Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con il proposto gravame la società ricorrente, la quale nel 2005 aveva ottenuto, ai sensi dell’art.2, comma 6, del DPR n.115/2004, il rilascio dell’autorizzazione a prestare fideiussioni in relazione all’affidamento di lavori pubblici, ha impugnato la determinazione, in epigrafe indicata, con cui l’intimato ministero, sulla base di una segnalazione della Banca d’Italia, ha disposto la revoca della menzionata autorizzazione, essendo risultato che l’odierna istante non aveva ottemperato agli obblighi derivanti da alcuni contratti di fideiussione tutti stipulati in settori diversi dai lavori pubblici.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:
1) Invalidità del provvedimento di revoca per omessa indicazione della data;
2) Violazione e falsa applicazione dell’art.2 del DPR n.115/2004. Contraddittorietà. Eccesso di potere. Disparità di trattamento. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità. Irragionevolezza. Sviamento di potere. Carenza di motivazione;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art.2 del DPR n.115/2004. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Erroneità. Eccesso di potere;
4) Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere. Erroneità. Irragionevolezza. Violazione del principio di parità di trattamento. Violazione e falsa applicazione dell’art.1 della L. n.241/1990;
5) Violazione dei principi generali in materia di revoca di atti amministrativi e segnatamente dell’art. 21 quinquies della L. n.241/1990. Omessa motivazione sull’interesse pubblico specifico ed attuale alla revoca. Violazione del principio del contrarius actus. Violazione del principio di stretta proporzionalità della revoca sanzione rispetto al preteso illecito amministrativo. Difetto di istruttoria e di ragionevolezza della decisione. Violazione dei principi comunitari e costituzionali di equità e proporzionalità. Violazione ob relationem art.1 della L. n.241/1990. Violazione per analogia dell’obbligo di predecisione amministrativa di cui all’art.10 bis della L. n.241/1990. Violazione del principio del giusto procedimento e della integrità del contraddittorio e del diritto di difesa;
6) Questione di illegittimità costituzionale. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Successivamente la ricorrente ha proposto i seguenti ulteriori motivi di doglianza con i quali ha impugnato oltre ai precedenti provvedimenti gravati in via principale anche il DPR n.115/2004, deducendo a tal fine le seguenti censure:
7) Violazione del principio della riserva assoluta in materia di provvedimenti sanzionatori ex art.97 della Costituzione e del principio di tassatività della fattispecie incriminatrice di cui all’art.13 della Costituzione applicabile ai procedimenti amministrativi. Illegittimità dell’art.2 comma 6 del DPR n.115/2004 per violazione del codice dei contratti approvato con DPR n.163/2006 (già art.30 della legge n.109/1994);
8) Violazione dei principi generali del diritto amministrativo in materia sanzionatoria. Illegittimità sotto altro profilo dell’art.2, comma 6, del DPR n.115/2004. Violazione del principio di tipicità e tassatività della contestazione degli addebiti. Difetto di istruttoria e omissione della richiesta di controdeduzioni.
Si è costituito l’intimato Ministero contestando con dovizia di argomentazioni la fondatezza delle dedotte doglianze e concludendo per il rigetto delle stesse.
E’ intervenuta ad opponendum la spa M.M., la quale nel giustificare il proprio intervento sul presupposto che si era classificata seconda in una gara nella quale la prima classificata aveva prestato la cauzione provvisoria presentando a tal fine una polizza rilasciata dalla società ricorrente, ha confutato la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 2.11.2011 il gravame è stato assunto in decisione.
Motivi della decisione
Con il proposto gravame la società ricorrente, la quale nel 2005 aveva ottenuto, ai sensi dell’art.2, comma 6, del DPR n.115/2004, il rilascio dell’autorizzazione a prestare fideiussioni in relazione all’affidamento di lavori pubblici, ha impugnato la determinazione, in epigrafe indicata, con cui l’intimato ministero, sulla base di una segnalazione della Banca d’Italia, ha disposto la revoca della menzionata autorizzazione, essendo risultato che l’odierna istante non aveva ottemperato agli obblighi derivanti da alcuni contratti di fideiussione tutti stipulati in settori diversi dai lavori pubblici.
