Cassazione civile anno 2005 n. 1694 Strade pubbliche e private

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Il Prefetto di Belluno, con tre ordinanze emesse nel luglio del 1998, ha intimato all’A. 2 s.r.l. il pagamento di lire 600.000, 245.600 ed 1.710.600, per la violazione, rispettivamente, degli artt. 93 settimo comma, 100 primo comma e 193 primo comma del codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285), avendo il 17 marzo 1998 lasciato in sosta un veicolo che era privo della carta di circolazione, non era munito di targhe ed era sprovvisto di copertura assicurativa per la responsabilità civile, ed inoltre ha disposto la confisca del veicolo stesso, quale sanzione accessoria alla prima di dette violazioni.
La società ha proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Belluno, contestando le infrazioni, fra l’altro, sotto il profilo che quell’autovettura, nuova e non ancora immatricolata, non era stata messa in circolazione, trovandosi esposta in uno spazio privato per essere venduta.
Il Tribunale, con sentenza resa in composizione monocratica il 3 aprile 2001 e notificata il giorno 20 successivo, ha respinto l’opposizione.
Premesso che il veicolo era stato rinvenuto da agenti della Polizia stradale in un piazzale di proprietà della ditta Centro Gomme, vicino alla sede della A., il Tribunale ha rilevato che tale area, contigua ed allo stesso livello di una strada pubblica, non era protetta da recinzioni, ripari o cartelli idonei ad impedire l’accesso di terzi, e per tale ragione l’ha qualificata come strada di uso pubblico, sulla scorta della prevalenza al riguardo della situazione di fatto rispetto a quella di diritto, così ravvisando gli estremi delle indicate infrazioni.
L’A., con atto notificato il 24 maggio 2001 al Prefetto di Belluno, ha chiesto la cassazione di detta sentenza.
La ricorrente, con cinque connessi motivi, denunciando l’inosservanza delle citate norme e l’inadeguatezza della motivazione, osserva che il Tribunale di Belluno, dopo aver acclarato che l’autoveicolo nuovo era esposto per scopi commerciali in un terreno privato non aperto al pubblico (e del resto delimitato con catenelle, anche se temporaneamente abbassate), doveva negare gli elementi costitutivi della sosta sottoposta alle regole della circolazione stradale, e quindi escludere la sussistenza delle violazioni.
Il Prefetto di Belluno non ha presentato controricorso, limitandosi a depositare dopo la scadenza del relativo termine "atto di costituzione", e non ha partecipato all’odierna discussione.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Nella disciplina del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 si considera circolazione, regolata dalle corrispondenti disposizioni, quella che si verifichi su strada; si precisa che la sosta è momento della circolazione stessa; si definisce la strada quale area ad uso pubblico destinata al transito di veicoli, pedoni ed animali (artt. 1 primo comma, 2 primo comma e 3 primo comma n. 9).
E’ dunque decisiva, al fine in esame, come correttamente rilevato dal Tribunale, la concreta utilizzazione del suolo quale componente del sistema 3 viario pubblico, non essendo essenziale la sua inclusione nel demanio stradale, ovvero il suo assoggettamento a diritto di passaggio della collettività.
Peraltro, quando manchi un assetto giuridico in sè idoneo a determinare quella destinazione al transito pubblico, come nel caso del terreno di proprietà privata, il passaggio e lo stazionamento di veicolo non possono assumere le connotazioni di detta circolazione o sosta se non in esito al positivo riscontro di una situazione di fatto divergente da quella normalmente propria del bene privato, con effettivo godimento di esso da parte della generalità degli utenti del sistema stradale, dato che, in difetto, resta presumibile la fruizione del suolo in via esclusiva da parte del titolare del diritto dominicale o dei suoi aventi causa.
La sentenza impugnata ha accertato che il piazzale in cui è stata rinvenuta la vettura offerta in vendita dall’A. era di proprietà privata, ed ha ravvisato la sua destinazione al pubblico transito per la mera ipotizzabilità di un accesso di altri, in carenza di sistemi protettivi ovvero di visibili divieti, vale a dire in relazione alla semplice eventualità di tale godimento della collettività.
La premessa in fatto non legittima la conclusione, in quanto la sola assenza di impedimenti all’ingresso di terzi non basta a trasformare il fondo di proprietà del privato in una parte del complesso viario pubblico.
Il principio comporta l’accoglimento del ricorso e la cassazione della decisione del Tribunale di Belluno.
Tenendosi conto che le circostanze riscontrate nella precorsa fase processuale evidenziano la mancanza del delineato presupposto per l’applicazione delle norme della circolazione stradale in un’area privata, si deve rendere una conforme pronuncia nel merito, ai sensi dell’art. 384 primo comma cod. proc. civ..
La Prefettura, per effetto di soccombenza, va condannata al pagamento delle spese dell’intero giudizio.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza del Tribunale di Belluno, e, pronunciando nel merito, annulla i provvedimenti impugnati, con la condanna della Prefettura di Belluno al rimborso in favore della A. 2 s.r.l. delle spese del processo, liquidate in euro 1.000,00, di cui euro 650,00 di onorari ed euro 150,00 di diritti, per il giudizio dinanzi al Tribunale, nonchè in euro 1.200,00, di cui euro 1.100,00 di onorari, per il giudizio di legittimità, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 26 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *