T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 15-12-2011, n. 1740

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La F. S.I.S. coop. Onlus ha partecipato, in raggruppamento con E.E. s.p.a. ed E. s.p.a. alla gara indetta dal Comune di Brescia per l’affidamento del servizio di accertamento liquidazione ICI per il periodo dal 1.05.2010 al 30.04.2014.

Tale procedura ad evidenza pubblica ha visto aggiudicataria la controinteressata A. s.r.l., ma, a seguito del ricorso presentato dalla F. S.I.S. coop. Onlus (di seguito F. Onlus), con sentenza di questo Tribunale n. 687 del 2010 il provvedimento finale è stato annullato sulla scorta della ravvisata carenza istruttoria nel procedimento che aveva condotto alla sua adozione, con specifico riferimento al mancato versamento del capitale sociale richiesto per l’iscrizione all’albo dei concessionari e alla mancata produzione di una polizza idonea alla copertura di tale carenza a causa sia della cancellazione di uno dei soci della controinteressata dall’elenco degli operatori finanziari, sia dalla natura né bancaria, né assicurativa delle polizza prodotta.

Successivamente a tale pronuncia il Comune di Brescia ha riaperto il procedimento di verifica del possesso dei requisiti richiesti in capo alla miglior offerente chiedendo, in particolare, al Ministero se, a prescindere dal dato formale del mantenimento dell’iscrizione, la società controinteressata, alla data di scadenza del 13 aprile 2010, possedesse in concreto i requisiti prescritti per l’iscrizione all’Albo dei gestori delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, nonché la conferma dei requisiti alla data della richiesta stessa.

Alla Camera di Commercio, invece, il Comune chiedeva se la cancellazione della società M. spa dall’albo degli intermediari di cui all’art. 106 del TUB "avrebbe fatto perdere alla fideiussione i requisiti di cui all’art. 2464, co. 4, c.c., determinando il venir meno della quota di capitale versata dalla socia A. e se, quindi, in tale situazione il capitale sociale sarebbe divenuto inferiore a 10.000.000 di euro".

Il Ministero si limitava ad attestare che la A. "alla data del 13 aprile 2010 possedeva i requisiti per l’iscrizione nell’albo di cui all’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446" e che "la società in argomento risulta attualmente iscritta al numero 107 dell’albo di cui sopra".

La Camera di Commercio, invece, ha attestato la regolarità dell’iscrizione, ma tenuto conto degli atti depositati nell’autunno 2010, che hanno condotto alla riduzione del capitale sociale, in parte (2.400.000 Euro) coperto con polizza fideiussoria rilasciata non più in forza del comma 4 dell’art. 2464, ma del comma 6 dello stesso e cioè a garanzia non del versamento del denaro, ma dell’adempimento dell’obbligo assunto di conferire servizi o di eseguire prestazioni d’opera.

In ragione di ciò il Comune ha ritenuto di procedere all’aggiudicazione definitiva a favore di A., medio tempore trasformatasi da spa in s.r.l..

La F. Onlus ha ravvisato delle illegittimità in tali conclusioni, anche in considerazione del fatto che, da un attento esame della documentazione emergerebbe come, anche a seguito della riduzione di capitale sociale a 5 milioni di euro disposta dall’assemblea nella seduta del 14 settembre 2010, la quota di 2.400.000 Euro non versati avrebbe dovuto essere coperta da una fideiussione Eurofidi a copertura della sottoscrizione e del conferimento di denaro da parte del socio Tributinet, ai sensi del comma 4 dell’art. 2464 c.c.. Solo il successivo 20 dicembre 2010 l’Assemblea ha "precisato" che tale quota del capitale sociale sarebbe stata coperta mediante fideiussione a garanzia del conferimento di servizi da parte del socio Tributinet. Peraltro in tal modo Eurofidi scarl avrebbe garantito un proprio socio (Tributinet), con evidente, secondo la parte ricorrente, lesione della funzione di garanzia esterna che la fideiussione dovrebbe possedere.