Da rigettare è il primo motivo di doglianza con cui è stata prospettata l’illegittimità del gravato provvedimento di revoca in quanto privo della data di adozione dello stesso.
In merito il Collegio, in linea con una precedente sentenza in argomento (Tar Puglia, Bari, Sez.II, n.53/2010) sottolinea che la mancanza di data non è elemento di per se idoneo a determinarne l’illegittimità, non costituendo un requisito essenziale, la cui mancanza comporti de iure la nullità dell’atto, ma semplicemente un elemento della forma di esso, che può dar luogo ad un vizio dell’atto medesimo quando abbia particolare influenza sul procedimento logico e terminativo del provvedimento, sicché l’omissione della data sull’atto della pubblica amministrazione (da presumersi quale semplice errore materiale) "non ne esclude la validità e l’efficacia, sia quando sussista altro fatto che dia la certezza di quella data e sia quando la data non sia particolarmente rilevante per la realizzazione del fine cui tende l’atto stesso" (Cassazione civile, sez I, 28 marzo 1983, n. 2214). La presenza – come è dato individuare nella fattispecie in esame – del timbro postale di spedizione del provvedimento impugnato, costituisce pertanto elemento aliunde percepto idoneo a comprovarne anche la data.
Nè ad inficiare la fondatezza della tesi avallata dalla Sezione risultano essere conferenti i rilievi ricorsuali secondo cui nella fattispecie in esame la data risultava essere particolarmente rilevante " sia perchè rappresenta la conclusione di un procedimento iniziato in data 13.12.2010 il cui termine per la conclusione era di 90 giorni, sia in quanto la data rappresenta il dies a quo dal quale far decorrere eventuali impugnazioni".
In merito deve essere osservato che:
a) il termine di 90 gg per l’adozione del provvedimento di revoca ha natura procedimentale, il cui eventuale sforamento, per giurisprudenza consolidata, la cui notorietà esime il Collegio da ogni citazione in argomento, non inficia la legittimità del provvedimento di ritiro;
b) il dies a quo per impugnare il provvedimento di revoca inizia a decorrere non dalla sua data di adozione ma dalla data di comunicazione dello stesso.
Con il secondo motivo di doglianza è stata prospettata la violazione dell’art.2, comma 6, del DPR 115/2004 il quale testualmente stabilisce che l’autorizzazione a prestare fideiussioni in relazione all’affidamento di lavori pubblici è revocata qualora si accerti che l’intermediario non abbia ottemperato agli obblighi derivanti anche da un singolo contratto di fideiussione, stipulato anche in settori di attività diversi da quello delle opere pubbliche.
In la società ricorrente ha fatto presente che:
a) le fattispecie cui ha fatto riferimento la contestata determinazione di revoca erano oggetto di contenzioso e pertanto, non poteva ritenersi definitivamente accertato il presupposto (mancato adempimento agli obblighi derivanti da un singolo contratto di fideiussione) che ne aveva giustificato l’adozione;
b) tale interpretazione risultava avallata implicitamente dal resistente Ministero il quale su 13 posizioni inizialmente contestate con la comunicazione del 13.12.2010 relative a n.16 fideiussioni emesse ha, contraddittoriamente, ritenuto che per n.5 posizioni non risultava accertato l’inadempimento essendo in corso contenziosi dinanzi l’organo giudiziario competente, mentre ha ritenuto sussistente il presupposto legittimante l’adozione del contestato provvedimento con riferimento a n.4 posizioni (nn.1, 2, 3, 7 e 9 del provvedimento di revoca) per le quali era in corso un contenzioso ed a una posizione (n.9) per la quale era stata regolarmente pagata la polizza.
