T.A.R. Puglia Bari Sez. III, Sent., 15-12-2011, n. 1890 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Espone l’odierno ricorrente proprietario di immobile sito in Ascoli Satriano, giusto possesso ultraventennale accertato con sent. Tribunale di Foggia n.2063 del 28 dicembre 2009, di aver presentato D.I.A. in data 7 giugno 1999 inerente lavori di ristrutturazione dell’immobile di che trattasi, su cui si formava il silenzio assenso (art. 2 co. 60 L. n. 662/96).

Successivamente, con seconda D.I.A. presentata in data 21 marzo 2000, il ricorrente comunicava l’inizio dei lavori per la realizzazione di una porta di ingresso e l’ampliamento di una finestra esistente, su cui riteneva parimenti formatosi l’assenso tacito.

Con nota dell’11 aprile 2000, il Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Ascoli Satriano diffidava il ricorrente dall’eseguire le opere denunciate ritenendo applicabile alla fattispecie non già la disciplina di cui alla l. n. 26/96, bensì quella prevista dalla l.r. n. 27/85;

Il ricorrente, dopo aver replicato alla predetta nota sostenendo l’ascrivibilità delle opere di che trattasi all’art. 60 l. n. 26/96 e non alla normativa regionale (nota del 18.4.2000) e dopo aver provveduto alla variazione catastale da C/6 (deposito) a C/3 (laboratorio), otteneva il rilascio di autorizzazione all’esercizio di attività di "parrucchiere per signora", giusto provvedimento del Commissario Straordinario del Comune di Ascoli Satriano del 26 gennaio 2001;

A seguito di espostodenuncia presentato dalla comproprietaria dell’immobile sito in Via G. Pascoli 5/A, sig.ra G.C., il Comune di Ascoli Satriano disponeva con ordinanza n. 22 del 5 maggio 2009, a firma del Responsabile dell’U.T.C., la demolizione delle opere abusive eseguite (apertura di un vano porta, realizzazione di parete divisoria, allargamento di vano finestra e realizzazione di un locale WC con antibagno) ed il ripristino dello stato dei luoghi;

In data 16 giugno 2009, limitatamente alla sola porta di ingresso, il ricorrente presentava D.I.A. in sanatoria che, tuttavia, il Responsabile dell’U.T.C. ne inibiva gli effetti giusto provvedimento prot. n. 6047 del 17 giugno 09, con contestuale ordine di ripristino coattivo dello stato dei luoghi;

Il ricorrente impugnava allora la suddetta ordinanza comunale n.22/2009 avanti a questo Tribunale, che con sentenza in forma semplificata n.2096 del 17 settembre 2009 passata in giudicato accoglieva il ricorso, in considerazione tra l’altro del mancato esercizio dell’annullamento in autotutela del silenzio assenso formatosi, e degli effetti giuridici consolidatasi in capo al ricorrente per effetto delle precedenti DIA del 1999 e del 2000.

Con nota prot 10751 del 8 ottobre 2009 il Responsabile UTC comunicava avvio di nuovo procedimento finalizzato alla demolizione delle opere senza il pregiudiziale esercizio del potere di riesame in secondo grado; anche tale provvedimento veniva impugnato innanzi a questo T.A.R., che con sentenza 1674 del 29 aprile 2010 dichiarava la cessazione della materia del contendere in relazione al sopravvenuto intervento in autotutela del Comune nelle more della decisione del gravame.

Infine con nuovo provvedimento prot 8830 del 24 agosto 2010 preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, il Comune disponeva l’annullamento d’ufficio del silenzio assenso formatosi per effetto delle DIA del 7 giugno 1999 e 21 marzo 2000 e, con successiva ordinanza n.7 del 26 agosto 2010, ingiungeva al ricorrente la demolizione delle opere abusive realizzate.

Con ricorso notificato il 19 ottobre 2010, ritualmente depositato, l’odierno ricorrente come sopra rappresentato e difeso, impugna i suddetti provvedimenti prot 8830/2010 e 7/2010, chiedendone l’annullamento previa sospensiva, deducendo i seguenti motivi:

I. Nullità per intervenuta consumazione del potere da parte della PA; violazione e falsa applicazione principio di conservazione degli atti giuridici;

II. Violazione e falsa applicazione art 21 septies l.241/90; nullità per elusione giudicato;

III. Violazione e falsa applicazione art 21 nonies l.241/90; eccesso di potere per difetto di motivazione; insussistenza e mancata esternazione delle ragioni di interesse pubblico sottese all’annullamento d’ufficio, mancata valutazione del termine ragionevole oltre che degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Evidenzia in necessaria sintesi la difesa del ricorrente la completa violazione del principio di affidamento e l’esercizio del tutto illegittimo del potere di autotutela, non mancando di rilevare la reiterazione ad libitum da parte del Comune di Ascoli Satriano di provvedimenti fortemente lesivi in suo danno.

