Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-10-2011) 11-11-2011, n. 41327

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di R.G. propone ricorso avverso la sentenza del 9 dicembre 2009 della Corte d’appello di Palermo con la quale è stata confermata la condanna pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Con il primo motivo si lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per avere il giudice disatteso il rilievo relativo all’assenza di prova certa a carico dell’imputato, desumibile dall’esito negativo di perquisizioni e sequestri della sua abitazione e pertinenze, offrendo rilievo probatorio esclusivamente alla chiamata in correità di C., ritenuto intrinsecamente attendibile, concludendo che con questi egli abbia realizzato la detenzione la sostanza stupefacente, dimenticando che lo stesso chiamante non ha mai ammesso la codetenzione.

Si contesta poi che la versione del coimputato possa ritenersi riscontrata dalle risultanze dei controlli sui movimenti del telefono dell’imputato, sulla base dei quali, secondo il ricorrente, si desume al contrario un movimento sul territorio del tutto diverso rispetto a quello da questi indicato. Ulteriormente contraddittoria è considerata la valutazione dell’esito positivo dell’esame tossicologico, svolto sull’odierno ricorrente, ritenuta conferma dell’assaggio della sostanza stupefacente riferito dal dichiarante, poichè il perito nominato non ha potuto collocare in maniera temporalmente certa l’assunzione della sostanza stupefacente da parte dell’interessato rispetto al momento del controllo.

Contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, si ritiene quindi mancante il riscontro delle dichiarazioni del coimputato.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge sull’operata valutazione di detenzione per uso non personale, ignorando la qualità di tossicodipendente dell’interessato, le modalità di custodia delle dosi, rapportate alla situazione personale del R., con riferimento al reddito del suo nucleo familiare, la mancanza di attrezzature idonee al confezionamento di dosi. Si lamenta violazione di legge con riferimento all’applicazione dei criteri determinativi della sanzione in punto di mancata concessione delle attenuanti generiche, e di determinazione della pena, per effetto della riconosciuta applicazione della diminuente del quinto comma, avendo il giudice determinato la sanzione in misura superiore al minimo in ragione della valorizzazione di una recidiva ritenuta sussistente, ma non contestata.

In tal senso si ritiene contraddittoria l’argomentazione sostenuta con riferimento alla ritenuta tenuità del fatto di reità, cui non aveva fatto seguito la correlativa determinazione della pena nel minimo.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, riproponendo rilievi di merito, senza confrontarsi con la motivazione del giudice di secondo grado, di cui si contestano le conclusioni, sostanzialmente sollecitando nuove determinazioni di fatto, senza indicare intrinseche contraddizioni tra le conclusioni raggiunte e specifiche risultanze di segno contrario.

In particolare, l’esame degli atti consente di valutare completa e non contraddittoria l’analisi degli elementi di riscontro, rispetto alle cui valutazioni il ricorrente si limita ad allegare deduzioni di fatto, già superate nella sentenza. In particolare, si è evidenziato nel provvedimento impugnato che il racconto di C. è riscontrato dalla circostanza che l’esame degli impulsi inviati dall’utenza telefonica di R. conferma esattamente il percorso segnalato dal dichiarante, e rispetto alla circostanza dedotta dalla difesa, secondo cui non vi sarebbe un riscontro sui tempi di percorrenza, la sentenza ha chiarito che il rilievo operato sulle celle telefoniche non può fornire l’esatta allocazione del possessore dell’utenza, proprio in ragione dell’andamento concentrico delle onde, ma solo indicare un percorso, sicchè l’attivazione di un determinato ripetitore segnala la presenza nella zona da questo servita, non la sua allocazione esattamente nei pressi. A fronte di queste argomentazioni di natura tecnica, fondate sul notorio acquisto in materia, la difesa si limita a reiterare le osservazioni già formulate in senso contrario, senza denunciare contrasti logici del percorso argomentativo.

Analogamente, a fronte di quanto accertato, la valorizzazione della sussistenza di un’assunzione di stupefacenti, recente ma non specificamente collocabile nel tempo, costituisce un ulteriore elemento che, valutato unitamente all’altro, chiaramente esaminato nel provvedimento, rende ragione della ampiezza del percorso argomentativo, e dell’assenza di interna contraddizione nella ricostruzione dell’episodio.

Non risulta idonea a smentire l’affidabilità del narrato del dichiarante la sua mancata assunzione di responsabilità per la detenzione di stupefacente, in quanto pacificamente singoli elementi di non credibilità del collaborante, ove giustificabili da un’esigenza auto difensiva, come nel caso concreto, non consentono di escludere la valenza probatoria del dato, per il principio della credibilità frazionata, più volte ritenuto da questa Corte (da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 20514 del 28/04/2010, dep. 28/05/2010, Arman Ahmed, Rv. 247346).

2. Il secondo motivo ignora le indicazioni fornite in sentenza sulla destinazione allo spaccio della sostanza, desunta dall’elevata concentrazione di principio attivo, dal suo quantitativo complessivo, dal rinvenimento di sostanza da taglio nell’abitazione dell’interessato, oltre che di pezzi di cellophane solitamente usati per confezionare le dosi, sicchè rispetto alla dedotta violazione di legge, per l’esclusione dell’uso personale, si ravvisa l’evidente inammissibilità dell’impugnazione, che prescinde dalle motivazioni rese nella pronuncia impugnata.

Analogamente completa e corretta è la motivazione fornita riguardo la determinazione della pena, rispetto alla quale il ricorrente denuncia genericamente una violazione di legge insussistente, essendo compito del giudice di merito determinare la sanzione nei limiti edittalmente previsti e nella specie la sua specifica determinazione risulta ampiamente argomentata, con motivazione che si sottrae a censura in sede di legittimità. E’ bene evidenziare infatti che non risulta operato un aumento di pena in relazione ad una recidiva non contestata, ma semplicemente esclusa la concessione delle attenuanti generiche, nel presupposto che da tale elemento dovesse trarsi una valutazione di pericolosità, peraltro non contrastata dalla difesa, con l’allegazione di elementi positivi che si assumono ingiustamente ignorati. Anche i criteri legali per la determinazione della pena risultano, contrariamente all’assunto contenuto in ricorso, correttamente applicati, avendo il giudice fatto riferimento alla concentrazione di principio attivo della sostanza sequestrata che, se pure complessivamente di minima entità, induceva a parametrare la pena base in misura superiore al minimo, circostanza che denota il corretto esercizio della discrezionalità nella determinazione della sanzione effettuato nella pronuncia impugnata.

3. La dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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