Per tutte queste ragioni, la F. Onlus ha notificato il ricorso in esame, deducendo:

1.violazione dell’art. 2464 cod.civ.. Nell’adottare la nota 91064 del 28 marzo 2011 e il presupposto giudizio del Giudice del Registro delle Imprese, l’Amministrazione sarebbe incorsa nella violazione di tale norma in quanto l’aumento di capitale, che in nessun punto risulta essere in termini di fornitura di servizi, è stato coperto con fideiussione, nonostante la norma fosse inattuata e comunque producendo una garanzia proveniente da un soggetto non ammesso dalla legge, quale un intermediario finanziario (a tal fine richiama TAR Campania, 18 febbraio 1999, n. 448, secondo cui non può riscontrarsi una completa assimilazione degli istituti bancari con gli intermediari finanziari);

2. violazione degli artt. 53, comma 1 d. lgs. 446/1997, 32 d.l. m- 185 del 2008 e ss.mm., 3 bis del d.l. n. 40/2010 e 2464 del codice civile, con riferimento alla nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 831/2001. La controinteressata non avrebbe potuto essere legittimamente iscritta all’albo dei concessionari, né alla data del 13 aprile 2010, né alla data del 24 gennaio 2011, in quanto, a prescindere dalla rilevanza temporale del possesso del requisito, in entrambe i casi il capitale sociale non poteva ritenersi interamente sottoscritto perché, anche laddove si accedesse alla tesi dell’ammissibilità della fideiussione a garanzia della prestazione di servizi, in luogo di denaro, la fideiussione sarebbe stata rilasciata da un soggetto diverso da una banca o assicurazione;

3. violazione degli artt. 53, comma 1 d. lgs. 446/1997, 32 d.l. m- 185 del 2008 e ss.mm., 3 bis del d.l. n. 40/2010 e 2464 del codice civile, con riferimento al verbale di aggiudicazione definitiva, che, oltre a scontare l’illegittimità derivata da quella degli atti precedenti, sarebbe stato illegittimamente adottato in violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 e, quindi, dei principi posti a garanzia della partecipazione al procedimento.

Il Comune si è dapprima limitato alla sola costituzione in giudizio.

La controinteressata, invece, ha notificato e depositato un ricorso incidentale, volto ad annullare gli atti con cui è stata disposta l’ammissione alla gara del raggruppamento ricorrente principale.

A tal fine essa ha dedotto:

1.1. violazione del comma 25 bis dell’art. 3 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito nella legge 248/2005, il quale prevede che Riscossione s.p.a. e le società da essa controllate possano svolgere attività di riscossione dal 1 gennaio 2011 e altre attività (tra cui accertamento e liquidazione) dal 1 gennaio 2012 (coma da modifica apportata con DL 303 del 29 dicembre 2010).

1.2. violazione della bozza del decreto legge n. 70/2011, il quale sembrerebbe prevedere che a decorrere dall’1 gennaio 2012 E. debba cessare ogni attività di accertamento, liquidazione e riscossione. Ciò sarebbe sintomatico della volontà del legislatore di escludere tale società dalla futura prestazione del servizio.

La controinteressata si è anche costituita in giudizio, eccependo, in primo luogo, la carenza di periculum in mora. Nel merito sarebbe inammissibile la censura avverso il verbale di aggiudicazione del 18 aprile 2011, in quanto il Comune, come affermato nella sentenza che ha definito il precedente giudizio, non avrebbe avuto competenza a censurare la legittimità dell’iscrizione all’albo dell’offerente, ma avrebbe dovuto limitarsi a formulare uno specifico quesito all’Autorità competente: cosa che il Comune ha provveduto a fare.

Inoltre il ricorso sarebbe inammissibile, in quanto la valutazione della legittimità dell’operato delle autorità interpellate sarebbe estranea al giudizio. In ogni caso l’aggiudicazione sarebbe perfettamente legittima in quanto frutto del recepimento del giudizio del Giudice del registro delle imprese.

Rispetto a quest’ultimo la ricorrente sarebbe priva di legittimazione ad agire, in quanto il Giudice del registro, Autorità delegata dal Presidente del Tribunale, sarebbe, come sostenuto nella memoria di costituzione, "chiamato a svolgere un’indagine di legittimità compiuto da un organo dell’ Autorità Giudiziaria poiché consiste in un controllo esteriore di legalità concernente la gestione di un pubblico registro che non incide su diritti soggettivi" delle parti pur direttamente coinvolte (ed ancor meno di terzi). Tant’è che l’ art. 2192 prevede che avverso il provvedimento del Giudice è previsto il ricorso al Tribunale civile dal quale dipende l’Ufficio del Registro. Conseguentemente si porrebbero, quindi, un problema di giurisdizione, oltre che di competenza territoriale, in quanto il provvedimento del Giudice del registro di Roma sarebbe attratto nella competenza territoriale del TAR Lazio.

