Cass. civ. Sez. VI, Sent., 18-05-2012, n. 7948

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che:

1. R.I., G.A., S.G., St.Ma.Te., T.E., C.P. e B.D., propongono ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Roma menzionato in epigrafe deducendo: a) violazione e/o falsa applicazione di legge (della L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 6, 13, 35 e 41 C.E.D.U. nonchè illogica e/o contraddittoria motivazione. I ricorrenti lamentano che la Corte di appello abbia ridotto l’ammontare dell’indennizzo rispetto a quello spettante applicando i parametri elaborati dalla Corte di Strasburgo (1.000 – 1.500 Euro per anno di ritardo) basandosi su una apodittica entità economica della controversia e senza nessuna comparazione con la concreta condizione socio-economica delle parti;

b) violazione e falsa applicazione di legge (della L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 1173 c.c.)- I ricorrenti contestano la decorrenza degli interessi dalla data del decreto invece che della domanda;

c) violazione e/o falsa applicazione di legge ( art. 91 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004, artt. 4 e 5). I ricorrenti lamentano la violazione dei minimi tariffari in materia di spese processuali e la liquidazione di un solo onorario anche per la fase antecedente la riunione dei ricorsi. Non svolge difese il Ministero.

Ritenuto che:

2. Il ricorso è fondato. Quanto al primo motivo va richiamato l’orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, è riscontrabile davanti al giudice amministrativo con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che la decorrenza del termine di ragionevole durata possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo o alla ritardata presentazione di essa, atteso che tale evenienza può incidere esclusivamente sulla determinazione dell’indennità spettante, ai sensi dell’art. 2056 cod. civ., all’avente diritto, come ribadito dai più recenti orientamenti della Corte Europea dei diritti dell’uomo (Decisione Volta et autres c. Italia del 16 marzo 2010 e Falco et autres c. Italia del 6 aprile 2010), secondo i quali è possibile al giudice nazionale modulare la quantificazione del risarcimento in considerazione della peculiarità del caso e scendere al di sotto dell’importo di mille Euro normalmente liquidate.

3. In applicazione di questo orientamento, la riduzione dell’importo liquidato annualmente al di sotto dei mille Euro è coerente se la applicazione della misura indennitaria ridotta si riferisca a tutto il corso del procedimento. Nella specie la Corte di appello non si è attenuta a questo criterio e ciò comporta che debba procedersi a una rideterminazione dell’equa riparazione e all’applicazione del parametro utilizzato da questa Corte, in casi analoghi, di 500 Euro per ogni anno di durata del procedimento. Il primo motivo di ricorso va pertanto accolto con condanna del Ministero al pagamento della complessiva somma di 7.000 Euro per ogni ricorrente a titolo di equa riparazione per la durata non ragionevole del procedimento.

4. Quanto al secondo motivo va richiamata la giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le altre Cass. civ. n. 18150 del 5 settembre 2011) secondo cui "l’obbligazione avente ad oggetto l’equa riparazione si configura, non già come obbligazione ex delicto, ma come obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico e dal suo carattere indennitario discende che gli interessi legali possono decorrere, semprechè richiesti, dalla data della domanda di equa riparazione, in base al principio secondo etti gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere d’incertezza e illiquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria, mentre, in considerazione del carattere indennitario dell’obbligazione, nessuna rivalutazione può essere accordata". 5. Il terzo motivo è anch’esso fondato dovendosi tenere conto nella liquidazione delle spese del giudizio di merito della proposizione separata dei ricorsi e della loro riunione in sede di discussione.

6. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di 7.000 Euro a titolo di equa riparazione con interessi legali dalla domanda al saldo. Condanna il Ministero al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado liquidate in Euro 5.530 di cui Euro 100 per spese, 2.540 per diritti e 2.890 per onorari, con distrazione a favore dei procuratori, avv.ti Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisi antistatari, e al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 965 di cui 865 Euro per onorari e 100 per spese, con distrazione in favore del difensore antistatario, avv.to Ferdinando Emilio Abbate.

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