Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-05-2012, n. 7785 Contratti e convenzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con citazione del 23 giugno 1986, O.R.S.E.A. s.r.l citò in giudizio il Comune di Sarno per sentirlo condannare alla corresponsione di quanto dovuto per l’alimentazione di 48 sbocchi e 68 fontane pubblici, e per la fornitura di acqua ai terremotati. Il comune resistette alla domanda eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione. Con sentenza n. 1089 del 26 luglio 1993, il Tribunale di Salerno accolse la domanda di pagamento dell’acqua fornita ai terremotati, e rimise le parti davanti all’istruttore per la determinazione dell’importo da corrispondere per la fornitura d’acqua a fontane e sbocchi pubblici nel periodo 1/10/1980 – 30/6/1981. All’udienza 30 settembre 1993, il Comune di Sarno formulò riserva di appello avverso l’indicata sentenza. Successivamente, il comune propose appello contro quella stessa sentenza, impugnando il capo con il quale il primo giudice aveva deciso sulla domanda di fornitura d’acqua ai terremotati, ma non anche il capo con il quale, non definitivamente pronunciando, aveva affermato la natura contrattuale dell’obbligazione di alimentazione di sbocchi e fontane pubblici. Quest’appello fu deciso con sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 260 del 1996.

La causa fu interrotta per il fallimento dell’attrice, e successivamente riassunta davanti al tribunale di Nocera Inferiore, di nuova istituzione, e deciso da G.O.A., con sentenza n. 158 del 26 aprile 2003, di accoglimento della domanda attrice e di condanna del comune al pagamento di quanto dovuto per l’alimentazione di fontane e sbocchi pubblici.

2. Con sentenza 12 settembre 2007, la Corte d’appello di Salerno, pronunciandosi sul gravame proposto dal comune avverso entrambe le sentenze, ha dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza 8 febbraio 1993 del tribunale di Salerno, e ha accolto per quanto di ragione l’appello contro la successiva sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore.

Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorre il Comune di Sarno per due motivi. Il fallimento resiste con controricorso e ricorso incidentale per due motivi.

Il Comune di Sarno ha depositato memoria con cui eccepisce tra l’altro la tardività del controricorso e ricorso incidentale.

Motivi della decisione

3. Il controricorso con il ricorso incidentale del fallimento è stato notificato il 10 marzo 2008, e quindi dopo la data 8 marzo 2008, di scadenza del termine di quaranta giorni dalla notifica del ricorso principale, avvenuta il 28 gennaio 2008, tenuto conto del fatto che si trattava di anno bisestile.

Vero è che il giorno 8 marzo 2008 cadeva di sabato. Il termine in questione è certamente compreso fra quelli "per il compimento degli atti processuali svolti fuori dall’udienza" di cui all’art. 155, comma 5, nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. f), con la conseguenza che, ove il dies ad quem del medesimo vada a scadere nella giornata di sabato, esso è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo. Tuttavia la disposizione che ha introdotto nell’art. 155 c.p.c., comma 5, entrata in vigore il giorno 1 gennaio 2006, si applica solo ai procedimenti instaurati successivamente a tale data ( L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 4, cit.), e quindi non al presente giudizio, iniziato nel 1986.

Occorre aggiungere che la cit. L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 4, è stato modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, e l’applicabilità della novella dell’art. 155 c.p.c., è stata estesa ai giudizi pendenti alla data 1 marzo 2006. Tuttavia la citata disposizione della L. n. 69 del 2009, posteriore alla scadenza del termine per notificazione del controricorso e del ricorso incidentale nel presente giudizio, non è applicabile retroattivamente, rimanendo gli atti processuali eseguiti in precedenza regolati dalle norme in vigore al tempo del loro compimento, per il principio tempus regit actum. Il controricorso e il ricorso incidentale sono pertanto tardivi e inammissibili.

4. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 340 c.p.c., comma 3, artt. 358 e 324 c.p.c.. Si deduce che l’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte abbia riservato l’impugnazione è inammissibile, ma non preclude l’impugnazione unitamente alla sentenza definitiva. Nella fattispecie la prima sentenza era stata impugnata e decisa in appello, nel merito, limitatamente alla parte in cui si pronunciava parzialmente ma definitivamente su una domanda.

Si formulano i seguenti quesiti di diritto: – Se l’impugnazione immediata proposta dalla parte che ne abbia già fatto riserva produca l’inefficacia della riserva oppure tale conseguenza derivi solo dalla circostanza che l’appello sia stato proposto da parti diverse da quella che ha formulato la riserva;

– Se l’impugnazione immediata della sentenza non definitiva effettuata dopo la riserva di appello e solo per i capi su cui la sentenza stessa si è pronunciata in via definitiva produca giudicato interno rispetto alle parti della sentenza non impugnate immediatamente.

5. Il ricorso è infondato. E’ consolidato nella giurisprudenza di questa corte il principio che, in tema d’impugnazioni, nell’ipotesi di cumulo di domande tra gli stessi soggetti, è da considerarsi non definitiva, agli effetti della riserva d’impugnazione differita, la sentenza con la quale il giudice si pronunci su una (o più) di dette domande con prosecuzione del procedimento per le altre, senza disporre la separazione ex art. 279 c.p.c., comma 2, n. 5, e senza provvedere sulle spese in ordine alla domande (o alle domande) così decise, rinviandone la relativa liquidazione all’ulteriore corso del giudizio (Sez. Un. 8 ottobre 1999 n. 711; Sez. Un. 28 aprile 2011 n. 9441).

Nel caso in esame, il Tribunale di Salerno aveva pronunciato su due diverse domande proposte nei confronti del Comune di Sarno, su una di esse in via definitiva, e sull’altra in via non definitiva, senza separare le due cause e senza provvedere sulle spese, rimandate pertanto al definitivo. In base alla giurisprudenza sopra ricordata, la sentenza doveva considerarsi non definitiva, e la riserva formulata tempestivamente dal Comune di Sarno valida. Lo stesso ente, tuttavia, ha poi proposto appello immediato nei confronti della stessa sentenza.

In tale situazione, avendo il giudice dell’appello contro la sentenza definitiva deciso nel merito, sul presupposto dell’inefficacia della riserva, ed essendo la sentenza del giudice d’appello passata in cosa giudicata, è ininfluente il rilievo del ricorrente, che l’appello proposto dalla stessa parte non poteva rendere inefficace la riserva validamente formulata, giacchè quest’argomento andava considerato nel primo giudizio di appello, traducendosi nella conseguenza dell’inammissibilità dell’appello contro la sentenza non definitiva, per la perdurante efficacia della riserva. In mancanza di ciò, quell’appello ha prodotto pienamente i suoi effetti, travolgendo la riserva precedente. E di ciò non può dolersi la parte che vi ha dato causa. La disciplina dell’art. 340 c.p.c., è ispirata alla ratio che le impugnazioni contro la medesima sentenza non definitiva non possono essere frazionate e richiedono trattazione congiunta, con la conseguenza che la proposizione dell’impugnazione esaurisce il potere della parte, e rende inammissibile la successiva impugnazione della stessa sentenza, sebbene con riferimento a capi differenti.

6. Il motivo deve essere pertanto respinto in conformità del principio di diritto per il quale, in presenza di impugnazione proposta contro una sentenza non definitiva, l’efficacia della riserva precedentemente formulata dalla stessa parte impugnante non sopravvive alla sentenza che pronunci nel merito dell’impugnazione, con la conseguenza che la successiva impugnazione della sentenza non definitiva è in ogni caso inammissibile.

7. Il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la corte omesso di pronunciarsi nel merito del motivo d’appello vertente sull’impossibilità della proroga legale del contratto, è inammissibile, non essendosi il giudice di merito pronunciato nel merito della causa, e avendo invece dichiarato inammissibile l’appello.

8. In conclusione il ricorso è respinto. Le spese del giudizio di legittimità, tenuto conto della reciproca soccombenza, sono compensate tra le parti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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