Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 11-11-2011, n. 41042

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Pesaro, con ordinanza in data 23.3.2011, respingeva la richiesta di rimessione in termini proposta da G.D. per l’omessa notifica della sentenza in data 27/4/2010, che lo condannava alla pena di anni tre di reclusione e Euro 1000 di multa, revocando, su richiesta della Procura della Repubblica di Pesaro, i condoni delle pene precedentemente inflitte con quattro sentenze, specificate nel corpo dell’ordinanza e nel dispositivo della stessa.

Proponeva ricorso per cassazione G.D., lamentando l’omessa notifica della sentenza in data 27/4/2010, essendo all’epoca detenuto, rilevando di non avere potuto impugnare la sentenza per causa di forza maggiore e, comunque per cause non imputabili al ricorrente.

Motivi della decisione

Mancano nell’atto di gravame i motivi specifici di ricorso e non una parola è spesa per confutare le argomentazioni del Tribunale che ha – con dettagliata, logica e non contraddittoria motivazione – ha rilevato come il grasso, detenuto per altra causa, era presente all’udienza del 27.4.2010 unitamente ai suoi due difensori.

Nel caso di specie, il giudice, all’udienza del 27/4/10 si è riservato 90 giorni per il deposito della motivazione, depositata in cancelleria il 27/7/2010, con quattro mesi di anticipo sul termine prefissato.

Correttamente non è stata, quindi, effettuata la notifica della sentenza, prevista, per le parti presenti, soltanto nel caso in cui non sia depositata nel termine di 30 giorni o in quello diverso fissato dal giudice ( art. 548 c.p.p.). Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il fatto che nessuna argomentazione sia svolta nel ricorso, in ordine alle valutazioni espresse dal giudice di appello sui vari motivi, determina l’inammissibilità del ricorso, perchè i motivi sono da considerare non specifici e, anzi, mancanti del tutto.

La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. Infatti il ricorso non può ignorare le affermazioni del Giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che porta, in forza dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. e), all’inammissibilità. (Si vedano, sul punto, fra le tante:

Sez. 4, sent. n. 5191 del 29.3.2000 dep. 3.5.2000 rv 216473; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 rv 230634).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *