Cass. civ. Sez. VI, Sent., 18-05-2012, n. 7953 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che:

1. Il Ministero della Giustizia propone ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Roma menzionato in epigrafe deducendo: a) violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 (art. 360 c.p.c., n. 3). Il Ministero ritiene non congrua la durata di cinque anni indicata come ragionevole dalla Corte di appello in relazione alla complessità della procedura (facendo riferimento al dato delle 33 opposizioni allo stato passivo) e agli interessi economici in essa coinvolti; b) motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia consistente nella individuazione del dies a quo da cui far decorrere la durata di cinque anni da ritenere congrua. Il Ministero ritiene che la decorrenza andava fissata dalla data di definizione dell’opposizione allo stato passivo e non dalla data di insinuazione; c) motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia consistente nella capacità del fallimento all’esito del rendiconto finale di soddisfare i creditori privilegiati ex art. 2751 bis c.c., n. 1, quali sono gli odierni intimati, nella misura del 30-32% pari a quella garantita dall’INPS. Il Ministero ritiene che il non aver valutato tale circostanza come un fattore riduttivo del danno connesso alla durata della procedura, alla pari con le circostanze della notevole riduzione dei crediti vantati in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo costituisca un grave vizio motivazionale;

2. Non svolgono difese gli intimati.

Ritenuto che:

3. Il ricorso è parzialmente fondato in relazione alla durata ragionevole della procedura che, stante il consistente numero di opposizioni allo stato passivo e di procedure contenziose dipendenti, va stimata in sette anni seguendo l’orientamento di questa Corte tracciato dalla ordinanza n. 5316 del 4 marzo 2011 secondo cui, in tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, a norma della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, la complessità della procedura fallimentare, la cui durata sia stata condizionata da altro procedimento, è rilevante ai fini della liquidazione dell’indennizzo, in quanto al tempo ordinario della procedura fallimentare deve aggiungersi quello relativo all’altro procedimento.

4. In conseguenza il tempo eccedente la ragionevole durata, rilevante ai fini del giudizio di equa riparazione, va ridotto di due anni rispetto a quello stimato dalla Corte di appello.

5. Va inoltre applicato il parametro minimo fissato da questa Corte di 750 Euro annui per i primi tre anni di durata eccessiva rispetto a quella ragionevole (Cass. civ. sezione 6-1, ordinanza n. 17922 del 30 luglio 2010, secondo cui ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno).

6. In considerazione della riduzione dell’indennizzo conseguente all’accoglimento del ricorso la condanna del Ministero della Giustizia alle spese del giudizio di merito va rideterminata in complessivi Euro 873. 7. Le spese del giudizio di cassazione devono essere poste, in solido, a carico degli intimati.

P.Q.M.

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il ricorso, cassa in relazione il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero al pagamento dell’equa riparazione nella misura di 3.250 Euro per ciascun ricorrente e al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in complessivi Euro 873, di cui 50 Euro per spese, 378 per diritti e 445 per onorari. Condanna gli intimati in solido al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in Euro 565 oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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