Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-05-2012, n. 7789 Interruzione per morte o perdita della capacità della parte

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Massa accolse parzialmente la domanda proposta, con citazione notificata il 29 luglio 1986, dal sig. P.G. nei confronti dei propri fratelli E., F. e Fr., relativa alle obbligazioni connesse alla costruzione di una casa, e respinse la domanda riconvenzionale di uno dei convenuti ( P.F.), tutti costituitisi in giudizio.

Il sig. P.E. propose appello chiedendo dichiararsi, fra l’altro, la nullità della sentenza di primo grado per l’omessa declaratoria dell’interruzione del processo a seguito della morte del sig. Pa.Fr., dichiarata in udienza dal suo procuratore, e la conseguente estinzione del processo per omessa riassunzione nei termini.

Resistettero al gravame i sigg. P.G. e F., nonchè gli eredi del defunto Pa.Fr., sigg.ri P. M. e B.L., quest’ultimo rappresentato dalla madre esercente la potestà sig.ra Pa.El., i quali tutti proposero anche appello incidentale per la declaratoria di nullità della sentenza impugnata in quanto pronunciata dopo l’avvenuta interruzione del processo per il dichiarato decesso di Pa.

F..

La Corte di Genova ha accolto la censura di nullità della sentenza e ha dichiarato, altresì, estinto il processo come richiesto dall’appellante principale. Ha osservato che, per quanto la causa fosse stata trattenuta in decisione dal giudice monocratico all’udienza del 27 novembre 2003, dopo la precisazione delle conclusioni, tuttavia il medesimo giudice aveva poi fissato, con ordinanza del 25 febbraio 2006 depositata l’11 marzo successivo, una nuova udienza all’11 aprile 2006 "per chiarimenti". La causa era stata dunque rimessa in istruttoria e, avendo il procuratore di Pa.Fr. dichiarato all’indicata udienza il decesso del cliente, si era prodotto, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., u.c., l’effetto interruttivo. Da quella data era poi decorso invano il termine semestrale per la riassunzione del processo, che conseguentemente si era estinto.

I sigg. R.M.P., P.S. e P. S., eredi del sig. P.G., deceduto nelle more, hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura, illustrati anche da memoria. Il solo sig. P.M. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 300 c.p.c., u.c., si deduce che la Corte d’appello, nel ritenere che l’ordinanza del Tribunale 25 febbraio 2006 disponesse la rimessione della causa in istruttoria, ha violato "i principi e i criteri che presiedono allìinterpretazione degli atti e delle norme stesse che li raccolgono". Si osserva che l’ordinanza, dato il suo tenore letterale, non implicava la riapertura dell’istruttoria, tanto è vero che all’udienza, fissata per chiarimenti, non fu svolta alcuna attività difensiva, nè furono precisate nuovamente conclusioni, nè il giudice invitò le parti a tale incombente, ritenendo ormai preclusa qualsiasi attività difensiva; e che soccorre all’uopo anche l’interpretazione "autentica" dell’ordinanza data dallo stesso giudice di primo grado, il quale in sentenza afferma che la dichiarazione di avvenuto decesso del convenuto Pa.Fr. era stata resa dal difensore solo dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni e senza espressa richiesta di conseguente interruzione del procedimento, sicchè il contraddittorio era rimasto integro.

2. – Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, si deduce, sempre a proposito dell’interpretazione della predetta ordinanza da parte della Corte d’appello, l’illogicità e la violazione del prioritario canone ermeneutico del significato ordinario delle parole. Sulla premessa che l’ordinanza di fissazione della nuova udienza, di cui trattasi, era motivata con il rinvenimento del fascicolo di causa nel reparto "battitura sentenza in minuta", ove era stato collocato per un disguido non essendo stata emessa alcuna sentenza, si osserva che il fissare un’udienza per chiarimenti conseguenti a un disguido nella tenuta del fascicolo non significa rimettere la causa in istruttoria e consentire alle parti una ulteriore attività difensiva ormai preclusa; e ciò è tanto vero che poi una tale attività non è stata consentita nè richiesta, ma è stata emessa senz’altro la sentenza.

3. – Tali motivi, connessi e dunque da esaminare congiuntamente, non sono fondati per le seguenti, decisive ragioni.

E’ indiscusso che il Tribunale in composizione monocratica aveva prima trattenuto la causa in decisione e aveva poi, con ordinanza, fissato una nuova udienza davanti a sè "per chiarimenti".

Ciò comportava inevitabilmente il regresso del procedimento dalla fase decisoria a quella istruttoria, sia perchè i "chiarimenti" da assumere costituiscono appunto attività istruttoria, sia perchè le sole udienze che, secondo il codice di rito, si svolgono davanti al tribunale in composizione monocratica sono appunto quelle istruttorie, eccettuate le ipotesi – del tutto particolari e qui pacificamente non ricorrenti – di cui all’art. 281 quinquies c.p.c., comma 2, e all’art. 281 sexies.

Che poi all’udienza fissata sia stata o meno effettivamente svolta una particolare attività istruttoria, è questione che non può rilevare, essendosi il ritorno alla relativa fase ormai perfezionato e dovendosi intendere la locuzione "riapertura dell’istruzione", che figura all’art. 300 c.p.c., u.c., appunto nel senso di ritorno alla relativa fase processuale; fase nella quale, peraltro, è comunque possibile lo svolgersi di una – più o meno ampia a seconda delle preclusioni verificatesi – attività istruttoria.

4. – Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna dei soccombenti alle spese processuali, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore del controricorrente.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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