Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-12-2011, n. 6628 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. L’attuale appellante, Sig. D. A., ha impugnato sub R.G. 5845 del 2001 dinanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, la determinazione dirigenziale n. 674 del 3 aprile 2001 con cui il Comune di Roma – Circoscrizione XVI gli ha ingiunto di demolire manufatti abusivamente realizzati e segnatamente costituiti da una veranda tamponata per tre lati delle dimensioni di m. 1,80 per 3,00 con altezza variabile da m. 2,50 a m.. 2,85 circa, un manufatto in alluminio anodizzato di m. 1,50 x 1,30 adibito a ripostiglio e una tettoia di m. 8,00 con altezza variabile da m. 2,50 a 2,85.

L’Amministrazione Comunale, costituitasi in giudizio, ha chiesto la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 3943 dd. 14 giugno 2001 il T.A.R., ritenendo che per la realizzazione di tali opere non necessitava il rilascio di concessione edilizia, ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

1.2. Con ulteriore ricorso proposto sempre ivi sub R.G. 199 del 2003 l’A. ha quindi chiesto l’annullamento della determinazione n. 1330 dd. 30 settembre 2002 con la quale il medesimo dirigente gli ha ordinato di demolire una tettoia estesa per 15 mq..

L’Amministrazione Comunale, costituitasi anche in tale giudizio, ha parimenti chiesto la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 837 dd. 13 febbraio 2003 il T.A.R., considerato che la fattispecie si connotava quale mera prosecuzione di opere la cui demolizione era già stata inibita con l’anzidetta ordinanza cautelare n. 3943 del 2001 ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

1.3. Con altro ricorso proposto sub R.G. 9608/03 R.G. l’A. ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 969 d. 23 giugno 2003 con cui l’anzidetto dirigente gli ha ordinato di demolire l’opera costituita dalla tamponatura, mediante pannelli in vetro, di una precedente tettoia con conseguente realizzazione di una veranda e correlato aumento di volumetria.

Anche in tale procedimento si è costituito il Comune di Roma, concludendo per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 5441 dd. 31 ottobre 2003 il T.A.R. ha respinto l’istanza cautelare di sospensione dell’atto impugnato avanzata dal ricorrente, "considerato che, nella specie" veniva "perseguita la realizzazione di nuovo volume conseguente alla tamponatura di tettoia, i cui precedenti provvedimenti di demolizione sono stati inibiti dalla Sezione con ordinanza cautelare n. 3943 del 2001 e n. 837 del 2003… per avere essi ad oggetto la tettoia allora non tamponata";

1.4. Con ricorso proposto sub R.G. 348 del 2009 l’A. ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 2441 del 04/12/08 con cui il Comune di Roma – Municipio XVI ha reiterato l’ordine di demolizione, già contenuto nell’ordinanza dirigenziale n. 969 del 2003 ed impugnata sub R.G. 9608 del 2003 ed avente ad oggetto, come dianzi precisato, la tamponatura di una tettoia attraverso la posa di circa 9 metri di pannelli in vetro.

Il Comune di Roma si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 801 dd. 19 febbraio 2009 il T.A.R. ha anche in questo caso respinto l’istanza cautelare di sospensione dell’atto impugnato avanzata dal ricorrente, "considerato che, ad un sommario esame, le opere contestate (rectius: " tamponatura di tettoia",con conseguente aumento di volume)appaiono soggette a permesso di costruire; considerato, ancora, che non appare che le stesse opere formino oggetto di domande di condono edilizio e/o di titoli abilitativi già rilasciati; rilevato, poi, che le stesse opere sono già state oggetto dell’ordine di demolizione impartito con la determina dirigenziale n. 969 del 2003, pienamente operante in quanto non sospesa nell’ambito del giudizio instaurato con il ricorso R.G. 9608 del 2003".

Esso TAR ha dunque ritenuto che non sussistono le ragioni richieste dalla legge per l’accoglimento della sospensiva.

1.5. Da ultimo, con ricorso proposto sub R.G. 8269 del 2009 l’A. ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 1150 del 30 giugno 2009 con cui il Comune di Roma – Municipio XVI gli ha ordinato, à sensi dell’art. 37 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, di pagare la sanzione pecuniaria pari ad Euro 13.400,00.- per la realizzazione delle predette opere già rese oggetto delle determinazioni dirigenziali n. 674 del 01 e n. 1330 del 2002, ossia la veranda tamponata per tre lati delle dimensioni di m. 1,80 per 3,00 con altezza variabile da m. 2,50 a m.. 2,85 circa, il manufatto in alluminio anodizzato di m. 1,50 x 1,30 adibito a ripostiglio, la tettoia di m. 8,00 con altezza variabile da m. 2,50 a 2,85 e la tettoia estesa per mq. 15.