Le censure sarebbe comunque infondate, poiché, esclusa ogni ipotesi di falso, nel verbale di assemblea del 10 settembre 2009 dei soci di TRIBUTI net si attesta che in relazione alla richiesta di aumento di capitale sociale da parte di A. Srl "gli altri soci si trovano nella impossibilità di aderire alla sottoscrizione, come invece preventivato prima del sisma, mediante conferimento di immobili in quanto tale possibilità, allo stato, è impedita dal disposto dell’art. 3, comma 5 del decreto legge 28/04/2009, convertito con legge n. 77 del 24/06/2009 che vieta l’alienazione degli immobili per il biennio successivo e che pertanto l’aumento dovrà essere fatto interamente con conferimento di servizi ai sensi dell’art. 2464 c. del codice". Anche nei successivi verbali e contratti stipulati, si ripeterebbe la suddetta volontà di procedere al conferimento del capitale in forma di servizi. Ne risulterebbe dimostrato che l’aumento di capitale è stato approvato ai sensi del comma 6 dell’art. 2464, con relativa rilevanza della fideiussione solo in caso di mancata esecuzione dei servizi conferiti.

Infine la ricorrente incidentale ribadisce la pretesa illegittimità dell’art. 32 comma 7 bis della L 2/09 (che imponeva un capitale di 10 milioni), laddove si ritenesse di dover entrare nel merito della sua applicabilità anche nel giudizio in corso.

La ricorrente principale ha, quindi, replicato al ricorso incidentale, eccependone l’inammissibilità per violazione del principio del ne bis in idem: le questioni poste sono state, infatti, già dedotte e oggetto di pronuncia nella sentenza n. 4858/2010. Il ricorso sarebbe altresì tardivo e nel merito infondato, pretendendo l’applicazione di una disposizione ( d.l. 70/11) non ancora entrata in vigore all’atto della pubblicazione della procedura di gara e, quindi, inapplicabile alla fattispecie per il principio "tempus regit actum".

In sede cautelare questo Tribunale ha ravvisato le condizioni per la concessione della richiesta misura cautelare.

In vista della pubblica udienza, il Ministero dell’Economia e Finanze ha rappresentato di aver verificato la permanenza dei requisiti, in capo alla società oggetto dell’accertamento, in base ai dati già posseduti in conseguenza dell’accertamento annualmente compiuto in tal senso, senza, peraltro farsi "carico della problematica dedotta nell’odierno ricorso, in quanto non dedotta nella richiesta di informazioni pervenute" (così la memoria della difesa erariale).

Il Comune, per parte sua, ha prodotto una memoria nella quale ha sostenuto la legittimità del proprio operato, avendo lo stesso provveduto a compiere quell’istruttoria che la precedente sentenza di questo Tribunale aveva ritenuto carente. Solo in esito ai riscontri positivi di tale attività procedimentale, il Comune – che ha ritenuto di dover accertare solo il quantum del capitale sociale e non anche il quomodo – ha provveduto a rinnovare l’aggiudicazione definitiva, di ciò notiziando anche la ricorrente che, quindi, non avrebbe ragione di dolersi della pretesa omessa partecipazione al procedimento.

La controinteressata, invece, ha incentrato la propria difesa sul fatto che tutte le questioni dedotte si incentrerebbero sulla corretta sottoscrizione dell’aumento di capitale di A., senza considerare che ciò inciderebbe comunque sulla "categoria" di inclusione, ma non anche sull’iscrizione all’albo. Poiché nel caso di specie non si tratterebbe dell’affidamento di una concessione di pubblico servizio, ma solo di un’"attività di supporto" all’esercizio del potere tributario, la stazione appaltante non avrebbe nemmeno dovuto pretendere il requisito dell’iscrizione (Cons. Stato, V, sentenza n. 1878/06), ma ferma restando la sua richiesta nel bando, la stessa non può essere letta come necessariamente riferita alla categoria di capitale superiore.

Sono state, quindi, ribadite le eccezioni già formulate precedentemente con riferimento agli altri profili della vicenda.

Parte ricorrente ha sottolineato, ancora una volta, come la fideiussione presentata all’atto della partecipazione alla gara provenisse da un soggetto (la M. s.p.a.) nemmeno autorizzato a rilasciare fideiussione per la partecipazione ad appalti di lavori, come accertato dal Tar Campania nella sentenza 643 del 2 febbraio 2011, non essendo mai stata iscritta nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del d. lgs. 385/90. Tutto il resto ed in particolare la regolarizzazione cui la società ha provveduto successivamente, non può avere rilevanza nel giudizio avente ad oggetto la situazione esistente al momento della presentazione della domanda.

In replica alla coeva memoria della controinteressata, parte ricorrente ha, quindi, eccepito la tardività del nuovo rilievo della prima che, nel modificare completamente la propria strategia difensiva, ha per la prima volta sostenuto che l’iscrizione all’Albo non fosse nemmeno necessaria. Ciò implicherebbe, però, secondo F. sistemi, la tempestiva impugnazione del bando che tale requisito prevedeva, la quale non c’è stata.

