

Potendosi ravvisare elementi di colpa nella presentazione di un ricorso inammissibile, il ricorrente va condannato al pagamento, oltre che delle spese processuali, anche di una somma alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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