Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-10-2011) 11-11-2011, n. 41108

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. B.M. e G.R.C., quest’ultimo per il tramite del proprio difensore di fiducia, ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna Delib. 17 settembre 2010, che riformando parzialmente quella emessa dal GUP del Tribunale della sede in data 10 marzo 2009, li aveva condannati:

– il primo, alla pena di anni due mesi sei e giorni venti di reclusione ed Euro 600,00 di multa, siccome colpevole: a) del delitto di incendio aggravato dell’esercizio commerciale "(OMISSIS)" di (OMISSIS), commesso – in concorso con altri coimputati, giudicati separatamente – il 14 gennaio 2008; b) del delitto – commesso in concorso con il coimputato M.G., giudicato separatamente – di detenzione e spendita, previo concerto, di banconote contraffatte, fra le quali almeno due da Euro 20,00, che venivano messe in circolazione, quanto alla prima, presso il già menzionato esercizio commerciale "(OMISSIS)"; quanto alla seconda, presso l’esercizio commerciale "(OMISSIS)", pure ubicato in (OMISSIS);

– il secondo, alla pena di anni due di reclusione ed Euro 400,00 di multa, siccome colpevole, in concorso con M.G., del solo delitto di detenzione di banconote contraffatte fra le quali almeno una da Euro 20,00, spesa nel periodo delle festività natalizie dell’anno 2007, presso l’esercizio commerciale " (OMISSIS)" pure ubicato in (OMISSIS).

1.1 La Corte territoriale riteneva, infatti, quanto all’imputazione di incendio ascritta al solo B., adeguatamente provata la penale responsabilità dell’imputato, affermata valorizzando: a) il ricorrente transito a bordo di un auto nei pressi dell’esercizio in fiamme, dell’imputato e del coimputato M., segnalato da M.M., fidanzato della proprietaria del locale, B.E.; da quest’ultima e da B.E., padre della stessa; condotta ritenuta non verosimilmente riferibile a mera curiosità; b) le dichiarazioni di B.E., circa l’avvenuta contestazione da parte sua al B. ed ai suoi conoscenti, alcuni giorni prima dell’incendio, della circostanza che una banconota da Euro 20,00 dallo stesso consegnata in pagamento di una consumazione, era risultata falsa; episodio ritenuto un più che valido movente per l’imputato, evidentemente intenzionato ad intimidire pesantemente la B.; c) la detenzione, al momento dell’arresto, di due recipienti contenenti residui di benzina, ossia di un accellerante della stessa tipologia di quello utilizzato, quella stessa notte, per provocare l’incendio; elemento questo, la cui sicura valenza indiziaria non poteva ritenersi inficiata dalla formulazione in termini di non assoluta certezza del giudizio peritale comparativo eseguito tra i residui di accellerante rinvenuti nel locale incendiato e quelli presenti nei recipienti in possesso del B. e del complice.

1.1.2 Quanto poi alla ulteriore imputazione ex art. 453 cod. pen. mossa al B., la Corte territoriale, valorizzava:

– con riferimento al concorso nel reato dell’appellante, il dato fattuale che "la dinamica delle spendite" delle monete contraffatte, "vedeva il M. accompagnarsi sistematicamente con il B. in due degli esercizi pubblici indicati nel capo d’imputazione" ed altresì nel "bar (OMISSIS)" nonchè la circostanza che anche il B., in occasione della spendita di una moneta contraffatta presso la "(OMISSIS)", si allontanò dal locale senza attendere il ritorno in sala della dipendente, recatasi a mostrare la banconota "sospetta" alla B. e che lo stesso non mostrò alcuno stupore, all’atto della successiva contestazione da parte della donna circa la consegna della banconota risultata contraffatta, rispondendo, anzi, in modo arrogante, a tale contestazione; deponendo, altresì, per l’esistenza di un intento delittuoso comune del M. e del B., la partecipazione di quest’ultimo all’appiccamento dell’incendio a scopo intimidatorio della "(OMISSIS)";

– con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, la correttezza della stessa, a ragione del concorso nel reato del M., individuato come il soggetto che disponeva del denaro contraffatto e l’intermediario "tra coloro che, di volta in volta, si accompagnavano a lui nella spendita ed i falsificatori"; con riferimento infine alla richiesta difensiva di concessione dell’attenuante di cui all’art. 64 cod. pen., n. 4, che indipendentemente dal valore nominale delle singole banconote, ostava al suo riconoscimento la circostanza che il M., nella piena consapevolezza del B., risultava detenerne un numero consistente di monete falsificate e poteva disporne di ulteriori In qualsiasi momento lo ritenesse necessario.