Il Comune si è limitato a sostenere che quanto affermato dalla difesa erariale, in ordine alla pretesa carenza del quesito posto dal Comune stesso, non corrisponderebbe alla realtà.

Alla pubblica udienza del 30 novembre 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Deve essere preliminarmente esaminato, in quanto di natura paralizzante, il ricorso incidentale presentato da A. S.r.l..

A tale proposito si deve precisare come il comma 25 bis dell’art. 3 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito nella legge 248/2005, che posticipa il termine a decorrere dal quale sarà possibile la partecipazione alla gare di Riscossione s.p.a. e delle società da essa controllate, è entrato in vigore dopo la pubblicazione del bando.

Ne discende, a prescindere da ogni considerazione in ordine all’eccepita tardività, il rigetto del ricorso incidentale nella parte in cui tende all’applicazione della disposizione contenuta nel D.L. 70/11, peraltro inammissibile nella restante parte per violazione del principio del ne bis in idem.

Con tale ricorso incidentale, infatti, sono state riproposte le stesse questioni già dedotte nell’ambito del precedente giudizio e definite con sentenza n. 4858/2010.

Il ricorso principale, invece, merita accoglimento.

Le determinazioni assunte dal Comune non appaiono convincenti per una pluralità di ragioni che si andranno ad esaminare nel prosieguo.

In primo luogo, con verbale di assemblea del 14 settembre 2010, la società A. ha ridotto il proprio capitale sociale da 10.000.000 a 5.000.000, in ragione della sopravvenuta modifica della norma che ha ridotto a tale somma l’ammontare del capitale sociale richiesto per la prestazione di servizi di riscossione a favore di comuni compresi tra 10.000 e 200.000 abitanti. A prescindere dalla conformità alla legge di tale circostanza è peraltro innegabile che, ad oggi, non sussiste più quella consistenza del capitale sociale che era stata richiesta al momento della partecipazione alla gara. Ciò determina, a parere del Collegio, un’illegittima lesione della par condicio tra i concorrenti.

Né può rilevare, in questa sede, quanto sostenuto da parte resistente in ordine alla pretesa violazione del principio di proporzionalità della richiesta, di cui al bando, del superiore importo di 10 milioni di Euro. Questione, quest’ultima che ha anche condotto alla rimessione alla Corte di Giustizia, per violazione della direttiva servizi, della normativa italiana che ha imposto il requisito dei capitale sociale in misura pari a 10 o 5 milioni di Euro a seconda della popolazione residente. Ciononostante, nel caso di specie, la censura non è mai stata formalmente introdotta nel ricorso in esame, che non vede nemmeno impugnato il bando che tale requisito prescriveva. Ne consegue che il requisito che doveva essere posseduto all’atto della presentazione della domanda, è senz’altro venuto successivamente meno, violando il principio per cui i requisiti debbono essere posseduti anche al momento dell’esecuzione della prestazione. Tale conclusione rende privo di interesse l’accertamento della regolarità della sottoscrizione del capitale sociale ridotto a 5 milioni, operato nel settembre 2010, in quanto al Comune competeva di verificare la sussistenza del prescritto requisito con riferimento al momento della presentazione della domanda.

Ciò chiarito, il riferimento normativo applicabile al caso di specie è rappresentato dall’art. 2464 del codice civile, il quale recita: "Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il venticinque per cento dei conferimenti in danaro e l’intero soprapprezzo o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Il versamento può essere sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con le caratteristiche determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; in tal caso il socio può in ogni momento sostituire la polizza o la fideiussione con il versamento del corrispondente importo in danaro. Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255. Le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione.".

Alla data di riferimento, e cioè all’aprile 2010, la controinteressata aveva deliberato un aumento di capitale di 7.400.000 necessario a coprire il requisito richiesto (10 milioni) senza che fosse desumibile, dalla relativa deliberazione assembleare, la sostituzione del versamento in denaro con la prestazione di servizi conferiti. Tale particolare risulta, peraltro, recessivo rispetto al fatto che tale sottoscrizione era stata comunque garantita, quale intermediario garante, dalla società M., che, oltre a trovarsi già in condizioni di dissesto, non è mai stata iscritta nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del d. lgs. 385 del 1990. Circostanza, quest’ultima, che, come già affermato dal TAR Campania, sezione I, nella sentenza 10 marzo 2011, n. 1409 (avente ad oggetto identica questione, riferita allo stesso fideiussore e cioè la M. s.p.a.), da cui il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi, deve ritenersi dirimente, in quanto condizione essenziale perché gli intermediari finanziari non bancari possano prestare cauzione provvisoria sotto forma fideiussoria.

Il Comune avrebbe, quindi, dovuto avvedersi della carenza del suddetto requisito, prima ancora di occuparsi della sopravvenienza di condizioni idonee a determinare la cancellazione della M. s.p.a. anche dal registro ordinario di cui al precedente art. 106 del d.lgs. 385/90.

Non si ritiene condivisibile, infatti, quanto eccepito dal Comune, nella propria difesa, secondo cui, una volta adempiuto agli obblighi istruttori individuati dalla precedente pronuncia di questo Tribunale, nessun ulteriore onere avrebbe fatto capo al Comune stesso.

A prescindere da ogni giudizio sull’adeguatezza del quesito formulato dal Comune alle Autorità interpellate in ordine alla regolarità della posizione della controinteressata, la nota del 28 marzo 2011, così generica e contenente informazioni non pertinenti rispetto agli obiettivi di chiarezza perseguiti, non poteva essere ritenuta idonea a colmare il vuoto istruttorio già contestato.

Nella stessa, infatti, la C.C.I.A.A. ha affermato che, nel marzo 2011, la posizione di A. è stata accertata come regolare. Tale circostanza appare in sostanza innegabile, dal momento che il capitale è stato nel frattempo ridotto da 10 milioni a 5 e la sottoscrizione è avvenuta mediante conferimento di servizi garantiti da nuova fideiussione rilasciata da soggetto diverso da M.. Tutto ciò, però, attiene a vicende successive al momento da assumersi come riferimento nel caso di specie, e cioè il giorno di scadenza per la presentazione delle offerte. Il Comune avrebbe dovuto, quindi, accertare, nel corso dell’istruttoria, se la situazione in cui versavano le imprese coinvolte nel marzo 2010 era conforme alla norma allora vigente o, al contrario, era tale da poter determinarne la cancellazione dall’albo, per carenza dei prescritti requisiti, ancorchè non ancora disposta dall’Autorità preposta.

Non si ravvisa, peraltro, l’opportunità di entrare nel merito della perplessa nota con cui il Ministero, omettendo ogni ulteriore precisazione, si è limitato ad affermare che "alla data del 13 aprile 2010 possedeva i requisiti per l’iscrizione nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1, del d. lgs. 15 dicembre 1997, n, 446", senza farsi carico delle particolari circostanze dedotte da parte ricorrente, dal momento che quanto già precedentemente affermato pare sufficiente all’annullamento degli atti impugnati, a prescindere dall’imputabilità di una tale affermazione ad un evidente difetto di comunicazione con l’organo preposto alla tenuta del registro.

La sopravvenuta carenza del requisito di partecipazione, in conseguenza della riduzione del Consiglio di Stato e la produzione di una garanzia fideiussoria inidonea, perché prestata da un soggetto non iscritto nello speciale albo di cui all’art. 107 del d. lgs. 385/90, avrebbe potuto e dovuto condurre all’esclusione della controinteressata, senza necessità di ulteriori approfondimenti ed indipendentemente dalle equivoche ed incomplete risposte ottenute dalle Amministrazioni interpellate in sede di rinnovo dell’istruttoria.

Non appare, invece, ravvisabile alcuna violazione della garanzia della partecipazione al procedimento.

Né può trovare spazio, nel giudizio de quo, l’eccezione della controinteressata, secondo cui l’iscrizione all’Albo non sarebbe stata nemmeno necessaria, in conseguenza del fatto che, nel caso di specie, non si tratterebbe di una gara per l’affidamento in concessione del servizio di riscossione, ma di un procedimento preordinato all’affidamento di uno specifico servizio pubblico di accertamento e liquidazione dei tributi. Anche con riferimento a tale considerazione, rinvenibile solo nell’ultima memoria della controinteressata e, quindi, non ritualmente introdotta come specifica censura, si rende però necessario evidenziare come il bando di gara richiedesse espressamente tale iscrizione. La società A., quindi, avrebbe semmai, dovuto censurare quest’ultimo, pena l’inammissibilità, prima ancora che l’infondatezza, dell’eccezione.

Attesa la complessità della questione e la sua natura squisitamente interpretativa, le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, mentre il rimborso del contributo unificato dalla ricorrente anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, deve essere posto a carico delle parti resistenti, in misura pari ad un mezzo ciascuna.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio, ma condanna l’Amministrazione e la controinteressata al rimborso, in parti uguali, alla ricorrente del contributo unificato dalla stessa anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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