Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 11-11-2011, n. 41030

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per cassazione B.M.A., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 10.12.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 9.7.2008 all’esito di giudizio abbreviato, per i reati di truffa e falso in danno di B.B.F., titolare dell’omonima impresa individuale.

Secondo l’accusa, l’imputata, quale legale rappresentante della soc. INOX più s.r.l. aveva fornito alla persona offesa quantitativi di acciaio per complessivi 190 kg., non integralmente corrispondenti alla qualità pattuita (AISI 3161), trattandosi in gran parte di materiale corrispondente alla qualità AISI 304, di minor pregio commerciale. Le forniture del materiale "diverso" sarebbero state accompagnate da false certificazioni attestanti la corrispondenza tra la qualità pattuita e quella dell’acciaio fornito.

Dopo avere ripercorso l’intera vicenda, attraverso l’ampio richiamo alle motivazioni della sentenza di primo grado, la Corte territoriale ribadiva il giudizio di responsabilità dell’imputata anzitutto sulla base dei risultati di un accertamento tecnico preventivo disposto nell’ambito di una parallela controversia civile, a seguito del quale era emerso che solo i 15.620 kg di acciaio consegnati da una delle ditte fornitrici, la R., erano conformi per qualità all’ordine, mentre la merce rimanente per oltre il 50% era di qualità AISI 304 e non 3161. La Corte rilevava quindi che doveva escludersi la buona fede dell’imputata, confutando la tesi difensiva secondo cui la M., avendo ceduto parte del contratto di fornitura a terzi, nell’impossibilità di eseguirla interamente tramite la soc. Inox, aveva incolpevolmente subito scorrettezze contrattuali altrui. Al riguardo, i giudici di appello osservavano che dalla documentazione contrattuale acquisita agli atti, in specie fax provenienti dall’imputata, si desumeva che la stessa aveva mantenuto il controllo di tutte le forniture, assumendo di fatto il ruolo di "capo cordata".

La difesa deduce, con un unico, articolato motivo, il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c).

La Corte di merito non avrebbe considerato che la parte di fornitura direttamente eseguita dalla Inox era interamente corrispondente alla qualità richiesta; che l’imputata aveva fornito in giudizio la completa documentazione dei rapporti con la B., e che i certificati che accompagnavano la merce erano genuini; che la necessità di "girare" parte della fornitura alle soc. Magenta e Lami era reale, e aveva comportato l’impossibilità di controllare l’esecuzione del contratto per la parte non direttamente curata dalla Inox; che la Corte di merito aveva indebitamente sopravvalutato il contenuto dei fax spediti dall’imputata, dai quali poteva evincersi, al più, soltanto un diretto coinvolgimento della M. nell’intera operazione commerciale, non mai la sua consapevolezza della non conformità del materiale all’ordine dell’acquirente; che nessuna concreto elemento di prova indicherebbe la consapevolezza dell’imputata circa la falsità dei certificati di accompagnamento della merce, circostanza che refluirebbe sull’aspetto psicologico del reato, escludendo il dolo del delitto di truffa.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La difesa propone alternative valutazioni di merito rispetto a quelle complete, logiche e coerenti della Corte territoriale. Correttamente i giudici di appello mettono in luce, anche sulla base del contenuto, in effetti inequivocabile, di alcuni fax, l’attività di coordinamento di tutte le forniture da parte dell’imputata, nel confronto con tutte le concorrenti risultanze istruttorie ritenute significative della frode, tra le quali la facilità dell’accertamento della qualità dell’acciaio con l’uso di un semplice reagente, che rende in effetti inspiegabile come quantitativi così massicci delle varie forniture possano essere risultati di qualità diversa da quella pattuita, e la disponibilità, da parte dell’imputata, di numerosi certificati di conformità relativi a precedenti forniture in favore di ditte diverse, risultati impiegati nell’accompagnamento della merce (la corte territoriale rileva anche, a pag. 8, la sicura contraffazione di alcuni specifici certificati e a pag. 9 si occupa degli apparenti rapporti commerciali tra la Inox e la Columbus per dedurne che il nominativo di quest’ultima società era stato artatamente fatto figurare come il produttore di riferimento per lacune forniture di acciaio); non è nemmeno esatta, poi, l’osservazione difensiva secondo cui la ditta dell’imputata rimane completamente estranea a tutte le forniture. Nella sostanza questo è stato del tutto logicamente escluso dalla corte di merito, non solo per la referibilità alla Inox della provenienza di tutti i certificati di conformità, ma anche per l’accertato diritte e formale coinvolgimento della società amministrata dall’imputata nella fornitura eseguita dalla ditta Lami.

Le puntuali osservazioni della Corte territoriale sfuggono a qualunque censura su piano logico-giuridico, restando quindi la deduzione difensive relegate nell’infruttuosa prospettiva di interesse a auto referenziali versioni di parte.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente della determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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