La fondatezza della prospettazione ricorsuale è stata contestata dalla resistente amministrazione la quale, senza giustificare in alcun modo l’asserita e palese contraddittorietà del proprio operato, ha sostenuto che poichè la finalità del citato DPR è quella di garantire nel settore di lavori pubblici il rilascio di garanzie da parte di intermediari finanziari affidabili e in possesso di adeguata solidità patrimoniale, la tesi ricorsuale comporterebbe che qualsiasi contenzioso giurisdizionale avente ad oggetto l’inadempimento della polizza fideiussoria, anche il più pretestuoso, finirebbe con il paralizzare il potere di revoca dell’amministrazione per un tempo indeterminato, privando così di concreta efficacia il disposto normativo con sacrificio dell’interesse pubblico nel delicato settore degli appalti pubblici.
Ciò considerato, il Collegio osserva che l’esigenza di assicurare nel settore degli appalti pubblici il rilascio di polizze fideiussorie da parte di intermediari in possesso di adeguata stabilità patrimoniale è tutelata dal fatto che i suddetti intermediari, come l’odierna ricorrente, iscritta nell’elenco speciale di cui all’art.107 del TUB, sono sottoposti alla vigilanza prudenziale della Banca d’Italia ed a revisione contabile da parte di società iscritte nell’albo dei revisori, per cui non può in alcun modo ritenersi che l’inadempimento agli obblighi derivanti da un singolo contratto di fideiussione possa automaticamente comportare un giudizio negativo in ordine alla solidità patrimoniale dell’istituto che aveva rilasciato la polizza.
Per quanto concerne l’altro aspetto connesso al requisito dell’affidabilità il Collegio sottolinea che la tesi di fondo fatta propria dalla gravata determinazione individua sic et simpliciter nelle garanzie fideiussoria a prima richiesta nella mancata ottemperanza agli obblighi derivanti dalla polizza un mero inadempimento imputabile.
Al riguardo, come rilevato dalla società ricorrente alla luce della giurisprudenza in materia copiosamente richiamata, l’ordinamento ha consentito anche nel caso di contratti autonomi di garanzia al garante di opporre eccezioni in grado di giustificare l’inadempimento agli obblighi sullo stesso gravanti, anche per non pregiudicare l’esercizio del proprio diritto di rivalsa nei confronti del soggetto garantito, per cui, in ossequio al principio di ragionevolezza e di certezza del diritto non può dubitarsi che l’accertamento richiesto ai fini dell’esercizio del potere di revoca sia quello riservato all’autorità giurisdizionale.
Tale conclusione risulta, infine, avvalorata dalla circostanza che a seguire la tesi della resistente amministrazione il garante in presenza di una richiesta di escussione illegittima sarebbe sostanzialmente obbligato ad adempiere al fine di evitare la revoca dell’autorizzazione, con conseguente pregiudizio del proprio diritto di difesa e del diritto di rivalsa.
In tale contesto, quindi, in linea con quanto prospettato dall’odierna istante, l’invocato art.2, comma 6, deve essere interpretato nel senso che la suddetta norma richiede che l’inadempimento degli obblighi derivanti da un singolo contratto di fideiussione sia accertato in sede giurisdizionale, non essendo a tal fine sufficiente un accertamento da parte dell’intimato Ministero, che nella fattispecie in esame, peraltro, risulta essere stato effettuato tenendo conto del mero dato oggettivo dell’avvenuto inadempimento senza alcuna specifica ed analitica valutazione delle circostanze addotte dalla ricorrente che lo avevano giustificato.
Ciò premesso, la doglianza in esame è fondata, ed il proposto gravame deve essere accolto, con conseguente assorbimento delle altre doglianze dedotte.
Da rigettare è invece la proposta azione risarcitoria stante la genericità della sua formulazione e tenuto conto, altresì, che la gravata determinazione è stata sospesa dalla Sezione con ordinanza n.1258 del 7.4.2011, confermata dall’ordinanza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato n.3128 del 20.7.2011.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n.2285 del 2011, come in epigrafe proposto, accoglie la proposta azione impugnatoria, e, per gli effetti, annulla la gravata determinazione di revoca e rigetta l’azione risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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