1.1.3.1 Sinteticamente illustrato il contenuto della decisione adottata nei confronti del B., da parte del ricorrente se ne denunzia la illegittimità, quanto all’imputazione ex art. 453 cod. pen., per erronea applicazione della legge penale, in relazione alla mancata derubricazione del reato nella fattispecie di cui all’art. 455 cod. pen. (spendita senza concerto) e per vizio di motivazione, in relazione alla mancata assoluzione ex art. 530 cod. pen., comma 1 e 2.

Al riguardo si evidenzia in ricorso che gli elementi valorizzati per affermare la penale responsabilità dell’imputato sono inidonei a provare la effettiva colpevolezza dello stesso, incongruamente ravvisata nella mera presenza del ricorrente in occasione di due episodi in cui il coimputato M. aveva proceduto alla spendita delle banconote, e la effettiva riconducibilità della condotta contestatagli alla fattispecie contestata, che richiede un’adeguata dimostrazione del concerto con l’intermediarlo, rispetto all’ipotesi delittuosa di cui all’art. 455 cod. pen..

Da parte del ricorrente si sostiene, altresì, la mancanza di adeguata motivazione relativamente alla qualità del falso nummario, con riferimento in particolare alla possibilità delle banconote falsificate di trarre in inganno le persone che le ricevevano in pagamento, tenuto conto della loro immediata reazione in entrambi i due episodi contestati.

1.1.3.2 Denunzia altresì il ricorrente, con il secondo motivo d’impugnazione, l’erronea applicazione della legge penale, in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 cod. pen., n. 4, di cui è stata esclusa l’applicabilità a ragione di una pretesa consapevolezza da parte del ricorrente in merito alla detenzione da parte del M. di un numero consistente di monete falsificate, rimasta però assolutamente indimostrata, tenuto conto che il numero di banconote falsificate detenute dal coimputato non risulta mai quantificato e che al ricorrente risulta contestato il concorso nel reato con riferimento ad un unico episodio di spendita di una banconota di Euro 20,00, rispetto al quale soltanto andava valutata la possibilità di concessione dell’attenuante e non già rispetto ad una situazione, astratta ed indefinita, di detenzione di banconote in un numero superiore.

1.1.3.3 Con il terzo motivo d’impugnazione, il ricorrente denunzia, infine, erronea applicazione della legge penale anche In relazione al riconoscimento della responsabilità penale del B. in ordine al reato di cui all’art. 61, n. 5, artt. 110, 423 cod. pen., sostenendo, sul punto, che gli elementi indiziari a carico dell’imputato non ne giustificavano la condanna, avendo in particolare lo stesso CTU concluso per la non completa compatibilità dei residui di carburante presenti nella tanica ritrovata nell’auto in uso agli imputati B. e M., e l’accellerante utilizzato per la causazione dell’incendio.

1.2 Per quanto attiene, invece, la conferma della condanna del G. per il solo episodio di spendita di moneta contraffatta avvenuto nel bar (OMISSIS), la Corte valorizzava, ai fini dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato a titolo di concorso nel reato, la dichiarazione di G.M., che per un verso aveva riconosciuto proprio nel G. la persona che le consegnò materialmente la banconota contraffatta, precisando, d’altro canto, che il fatto era da collocarsi "nel periodo di Natale"; collocazione temporale che i giudici di appello ritenevano significativa disvelando essa il carattere del tutto strumentale e cautelativo della denuncia sporta dall’imputato nei confronti del coimputato M., fratello di sua moglie, il 16 dicembre 2007, in epoca antecedente quindi al fatto contestato, nella quale si affermava di aver egli rifiutato l’offerta di banconote false che il cognato deteneva in gran quantità. 1.2.3 La difesa del G.R., con l’unico motivo d’impugnazione prospettato in ricorso, deduce l’illegittimità della sentenza Impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza di una responsabilità dolosa dell’imputato, oltre ogni ipotesi di dubbio ragionevole, non avendo i giudici di appello fornito adeguata e dettagliata risposta ai rilievi critici sollevati sul punto con riferimento all’insufficiente apparato motivazionale della decisione di primo grado, mancando anche nella sentenza della Corte territoriale adeguata e logica illustrazione degli elementi da cui desumere l’effettiva sussistenza di una condotta dolosa, con riferimento sia all’elemento rappresentativo sia all’elemento volitivo.

Motivi della decisione

1. I ricorsi proposti da B.M. e nell’interesse di G. R.C. sono basati su motivi Infondati e vanno quindi entrambi rigettati.

Al riguardo non è superfluo precisare, preliminarmente, che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti soltanto i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. Un. 28 maggio 2003, rie. Pellegrino, rv. 224611; Sez. 1^, 9 novembre 2004, ric. Santapaola, rv. 230203).

