Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-10-2011) 11-11-2011, n. 41368 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. La difesa di T.G. propone ricorso avverso l’ordinanza del 27 gennaio 2011 con la quale, parzialmente annullando l’ordinanza impositiva emessa riguardo ad imputazione associativa ed a singoli reati fine in materia di spaccio di stupefacenti, il Tribunale di Catanzaro ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal gip di quell’ufficio solo in relazione a questi ultimi reati.

Con il primo motivo si eccepisce l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre la scadenza del termine massimo intercorrente tra l’iscrizione nel registro degli indagati del nominativo del ricorrente e le conversazioni dalle quali sono stati desunti i gravi indizi.

2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge e difetto di motivazione riguardo la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e l’attualità delle esigenze cautelari, non avendo il giudice del riesame posto in luce gli elementi a favore dell’indagato costituiti dal decorso del tempo dall’epoca dello sviluppo delle pretese condotte criminose, dai periodi di carcerazione preventiva sofferta, ed dall’annullamento della misura riguardante il reato associativo.

La valutazione positiva operata in riferimento alla sussistenza degli elementi giustificativi della misura in relazione ai reati fine non è compatibile con la difforme valutazione svolta in ordine all’insussistenza di elementi relativi alla partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso, di cui si è svalutata la portata indiziaria. Nessun elemento risulta poi esaminato per giustificare il permanere dell’adeguatezza e proporzionalità della misura custodiale, sicuramente mutata rispetto alla valutazione del primo giudice, stante l’annullamento intervenuto.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

Sotto un primo profilo si osserva che l’eccezione relativa al decorso dei termini massimi per le indagini all’atto della captazione delle conversazioni considerate indizianti della partecipazione dei ricorrente all’illecito è del tutto generica, riferendosi essa, su un piano meramente assertivo, ad una data di iscrizione nel registro degli indagati dell’interessato indicata solo nel mese e nell’anno, senza individuazione del titolo di reato, elementi tutti essenziali al fine di verificare la fondatezza dell’assunto e che, per il principio di autosufficienza del ricorso avrebbero dovuto essere documentati dalla difesa, non essendo ricavabili dagli atti. Ciò anche al fine di consentire la verifica della collocazione nel medesimo periodo temporale dell’annotazione relativa alla cessione degli stupefacenti, poichè è pacifico che la decorrenza normativa debba avere riguardo il singolo indagato, ed il reato per cui si procede, non potendosi escludere che, nella raccolta di materiale investigativo, all’evidenziazione di elementi attinenti specifici reati, sia intervenuta nuova iscrizione, all’atto dell’accertamento del coinvolgimento di T. nelle singole cessioni.

2. Anche le contestazioni relative all’assenza di gravita indiziaria e delle esigenze cautelari risultano prive di fondamento, poichè il provvedimento impugnato ha richiamato, sotto un primo profilo, le plurime conversazioni dalle quali è dato ricavare la costanza della collaborazione resa da T. nella cessione di stupefacenti, a supporto dell’attività condotta dal suo sodale, agli arresti domiciliari, con dimostrazione di costante partecipazione al ruolo di staffetta per le consegne, dall’altro l’inquietante quadro di inserimento nell’illecito derivante dal numero delle cessioni realizzate, e dalla disponibilità alla collaborazione con persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, nonchè le frequentazioni in ambito criminale rilevate grazie alle intercettazioni, elementi tutti che permettono di valutare l’ampiezza, la congruità e la logicità delle argomentazioni svolte, rispetto alle quali il decorso del tempo dalla consumazione dei fatti, in mancanza di allegazione di un tangibile mutamento delle condizioni di vita, non assume rilievo escludente.

A tal proposito risulta altresì irrilevante l’accertata mancanza della gravita indiziaria in ordine al reato associativo, a fronte delle specifiche condizioni di svolgimento delle attività relative reato fine, evidenziate dal giudice di merito, e sopra richiamate, che attestano un elevato pericolo di reiterazione, desumibile dalla disponibilità dimostrata anche a fronte di provvedimenti coercitivi applicati ai correi, condotta congruamente posta in luce dal giudice di merito quale indicativa della pericolosità, ed in relazione alla quale deve giungersi ad una valutazione di congruità e coerenza della motivazione.

3. Ne consegue che deve pervenirsi al rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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