L’Amministrazione Comunale, costituitasi in giudizio, ha chiesto la reiezione del ricorso

Con ordinanza n. 5055 dd. 29 ottobre 2009 il T.A.R. ha respinto l’istanza cautelare di sospensione dell’atto impugnato avanzata dal ricorrente, "considerato che il ricorso non è assistito da sufficienti profili di fondatezza in quanto, in assenza di specifiche censure aventi ad oggetto l’entità della sanzione pecuniaria irrogata, l’applicazione della stessa costituisce atto dovuto in relazione all’assenza di titolo edilizio concernente le opere indicate nel provvedimento impugnato".

1.6. Con la sentenza in epigrafe il T.A.R., previa riunione dei sopradescritti ricorsi:

a) ha dichiarato l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dei ricorsi proposti sub R.G. 5845 del 2001 e sub R.G. 199 del 2003;

b) ha respinto i ricorsi proposto sub R.G. 9608 del 2003, sub R.G. 348 del 2009 e sub R.G. 8269 del 2009.

Lo stesso giudice di primo grado ha compensato integralmente tra le parti le spese relative ai procedimenti sub R.G. 5845 del 2001 e sub R.G. 199 del 2003, nel mentre ha condannato l’A. al pagamento delle spese processuali relative ai giudizi proposti sub R.G. 9608 del 2003, sub R.G. 348 del 2009 R.G. e sub R.G. 8269 del 2009 R.G., liquidandole nella misura di complessivi Euro 3.000,00.- per diritti ed onorari, oltre ad IVA e CPA.

Giova precisare che l’improcedibilità dei ricorsi proposti sub R.G. 5845 del 2001 e sub R.G. 199 del 2003 è conseguita – come puntualizzato dallo stesso giudice di primo grado – da "un’autonoma rivalutazione della fattispecie da parte del Comune il quale, condividendo la qualificazione operata dal Tribunale, ha applicato il regime sanzionatorio previsto dall’art. 37 del D.P.R. n. 380 del 2001 per le opere soggette a denuncia d’inizio di attività"; ossia "il provvedimento di applicazione della sanzione pecuniaria, in quanto sostitutivo della demolizione irrogata con i provvedimenti del 3 aprile 2001 e del 30 settembre 2002 (impugnati con i ricorsi n. 5845 del 2001 R.G. e n. 199 del 2003 R.G.) è stato adottato dal Comune di Roma sul presupposto della definitiva perdita di efficacia di questi ultimi" (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).

Lo stesso giudice di primo grado ha quindi respinto il ricorso proposto sub R.G. 8269 del 2009 avverso la determinazione recante l’irrogazione dell’anzidetta sanzione pecuniaria di Euro 13.400,00., corrispondente à sensi dell’art. 37 del T.U. approvato con D.P.R. 380 del 2001 al doppio dell’aumento di valore conseguente alla realizzazione delle opere predette in assenza della denuncia di inizio di attività, al riguardo necessaria.

Al fine della legittimità dell’irrogazione di tale sanzione il T.A.R. ha considerato del tutto ininfluenti le allegazioni dell’A. circa l’avvenuto pagamento, da parte sua, dell’aumento di valore conseguito dall’immobile attraverso l’aggiornamento del reddito catastale ed il correlato aumento dell’I.C.I. in quanto tutto ciò costituisce conseguenza "fisiologica" dell’aumento di valore del bene e, in quanto tale, distinta dalla sanzione applicata.

Il ricorso proposto sub R.G. 9608 del 2003 è stato parimenti respinto dal T.A.R. posto che l’ingiunzione a demolire ivi impugnata ha per oggetto- come detto innanzi – la tamponatura, mediante pannelli in vetro, di una precedente tettoia con conseguente realizzazione di una veranda e correlato aumento di volumetria: opera, questa, che il giudice di primo grado ha correttamente qualificato, à sensi dell’art. 3 del T.U. approvato con D.R.R. 380 del 2001 come ristrutturazione edilizia poiché comportante, in conseguenza dell’aumento di volumetria correlata, la realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione e – perciò – assoggettata, à sensi dell’art. 10 del medesimo T.U. al rilascio del permesso di costruire, nella specie non conseguito dall’A.: e da qui, dunque, la legittimità dell’irrogazione, à sensi dell’art. 33 del medesimo T.U., della sanzione della demolizione.

Per lo stesso motivo il giudice di primo grado ha anche respinto il ricorso sub R.G. 348 del 2009 proposto avverso la determinazione dirigenziale n. 2441 del 2008, recante la reiterazione dell’ingiunzione a demolire lo stesso manufatto.

Correttamente, inoltre, il T.A.R. ha rimarcato che, a differenza di quanto sostenuto dall’A., le due ingiunzioni a demolire ora riferite attengono ad opera diversa sia da quelle per le quali è stata irrogata la predetta sanzione pecuniaria, sia da quelle oggetto delle domande di condono edilizio da lui presentate à sensi dell’art. 31 e ss. della L. 28 febbraio 1985 n. 47, "se non altro perché la data di realizzazione del manufatto risulta di gran lunga posteriore all’epoca di presentazione delle domande di sanatoria (avvenuta nel 1985)" (cfr. pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata).

