Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 20-10-2011) 11-11-2011, n. 41147 Sospensione condizionale revoca

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 17.2.2011 la Corte di appello di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, sulla richiesta del pubblico ministero, per quanto qui interessa, revocava i benefici della sospensione condizionale della pena concessi a R.J. con le sentenze di condanna emesse dal Gip del tribunale di Pordenone in data 16.12.1999 (irrev. il 15.2.2000) in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e dal Tribunale di Venezia, sezione di Portogruaro, in data 24.2.2006 (irrev. 16.9.2006), per il reato di cui all’art. 496 cod. pen. commesso l'(OMISSIS), tenuto conto che il predetto aveva commesso il reato di cui alla seconda condanna nei cinque anni dalla precedente condanna.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia, il R., denunciando l’erronea applicazione della legge con riferimento all’art. 168 cod. pen. e lamentando che il giudice aveva revocato la sospensione condizionale della pena di cui alla sentenza del Gip del tribunale di Pordenone in data 16.12.1999 (irrev. il 15.2.2000) per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 senza valutare se il reato relativamente al quale veniva revocata la sospensione condizionale della pena fosse delle stessa indole di quello successivamente commesso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Deve ricordarsi che la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel senso che ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena prevista dall’art. 168, comma 1, n. 1, l’identità dell’indole del reato commesso nei termini stabiliti opera solo con riferimento alle contravvenzioni e non ai delitti, con la conseguenza che l’ulteriore delitto è sempre causa di revoca, quale che sia la sua natura (Sez. 1, 15 febbraio 2000, Bellino, rv. 215615; Sez. 1, n. 31375, 02/07/2008, De Filippis, rv. 240679).

Va, altresì, rilevato che – come si rileva dal certificato penale – il R. successivamente alla condanna emessa dal Gip del tribunale di Pordenone in data 16.12.1999 alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione oltre la multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 è stato condannato non soltanto alla pena di uno di reclusione per il reato di cui all’art. 589 cod. pen. commesso anteriormente, ma, altresì, alla pena di mesi otto di reclusione per reati di minaccia e danneggiamento commessi anteriormente.

Conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, al sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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