Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 11-11-2011, n. 41035

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Catanzaro dietro rinvio disposto da questa Corte con sentenza n. 27731 del 18.2.2010, in riforma della sentenza del GIP del Tribunale di Lamezia Terme, riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e con il concorso delle già riconosciute circostanze generiche equivalenti alla contestata recidiva, ha ridotto la pena inflitta a B.G. ad anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 4.500 di multa.

Avverso detta pronunzia ricorre il B. lamentando con un unico motivo l’erronea applicazione dell’attenuante ad effetto speciale giacchè la stessa, riconosciuta dai giudici è stata aggiudicata (per di più in concorso con le egualmente riconosciute attenuanti generiche) semplicemente equivalente e non prevalente rispetto alla recidiva contestata.

2. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

Questa Corte ha già espresso la sua giurisprudenza sulla fattispecie in esame, precisando che l’art. 69 c.p., u.c., così come sostituito dalla L. n. 251 del 2005, conferma la previgente disciplina che, in caso di concorso eterogeneo di circostanze, ammetteva il giudizio di comparazione anche per le circostanze c.d. autonome (che comportano una pena di specie diversa da quella prevista per il reato semplice), per le circostanze c.d. indipendenti (che comportano una pena della stessa specie, ma stabilita in modo indipendente rispetto alla pena del reato semplice), e per le circostanze inerenti alla persona del colpevole (tra cui la recidiva). Introduce, di poi, una novità:

predeterminando parzialmente l’esito del giudizio di bilanciamento, laddove vieta che le attenuanti possano essere ritenute prevalenti su alcune circostanze aggravanti, tra cui la recidiva reiterata di cui al predetto art. 99 c.p., comma 4. Da questo articolato sottosistema normativo deriva che, nella ipotesi di recidiva reiterata, il giudice: a) può non riconoscerla come espressione di maggior colpevolezza e pericolosità, e quindi non applicare il relativo aumento di pena; b) se la riconosce, nel giudizio di comparazione con eventuali circostanze attenuanti, non può ritenerla subvalente rispetto a queste. In altri termini, poichè anche la recidiva reiterata è facoltativa, il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva stessa opera soltanto quando il giudice ritenga applicabile quest’ultima. Mentre qualora il giudice non ritenga applicabile la recidiva, dovrà tener conto soltanto delle circostanze attenuanti, atteso che in tal caso non c’è alcuno spazio per il giudizio di comparazione (in tal senso è la costante giurisprudenza di legittimità, salvo una iniziale pronuncia che è rimasta isolata). Il divieto di prevalenza delle attenuanti è formulato in modo generale e assoluto, sicchè, quando operante, si applica sia per le attenuanti comuni ( art. 62 c.p.), sia per le attenuanti generiche (art. 62 bis c.p.), sia per le attenuanti speciali, come quella di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. (cfr. Cass. sez. 3, 25.9.2008, n. 45065, RV 241780). Conformemente a tali principi si è svolta la decisione nel caso di specie, avendo il giudice di merito riconosciuto la recidiva reiterata (anche infraquinquennale) come idonea a influire sul trattamento sanzionatorio, e avendo ritenuta quest’ultima equivalente rispetto alle varie attenuanti riconosciute (generiche, comune e speciale), in ordine ai criteri di dosimetria della pena.

Circa la dosimetria della pena deve per il resto rilevarsi che con il ricorso in apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta una valutazione del trattamento sanzionatorio più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, peraltro genericamente, questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez. 4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n 12/2000, Jakani, rv 216260).

3. – Ne discende, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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