Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 11-11-2011, n. 41031 Attenuanti comuni generiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brescia, con sentenza in data 27/5/2010, dichiarava, all’esito del giudizio abbreviato, P.G. e D.P. P. colpevoli di una serie di rapine ai danni di tabaccherie e ad una farmacia e dei relativi reati satellite, commessi tra il (OMISSIS) e condannava, ritenuta la continuazione, P.G. alla pena complessiva di anni 13, mesi uno di reclusione Euro 3900 di multa, e D.P.P. alla pena di anni 13, mesi sette di reclusione e Euro 1900 di multa, pene entrambe ridotte di un terzo per il rito, oltre alle pene accessorie di legge.

La Corte di appello di Brescia, con sentenza in data 22/12/2010, in parziale riforma della sentenza, impugnata dagli imputati, assolveva D.P.P. limitatamente alla ricettazione di 166 pacchetti di sigarette perchè il fatto non sussiste e, riqualificato il capo a) come tentativo di rapina pluriaggravata rideterminava la pena per lo stesso in anni sette, mesi sei di reclusione e Euro 1400 di multa e per P.G. in anni cinque, mesi cinque, giorni 20 di reclusione e Euro 2086 di multa, revocando, nei confronti di quest’ultimo, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale durante la pena, dichiarandolo interdetto per anni cinque dai pubblici uffici, confermando nel resto la sentenza.

Proponevano autonomi ricorsi per cassazione entrambi gli imputati, lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche per la modesta entità dei "bottini", trattandosi di soggetti tossicodipendenti che, dopo l’arresto si erano rivolto al Serit.

Il P. rilevava anche l’erronea applicazione della recidiva in relazione alle tre sentenze, poste a base dell’aggravante, emesse a seguito di patteggiamento, non essendo intervenuta nei cinque anni successive ulteriori sentenza di condanna, indipendentemente dalla pronuncia di estinzione ai sensi dell’art. 445 c.p., che ha valore meramente dichiarativo.

Motivi della decisione

Il motivo comune, dedotto da entrambi i ricorrenti, relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche è manifestamente infondato. La Corte territoriale – con motivazione esauriente logica e non contraddittoria – ha spiegato perchè i ricorrenti non sono meritevoli delle attenuanti generiche, individuandone le ragioni nei "gravissimi precedenti penali del D.P., nel comportamento processuale di entrambi gli imputati, tenuto anche conto della reiterazione dei reati in un arco temporale ristretto, della pervicacia e intensità del dolo, avendo, comunque, la Corte di merito ridotto la pena, nei confronti di entrambi gli imputati, per le loro condizioni personali di disagio ed emarginazione.

Giudizio negativo sulla personalità, che porta la Corte a negare la concessione delle attenuanti generiche e a ritenere congrua la pena inflitta in primo grado.

Questa suprema Corte ha, d’altronde, più volte affermato che ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen., il Giudice deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 del codice penale, ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento. (Si veda ad esempio Sez. 2, Sentenza n. 2285 del 11/10/2004 Ud. – dep. 25/01/2005 – Rv. 230691).

2) Fondato è, invece, il motivo di ricorso di P.G. relativo all’erronea applicazione della recidiva reiterata in relazione a due delle tre sentenze di condanna e, più precisamente quell’emessa dal GIP della Pretura di Torino in data 1/12/1992 (n. 2 del certificato penale) 2.2.1993 (n. 3 del certificato penale), trattandosi di sentenze emesse a seguito di " patteggiamento" e non risultando essere intervenute nei cinque anni successivi ulteriori sentenze di condanna.

Ai sensi dell’art. 445 c.p.p., n. 2, il reato emesso a seguito di sentenza di patteggiamento è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto … l’imputato non commette un delitto della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, anche, quindi, ai fini della recidiva.

Dalla lettura della norma emerge evidente che il termine "recidivo" è stato usato dal legislatore per comodità di esposizione, per non ripetere la definizione contenuta nel comma 1 citato articolo e non già per indicare una qualità del soggetto giudizialmente affermata.

Ne consegue che, una volta accertato che al momento della condanna il P. non era recidivo reiterato è illegittima la pena comminata per tale situazione non più sussistente al momento della condanna. Così come la recidiva reiterata può essere riconosciuta in sede di cognizione anche quando in precedenza non sia stata dichiarata giudizialmente la recidiva semplice (Sez. 2, Sentenza n. 18701 del 07/05/2010 Ud. (dep. 18/05/2010 ) Rv. 247089), così il giudice deve valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della recidiva reiterata al momento della pronuncia della sentenza e escluderla ove ne sussistano i presupposti di legge, indipendentemente da una formale pronuncia di estinzione, ai sensi dell’art. 445 c.p.p., n. 2, a cui va riconosciuto valore meramente dichiarativo, mentre l’effetto istintivo del reato si verifica automaticamente a seguito del decorso di cinque anni senza condanne della stessa indole, circostanza, quest’ultima, riscontrata dallo stesso certificato penale.. E’, quindi, illegittimo l’aggravamento della pena, operato per la recidiva reiterata.

Unico precedente di cui è gravato l’imputato, utile ai fini della recidiva risulta essere il decreto penale emesso dal gip della Pretura di Torino in data 9.5.1992 per violazione delle norme sulla propaganda elettorale e, al più, potrebbe integrare la contestazione di una recidiva semplice la cui applicazione è facoltativa.

Va, conseguentemente, annullata la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia per la quantificazione della pena nei confronti di P.G., valutando se debba essere applicata o meno la recidiva, rigettando, nel resto, il ricorso.

Va conseguentemente affermato il passaggio in giudicato dell’affermazione di colpevolezza per il delitto rinviato al giudice di merito, in quanto nella fattispecie vale il principio che, in caso di rinvio per la sola determinazione della pena, il giudicato (progressivo) formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato, con la definitività della decisione su tali parti, impedisce l’applicazione di cause estintive successive all’annullamento parziale, trattandosi di cause sopravvenute non incidenti su quanto deciso in maniera definitiva (Cass. S.U. 23.5.97 n. 4904, ud. 26.3.97, rv. 207640). Va, invece, dichiarata l’inammissibilità del ricorso di D.P.P. e ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di D.P.P. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Annulla con rinvio la sentenza impugnata nei confronti di P. G. in ordine all’aumento di pena per la recidiva e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di appello di Brescia per nuovo giudizio. Rigetta, nel resto, il ricorso di P.G..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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