Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-10-2011) 11-11-2011, n. 41335

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.M.T. ricorre per cassazione a mezzo del suo difensore contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la decisione del Tribunale di Ferrara, con la quale era stata condannata alla pena di giustizia in ordine al reato di cui all’art. 385 c.p. in relazione alla L. n. 354 del 1975, art. 47 ter, comma 10 – per essersi allontanata dalla propria abitazione, ove era detenuta in regime di detenzione domiciliare, prima della ore 15,00, come da provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Bologna in data 30/3/04.

A sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione denuncia l’erronea applicazione della legge penale e il difetto di motivazione, censurando i giudici del merito i quali erroneamente avevano rigettato la richiesta di riqualificazione del fatto come evasione in regime di detenzione domiciliare speciale, quale madre di prole di età non superiore ai dieci anni, la cui punibilità è configurabile solo se l’assenza ingiustificata si protrae per più di dieci ore ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 47 quinquies, a nulla rilevando che il provvedimento impositivo avesse ad oggetto il regime di detenzione domiciliare comune, non essendo imputabile per le particolari condizioni di nomade l’ignoranza del precetto penale.

Inoltre doveva essere valutata a favore dell’imputata la circostanza che il provvedimento impositivo non faceva esplicito riferimento all’abitazione della stessa; era dato pacifico che costei vivesse in un campo nomadi e non era provato che all’atto dell’intervento degli operanti l’imputata si trovasse al di fuori di esso.

Il ricorso è inammissibile, perchè difetta di specificità, risolvendosi in una riproposizione delle medesime doglianze, già formulate in sede di appello, valutate e respinte dal giudice del gravame con motivazione immune da vizi logici o interne contraddizioni, laddove valorizza il contenuto del provvedimento di ammissione dell’imputata alla detenzione domiciliare, dal quale emerge che la S. era ammessa alla detenzione domiciliare comune e non a quella speciale in quanto madre.

Gli altri argomenti difensivi involgono questioni di fatto, non valutabili in sede di scrutinio di legittimità.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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