Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 11-11-2011, n. 41047

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza in epigrafe il GUP presso il Tribunale di Bari ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di D.P. F. per i reati di truffa e appropriazione indebita per la sussistenza della causa di non punibilità integrata dall’art. 649 c.c. essendo stato commesso il fatto nei confronti di un discendente in linea retta, nella specie il figlio dell’imputato, e difettando la querela.

Avverso detta pronunzia ricorre la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari, lamentando, con un unico motivo violazione della legge penale non riscontrandosi nel caso concreto i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità in quanto i beni oggetto del delitto di truffa e di appropriazione indebita, coinvolti nel patrimonio di una azienda familiare condotta nelle forme di una snc, sono di proprietà della società e non del figlio dell’imputato pur coinvolto nell’attività di impresa e comunque socio della società. 2. – Il ricorso è fondato.

Come si legge nella stessa sentenza impugnata i veicoli oggetto di truffa e appropriazione indebita sono di proprietà aziendale, ossia – e più esattamente sotto il profilo tecnico-giuridico – intestati alla società commerciale e dunque in proprietà di quest’ultima.

Ciononostante, il GUP ha ritenuto comunque danneggiato il figlio dell’imputato, che riveste la qualità di socio della società; ha ritenuto, inoltre, che la querela presentata da questi nella dichiarata qualità, anzichè quale persona offesa, non possa valere come necessaria condizione di procedibilità ai sensi dell’art. 649 c.p..

In primo luogo, appare evidente come per il fondamentale principio della separazione patrimoniale tra società commerciale personale e socio illimitatamente responsabile per i debiti sociali, e il connesso effetto della preventiva escussione del patrimonio sociale e quindi, e in subordine, del patrimonio dei soci, si impone una soluzione diametralmente opposta a quella fatta propria dal giudice di merito.

In effetti, proprio in quanto appartenente alla società i beni in esame non appartengono ai soci; cosicchè persona offesa dal reato che li investe è direttamente la società e non i singoli soci della stessa. In secondo luogo, del tutto in conferente è il riferimento alla condizione di procedibilità integrata dalla querela: atto rilevante nel fatto in esame in quanto riferibile alla società danneggiata, ma del tutto irrilevante nel caso erroneamente prospettato dal giudice di merito (giacchè la causa di non punibilità, qualora sussistesse, maturerebbe a prescindere dalla presenza o meno di un atto di querela).

3. – Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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