Orbene, i ricorrenti, pur denunziando formalmente una violazione di legge in riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192 cod. proc. pen., comma 2 più che segnalare la effettiva violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, chiedono sostanzialmente una rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio, non contraddette da verificabili allegazioni, indicative della effettiva estraneità dei ricorrenti agli episodi delittuosi ad essi ascritti.

1.1 In particolare, quanto all’affermazione della penale responsabilità del B. e del G. in merito al delitto di cui all’art. 453 cod. pen., l giudici di appello hanno adeguatamente evidenziato gli elementi di prova che dimostravano un effettivo loro coinvolgimento nell’attività di spendita delle banconote falsificate, rimarcando, quanto al B., l’accompagnamento reiterato con il M., la sua reazione in occasione della contestazione mossagli dalla B. in merito alla falsità della moneta e quanto al G., l’accertata riferibilità proprio al suddetto imputato della materiale consegna della banconota e l’assoluta genericità delle deduzioni in merito ad una pretesa insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, avuto riguardo, in particolare, alla strumentale denuncia del M., volta a precostituirsi una possibile linea difensiva nell’eventualità di future incriminazioni.

1.2 Quanto poi alla pretesa grossolanità del falso nummario prospettata dai ricorrente B., a prescindere dai profili di inammissibilità della questione a ragione della novità della deduzione, che non risulta sia stata mai sollevata nel giudizio di merito, va in ogni caso osservato che in tema di falso, la grossolanità della contraffazione, che da luogo al reato impossibile, non va giudicata alla stregua delle conoscenze e delle conclusioni di un esperto del settore. Invero la punibilità è esclusa solo quando il falso sia "ictu oculi" riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e non si deve far riferimento nè alle particolari cognizioni ed alla competenza specifica di soggetti qualificati, nè alla straordinaria diligenza di cui alcune persone possono esser dotate (in tal senso, Sez. 5, Sentenza n. 4254 del 09/03/1999, dep. 01/04/1999, Rv. 213094, imp. Moggia). Manifestamente infondata, in quanto meramente ripetitiva di una questione già decisa dai giudici di merito con adeguata motivazione, si rivela, altresì, anche l’ulteriore deduzione del B. relativamente alla qualificazione giuridica del fatto, ove si consideri che in tema di detenzione e spaccio di monete falsificate, perchè si configuri il reato di spendita di monete false, previo concerto, non occorre una specifica associazione od organizzazione, nella quale i singoli agiscano guidati da un intento comune ed in base ad una precisa ripartizione di compito, ma è sufficiente un qualsiasi rapporto, anche mediato, e cioè attraverso uno o più intermediari, tra spacciatori e falsificatori, motivatamente ravvisato dai giudici di merito con riferimento alla figura del coimputato M. (sul punto si veda, ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 14819 del 19/02/2009, dep. 06/04/2009, Rv. 243787, imp. Messina).

1.3 Infondate devono ritenersi, infine, anche le argomentazioni riproposte dal B. a sostegno della richiesta di concessione dell’attenuante ex art. 62 cod. pen., n. 4, sia perchè nessun effettivo profilo di manifesta illogicità è ravvisatale nella decisione impugnata che ha valorizzato sul punto la consapevolezza da parte del ricorrente circa la materiale disponibilità da parte del coimputato M. di un numero rilevante di banconote, sia anche per l’assorbente e comunque decisiva considerazione che secondo un risalente ma condivisibile principio da tempo enunciato da questa Corte, "l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità non è applicabile al reati di falso nummario, nei quali il bene giuridico protetto è la fede pubblica e non il patrimonio" (in termini, Sez. 5, Sentenza n. 6727 del 28/02/1984, dep. 20/07/1984, Rv. 165348, imp. Raineri).

1.4 Considerazioni non dissimili da quelle svolte con riferimento alle censure prospettate dal B. avverso la condanna relativa all’imputazione di spendita di monete false, previo concerto, valgono anche con riferimento alla condanna del ricorrente per concorso nel delitto di incendio, avendo la Corte territoriale, compiutamente illustrato i significativi e convergenti elementi indiziari raccolti a carico dell’imputato, (accertata presenza sul luogo del delitto;

esistenza di un valido movente) rispetto ai quali il richiamo alle conclusioni della espletata consulenza tecnica, espressasi In termini di rilevazione di una semplice compatibilità esistente tra i residui di benzina contenuti nella tanica in possesso dell’imputato e le tracce relative all’accellerante utilizzato per causare l’incendio, lungi dal costituire un dato totalmente dissonante ed incompatibile con gli altri elementi indizianti posti a base dell’ipotesi accusatola, ne costituiscono, semmai, una ulteriore conferma, sia pure soltanto indiretta ed in termini di mera compatibilità. 2. Al rigetto dei ricorsi segue di diritto, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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