Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-10-2011) 11-11-2011, n. 41361 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di M.S. propone ricorso avverso l’ordinanza del 28 aprile 2011 del Tribunale di Catania con la quale è stato respinto il riesame proposto avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa in relazione ai reati di cui al art. 74, commi 1 e 3 e 4, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, artt. 73 e 80, comma 2.

Si lamenta mancanza di motivazione riguardante i requisiti dell’associazione, nonchè l’ingente quantità della sostanza stupefacente che si assume ceduta a terzi dall’interessato.

In particolare la motivazione non attinge l’apporto causale del ricorrente in ordine agli episodi concreti a lui addebitabili, la coscienza e volontà di partecipare e rafforzare un gruppo criminale e finanche la conoscenza degli altri associati, nè il provvedimento impugnato valorizza episodi dai quali poter desumere la sua partecipazione alla spartizione degli utili o all’assunzione delle decisioni ed alle modalità di svolgimento dell’attività illecita da parte del gruppo.

A carico dell’odierno ricorrente il Tribunale del riesame individua le occasioni in cui l’indagato avrebbe avvertito tale L., agli arresti domiciliari, della presenza della polizia nei pressi della sua abitazione, situazione di fatto che potrebbe giustificare la contestazione del reato di favoreggiamento o del delitto fine, ma dalla quale non risulta possibile trarre elementi sulla sua partecipazione all’attività associativa.

Si assume che nessun elemento ulteriore possa ricavarsi dalle intercettazioni telefoniche citate nell’ordinanza, dalle quali non è dato desumere che il ricorrente abbia svolto attività di cessione di droga, nè si ritiene che tale valutazione possa trarsi dalla visione dei filmati acquisiti, tanto che il provvedimento impugnato fa testuale riferimento ad un’azione verosimilmente finalizzata spaccio.

La mancanza di indizi può desumersi anche dalla circostanza che i pochi collaboratori di giustizia non hanno mai fatto il nome di M..

I medesimi motivi di censura vengono sollevati in riferimento alla presenza di indizi in relazione ai reati scopo.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

Le allegazioni in esse contenute si fondano, in via principale, sulla svalutazione degli elementi di accusa, pur compiutamente riprodotti nell’ordinanza impugnata.

In particolare è importante rilevare come nel provvedimento viene ricostruita l’attività del gruppo organizzato, dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti, costretto a una nuova organizzazione e formazione a livello personale a seguito dell’arresto di L.G. S., intervenuto in data 8 marzo 2010. Grazie alle conversazioni telefoniche intercettate, il cui portato viene analiticamente ricostruito nell’ordinanza, gli inquirenti hanno potuto cogliere il collegamento dell’arrestato, L.G., con tale P. e di quest’ultimo con L.E., presso la cui abitazione sono scattati i controlli, anche con videoriprese, che hanno condotto ad accertare lo svolgimento di attività di spaccio organizzata in una maniera costante, che si svolgeva riproducendo un’analoga modalità attuativa, attraverso la partecipazione di più persone. In particolare, risulta evidenziata nel provvedimento la presenza di una struttura operativa con rigido riparto di ruoli e continuo presidio del territorio, grazie all’attività di coloro i quali si interessavano delle cessioni, che svolgevano il loro incarico assicurando turni di lavoro che coprivano l’arco dell’intera giornata, dietro corresponsione di un compenso fisso.

Gli elementi richiamati danno conto sia della presenza, a livello indiziario, dell’associazione finalizzata allo spaccio, sia dell’impossibilità di circoscrivere il contatto telefonico colto tra L. ed il ricorrente, nel cuore della notte ed in più occasioni, ad una mera ipotesi di favoreggiamento, in quanto le conversazioni citate nel provvedimento dimostrano una compartecipazione all’illecito, evidenziata dalla richiesta e ricerca della merce da cedere, dalla definizione del tempo lavorativo In ragione della sostanza ancora a disposizione, azione che rimanda ai turni orari richiamati, e della rigidità di tali previsioni, posto che M. risulta dare conto proprio a L. dei tempi in cui garantisce l’esecuzione del compito affidatogli, nel corso della sera durante la quale si registra la conversazione.

Tali elementi, unitamente all’impossibilità di ipotizzare un’estemporanea attività di spaccio svolta in autonomia, in territorio pacificamente presidiato da un gruppo organizzato, anche con strumenti fissi quali le telecamere, ricorrendo alle modalità di approvvigionamento garantite dal L., denota la partecipazione del ricorrente all’illecito associativo.

2. Analogamente insussistente risulta la contestazione relativa alla assenza di indizi della consumazione dei reati fine poichè, come si è già accennato, risultano ampiamente indicate nell’ordinanza specifiche conversazioni dalle quali è agevole trarre la sollecitazione rivolta dal ricorrente a L. di consentire la nuova fornitura per giustificare la sua ulteriore presenza temporale nel luogo pubblico ove veniva garantito lo smercio; l’accertato passaggio di L. verso il luogo ove la droga veniva custodita immediatamente a seguito della richiamata conversazione, nonchè, in ulteriore circostanza, le dichiarazioni rese dal ricorrente al suo referente sulla perdita della merce.

Gli elementi richiamati nell’ordinanza denotano la sussistenza dei gravi indizi nell’esecuzione dei reati fine inquadrati nell’ambito dell’attività associativa ed escludono quindi la fondatezza dell’eccezione di violazione di legge quanto alla valutazione degli indizi e di vizio di motivazione in riferimento alla contestazioni formulate.

3. L’eccezione relativa alla mancanza di motivazione sulla conferma dell’aggravante contestata con riferimento al reato fine, è inammissibile poichè per il principio devolutivo che caratterizza tutte le impugnazioni, perchè possa rilevare un difetto di motivazione questo deve riguardare elementi sottoposti a contestazione dinanzi al giudice del riesame, circostanza che deve essere dimostrata dal ricorrente (Sez. 1, Sentenza n. 1786 del 05/12/2003, dep. 21/01/2004, imp. Marchese, Rv. 227110). Tale condizione di fatto nella specie non si è verificata, non risultando nè dall’allegazione del ricorso proposto, nè dal verbale di udienza, nè dall’esposizione contenuta nel provvedimento, che sia stata contestata la ricorrenza dell’aggravante indicata.

In ragione di ciò non può valutarsi carente di motivazione dell’ordinanza impugnata, dovendo l’ampiezza della stessa essere giudicata in funzione degli elementi di contestazione sottoposti alla cognizione del giudice.

4. Ne consegue che debba giungersi al rigetto dell’istanza proposta, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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