Si costituiva il Comune di Ascoli Satriano eccependo l’infondatezza di tutte le censure ex adverso dedotte, rilevando in punto di fatto la non coincidenza tra gli illeciti accertati rispetto alle opere oggetto delle DIA del 1999 e 2000, riguardando la ingiunzione alla demolizione impugnata lavori parzialmente diversi. Negava poi la lesione dell’affidamento invocata da parte ricorrente, per molteplici ragioni, vale a dire sia per la diffida effettuata dal Comune in riferimento alla DIA del 11 aprile 2000, sia invocando l’orientamento giurisprudenziale invalso in materia edilizia teso a negare, radicalmente, qualsivoglia forma di affidamento meritevole di tutela alla conservazione di situazione contra ius che il tempo non può consolidare. Infine, evidenziava la carenza di legittimazione attiva alla presentazione delle DIA in oggetto, non avendo il ricorrente dimostrato all’epoca della richiesta del titolo la titolarità del diritto di proprietà o altro diritto idoneo, avendo solo di recente maturato il possesso ventennale ad usucapionem.

Con ordinanza n.923/2010, non appellata, questa Sezione accoglieva l’istanza cautelare di sospensiva, dando particolare rilievo, pur nella sommarietà della cognizione, alla violazione del principio di affidamento consolidatosi a seguito della formazione delle DIA di che trattasi

All’udienza pubblica del 24 novembre 2011 la causa veniva trattenuta per la decisione.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

A seguito del giudicato di cui alla sentenza n.2096 del 17 settembre 2009 di questo Tribunale, l’esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità comunale in merito agli interventi assentiti a seguito delle DIA del 7 giugno 1999 e 21 marzo 2000 veniva palesemente conformato, imponendo la preventiva rimozione in autotutela dei titoli taciti, a tutela dell’affidamento consolidatosi in capo al ricorrente, senza invero pronunciarsi sulla abusività sostanziale degli interventi, e facendo salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione, vale a dire il riesercizio del potere repressivosanzionatorio.

Ciò d’altronde nell’ottica della tutela dell’interesse pubblico alla repressione dell’abusivismo edilizio, poiché nel caso di presentazione di una DIA (oggi SCIA in seguito al d.l. 31 maggio 2010 n.78) il decorso del termine assegnato all’Amministrazione per l’adozione dei provvedimenti inibitori ai sensi dell’art. 23 d.p.r. n. 380 del 2001 non comporta che l’attività del privato, se difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata, potendo il provvedimento implicitamente formatosi per effetto dell’inerzia dell’amministrazione essere oggetto di interventi di annullamento d’ufficio o di revoca quali esplicazione sia dei poteri di vigilanza edilizia, sia – più in generale – di autotutela, che permangono in capo alla p.a. ed il cui esercizio va contemperato con il rispetto dei principi di lealtà e certezza dei rapporti giuridici (ex multis Consiglio di Stato IV 12 marzo 2009 n.1474, T.A.R. Emilia Romagna Bologna II 27 maggio 2009, n.855). Sul punto, il giudicato ha ritenuto di assegnare al silenzio serbato dal Comune nei confronti delle DIA valore legale tipico di assenso, aderendo implicitamente alla (controversa) tesi della natura provvedimentale della DIA, di recente smentita in via autentica dallo stesso legislatore con l’entrata in vigore del d.l. 13 agosto 2011 n.138, non applicabile alla fattispecie ratione temporis.

Se pertanto quanto esposto conduce all’agevole esclusione della denunziata nullità dei provvedimenti impugnati ex art 21septies l.241/90 per violazione del giudicato, è altrettanto evidente il preciso vincolo conformativo ivi derivante, teso ad imporre al Comune resistente il preventivo esercizio del potere di annullamento in ordine alle DIA presentate dal ricorrente, secondo le disposizioni di cui all’art 21nonies della legge generale sul procedimento.

Ritiene il Collegio, in accoglimento della terza censura, che i provvedimenti impugnati denotino evidente cattivo uso del potere di autotutela con funzione di riesame delineato dall’art 21nonies.

Come noto, a seguito dell’entrata in vigore dell’art 21nonies l.241/90 per effetto della novella l.15/2005, di recepimento di diffuso orientamento giurisprudenziale, l’annullamento d’ufficio presuppone una congrua motivazione sull’interesse pubblico attuale e concreto posto a sostegno dell’esercizio discrezionale dei poteri di autotutela, con adeguata ponderazione comparativa, che tenga anche conto dell’interesse dei destinatari dell’atto al mantenimento delle posizioni che su di esso si sono consolidate e del conseguente affidamento derivante dal comportamento seguito (ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8529, id. sez IV, 27 novembre 2010, n.8291).