2.1. Tutto ciò premesso, con l’appello in epigrafe l’A. ha chiesto la riforma della sentenza resa dal giudice di primo grado, ribadendo che le opere in questione sarebbero state rese oggetto di condono edilizio e che comunque sarebbe "giurisprudenza ormai costante che le piccole costruzioni effettuate su terrazze e balconi non hanno necessità alcuna di concessione edilizia" (cfr. pag.5 dell’atto di appello).

Tale assunto, anche al di là della sua evidente genericità ed intrinseca inattualità (l’abilitazione a costruire non è più infatti rilasciata mediante concessione edilizia di cui all’art. 4 della L. 28 gennaio 1977 n. 10 ovvero mediante autorizzazione edilizia à sensi dell’art. 7 del D.L. 23 gennaio 1982 n. 9 convertito con modificazioni in L. 25 marzo 1982 n. 94, ma, all’epoca dei fatti di causa, era rispettivamente conseguente, à sensi dell’art. 10 e ss. e dell’art. 22 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 380 del 2001, al rilascio del permesso di costruire o alla presentazione di una denuncia di inizio di attività), è testualmente smentito dalla circostanza per cui, à sensi dell’art. 6 del medesimo T.U. 380, nel testo vigente all’epoca dei fatti di causa, potevano essere realizzati in regime di "edilizia libera", ossia senza rilascio del permesso di costruire, ovvero senza presentazione di denuncia di inizio di attività, soltanto i seguenti interventi:

a) interventi di manutenzione ordinaria;

b) interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio;

c) opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato.

E’ ben evidente, quindi, che le opere complessivamente realizzate dall’A. e – da ultimo – correttamente rese oggetto da parte dell’Amministrazione comunale in parte di sanzione pecuniaria e in parte di sanzione di demolizione non rientrano nelle ipotesi ora elencate; né – a ben vedere – rientrano nel più favorevole ius superveniens introdotto per effetto dell’art. 5, comma 1, del D.L. 25 marzo 2010 n. 40 convertito in L. 22 maggio 2010 n. 73, come modificato dall’art. 7, comma 3, del D.L.vo 3 marzo 2011 n. 28, che contempla ora come realizzabili in regime libero i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agrosilvopastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari, nonché le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola.

Correttamente, quindi, l’Amministrazione comunale ha a quel tempo configurato l’apposizione di una consistente tamponatura ad una tettoia (9 metri di lunghezza) come "ristrutturazione edilizia", à sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del T.U. 380 del 2001, ossia come intervento rivolto a trasformare l’organismo edilizio "mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente", e ciò anche mediante "l’inserimento di nuovi elementi ed impianti" (cfr. art. 3 cit.); e, altrettanto correttamente, ha a quel tempo irrogato la predetta sanzione pecuniaria per le opere non assistite dalla presentazione della denuncia di inizio di attività.

Né, per lo stesso motivo affermato dal giudice di primo grado, può reputarsi che le opere complessivamente realizzate senza titoli di sorta da parte dell’A. siano oggetto della domanda di condono edilizio da lui presentato nel 1985, poiché la data di realizzazione di esse risulta comunque considerevolmente posteriore all’epoca di presentazione della domanda di sanatoria.

Da ultimo, non possono per certo essere considerate da questo giudice le mere doglianze dell’appellante secondo le quali le vicende dello stesso sarebbero riconducibili ad una sorta di "persecuzione amministrativogiudiziaria" perpetrata nei suoi confronti.

2.2 L’appello va – pertanto – respinto, non sottacendo, peraltro, che, ferma l’inderogabile necessità per l’Ashenazi di pagare la sanzione irrogata per la mancata presentazione della denuncia di inizio di attività per la realizzazione dei manufatti già assoggettati a tale regime, egli potrà sempre ottemperare in via diretta all’ingiunzione a demolire la tamponatura abusivamente realizzata per poi eventualmente avvalersi della facoltà, espressamente disposta ora dall’anzidetto art. 5, comma 1, del D.L. 40 del 2010 convertito in L. 73 del 2010 per gli interventi di ristrutturazione edilizia, di riapporre la stessa "previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori": il tutto, ovviamente, con il correlativo poteredovere dell’Amministrazione Comunale di verifica della circostanza che la rinnovata opera non necessiti, per le sue concrete caratteristiche, di altro regime per la sua legittima realizzazione.

3. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, in considerazione della circostanza che il Comune, dopo il deposito di una mera costituzione di forma, non ha svolto alcuna attività processuale.

Va – altresì – dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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