L’art 21nonies nel prevedere il limite temporale del "termine ragionevole" ha dato vita ad un parametro indeterminato ed elastico – a differenza di altre fattispecie tipiche di annullamento codificate da norme speciali quali l’art 1 c. 136 l. 311/2004 – finendo così per lasciare all’interprete il compito di individuarlo in concreto, in considerazione del grado di complessità degli interessi coinvolti e del relativo consolidamento, secondo il parametro costituzionale (art.3 Cost.) di ragionevolezza (T.A.R. Puglia Bari sez III, 11 novembre 2011, n.1704)

Ritiene la difesa comunale che tali consolidati arresti non possano valere nella materia edilizia, laddove l’annullamento di titoli abilitativi preordinato alla repressione degli abusi è espressione di attività strettamente vincolata, non soggetta a termini potendo intervenire anche a notevole distanza di tempo, né comportante la necessità di alcuna ponderazione e motivazione in ordine all’interesse pubblico perseguito.

Non ignora il Collegio che le suddette argomentazioni trovino un robusto riferimento in seno alla giurisprudenza sia di prime cure che del giudice d’appello (ex plurimis T.A.R. Veneto sez II 13 marzo 2008 n.605, T.A.R.Puglia Lecce 8 aprile 2010 n.907, T.A.R. EmiliaRomagna Bologna, 1 settembre 2006 n.1729, Consiglio Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160)

In particolare viene evidenziato il carattere permanente degli illeciti in materia urbanistica, edilizia e paesistica, potendo il potere sanzionatorio anche in forma ripristinatoria essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo, reprimendo l’Amministrazione una situazione antigiuridica contestualmente contra jus, ancora sussistente (Consiglio Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160.

A dire il vero, l’orientamento suesposto, pur se prevalente, non è oggi affatto pacifico, dal momento che anche in materia edilizia la più recente giurisprudenza non ha mancato di contemperare il pur rilevante potere repressivo con il consolidarsi di posizioni di affidamento meritevoli di tutela per effetto del protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione, in relazione alla quale l’esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all’entità e alla tipologia dell’abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 maggio 2010, n. 8343, T.A.R. Toscana Firenze sez III 30 luglio 2010, n.3268, T.A.R. Piemonte sez I 16 luglio 2010, n.3131).

Ritiene il Collegio preferibile, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, tale seconda tesi. Infatti, se in generale la sanzione demolitoria o pecuniaria è collegata alla mera abusività dell’opera e non necessita di ulteriore motivazione, tuttavia allorquando, come nella fattispecie, sia trascorso un notevole lasso di tempo (circa dieci anni) tra la commissione dell’abuso e la risposta sanzionatoria, non può non considerarsi l’affidamento medio tempore maturato, particolarmente qualificato laddove vi siano provvedimenti anche taciti con valore di assenso, o comunque si siano perfezionati gli effetti previsti dalla legge per l’esercizio legittimo di una determinata attività. Ciò tanto più se si considera la diretta rilevanza comunitaria del principio del legittimo affidamento – richiamato dall’art 1 l.241/90 e s.m. – e costantemente applicato dalla Corte di Giustizia europea.

Nella fattispecie per cui è causa non può non rilevare il Collegio la sussistenza di un affidamento qualificato e meritevole di tutela, avendo l’odierno ricorrente presentato ben tre DIA inerenti le opere controverse, peraltro di modesta entità, trattandosi di interventi complessivamente di non rilevante impatto sul territorio.

Orbene, con il provvedimento prot 8830 del 24 agosto 2010 qui impugnato, il Comune resistente non ha minimamente ponderato l’interesse del ricorrente al mantenimento delle posizioni consolitatesi e del conseguente affidamento derivante dal protrarsi della propria inerzia nell’esercizio del pur configurabile potere repressivo, in spregio oltre che al paradigma normativo di riferimento, agli stessi criteri conformativi di cui al giudicato.

A diverse conclusioni non ritiene di poter giungere il Collegio nemmeno sulla base della evidenziata non coincidenza tra le opere oggetto delle DIA e quelle sanzionate con l’ingiunzione a demolire. Infatti, la pur parziale divergenza riscontrabile sulla base delle DIA depositate in giudizio non elide comunque il profilo dell’affidamento, in relazione al tempo trascorso e alla tipologia delle opere, in adesione all’orientamento giurisprudenziale citato in motivazione, causa il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione nell’esercizio del potere repressivo.

Per i suesposti motivi il ricorso va accolto per l’assorbente fondatezza dei terzi motivi di gravame, con l’effetto di annullare il provvedimento prot. 8830/2010 nonché in via derivata l’ordinanza di demolizione n.7/2010 parimenti impugnata.

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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