T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 16-12-2011, n. 3210

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La ricorrente ha effettuato opere interne nell’immobile di sua proprietà, in forza di DIA in variante presentata in data 15.11.2000.

L’Amministrazione Comunale, a seguito di un sopralluogo, ha contestato alcune difformità, interessanti opere minori (la mancanza di una porta e la diversa collocazione dei serramenti), nonché la creazione ex novo di due soppalchi interni.

Con provvedimento PG 220356/2005 del 24.2.2005 il Dirigente del Settore Sportello Unico per l’Edilizia ha ordinato la demolizione dei soppalchi, rappresentando la possibilità di sanare le opere minori.

Questa prima ordinanza è stata impugnata con il ricorso principale, nella parte in cui viene disposta la demolizione dei soppalchi: sostiene parte ricorrente che i soppalchi sarebbero stati erroneamente qualificati come piani abitabili, mentre si tratterebbe di piani necessari con la sola funzione di accedere alle finestre.

Contestualmente veniva inoltrata a cura della proprietà domanda di sanatoria per le opere minori.

Il Comune di Milano ha però respinto la domanda di sanatoria, ordinando la demolizione "delle opere abusivamente realizzate, con particolare riferimento ai soppalchi realizzati".

Avverso il diniego sono stati notificati motivi aggiunti, lamentando l’incongruità della motivazione del provvedimento, in quanto viene respinta la domanda di sanatoria, senza distinzione tra le opere minori e i soppalchi.

Si è costituito in giudizio il Comune di Milano, chiedendo il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti.

All’udienza del 7 luglio 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

Il Collegio con ordinanza n. 2141 del 2.9.2011 ha chiesto la produzione della domanda di sanatoria presentata dalla ricorrente e la nota del Funzionario di Direzione del 18.12.2006, citata nel provvedimento del 29.1.2007, ma non agli atti.

Il Comune ha ottemperato depositando la documentazione richiesta, evidenziando altresì nella memoria conclusionale che la motivazione del provvedimento si deduce dalla comunicazione ex art 10 bis: il progetto presentato non rappresentava compiutamente il reale stato dei luoghi, non essendo stati raffigurati i soppalchi; tale circostanza è stata ritenuta preclusiva per l’esame di qualsiasi domanda di sanatoria.

Si afferma infatti che "non è possibile il rilascio del titolo per sanare opere se le stesse vengono omesse e indicate come se non esistessero (salvo che vengano dimostrate come smantellate)".

Secondo il Comune la falsa rappresentazione dei luoghi impediva di prendere in considerazione la domanda e quindi di sanare anche le opere minori, indicate nelle stesse tavole, che non rappresentano la vera situazione dell’immobile.

Rispetto ai soppalchi l’Amministrazione sia nell’ordinanza di demolizione che negli atti difensivi ha evidenziato che gli stessi andrebbero chiusi, ai sensi dell’art 34.3 del vigente Regolamento Edilizio, per la porzione di altezza inferiore a 2 mt,10; la loro chiusura porterebbe però alla compromissione dei rapporti aereoilluminanti in quanto prospicienti le uniche finestre degli appartamenti.

2) Il ricorso principale, proposto avverso l’ordine di demolizione dei soppalchi è infondato.

Sostiene parte ricorrente nei primi tre motivi di ricorso che si tratterebbe di soppalchi senza permanenza di persona e quindi non computabili nella s.l.p.: le disposizioni regolamentari richiamate non possono trovare applicazione in quanto si tratta di interventi di recupero del patrimonio esistente che comportano un miglioramento della situazione igienica.

L’intervento sarebbe poi riconducibile alle opere di manutenzione e non alla ristrutturazione edilizia.

I motivi non sono fondati.

Dagli atti emerge infatti che l’ordinanza è stata emessa in quanto i soppalchi non sono mai stati rappresentati nelle tavole progettuali e quindi si tratta di un’opera realizzata in difformità dal titolo edilizio.

Ciò rende legittimo l’ordine di demolizione, disposto ai sensi dell’art 33 DPR 380/2001, mentre non ha alcun rilievo che i soppalchi siano o meno destinati alla permanenza delle persone, ovvero siano finalizzati ad un miglioramento igienico sanitario dei locali.

Indipendentemente poi dalla permanenza o meno delle persone, l’opera non può rientrare nell’ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo (i quali presuppongono, ai sensi dell’art. 3, lett. c) d.P.R. n. 380/2001, la conservazione di elementi, anche strutturali, degli edifici, che siano comunque preesistenti, ovvero l’inserimento di elementi nuovi che abbiano tuttavia carattere accessorio), ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lett. c) del comma primo dell’art. 10 d.P.R. n. 380/2001, dal momento che determina una modifica della superficie dell’appartamento.

L’Amministrazione nel provvedimento ha poi voluto evidenziare come i soppalchi siano stati realizzati in violazione dell’art 38.8 del Regolamento Edilizio, perché eccedono la profondità: per rispettare la disposizione, parte del soppalco dovrebbe venire chiuso, privando così l’appartamento delle finestre.

Per tali ragioni i primi tre motivi vanno respinti.

Il quarto e ultimo motivo attiene alla violazione dell’art. 33 DPR 380/2001: l’Amministrazione avrebbe omesso di valutare la possibilità di applicare una sanzione pecuniaria.

Anche questo rilievo è infondato: il Comune ha ricondotto la fattispecie alla sfera di operatività dell’art. 33 del d.P.R. 380/2001, che prevede l’irrogazione della sanzione ripristinatoria.

L’ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto la sanzione demolitoria ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analiticoricognitivo dell’abuso commesso, mentre il giudizio sinteticovalutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria viene effettuato soltanto in un secondo momento con l’ordine di esecuzione rivolto all’ufficio competente, e cioè quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione.

3) Come risulta dalla ricostruzione in fatto, la proprietà ha presentato una domanda di sanatoria per il cambio di destinazione d’uso e le modifiche interne, su cui l’Amministrazione si è pronunciata con l’atto impugnato con motivi aggiunti.

I motivi aggiunti sono fondati, nella parte in cui la domanda di sanatoria delle opere minori viene respinta.

Infatti la tesi dell’Amministrazione Comunale, secondo cui, come sopra detto, "la sanatoria non può essere concessa perché il progetto sottoposto all’approvazione del Comune non rispecchia il reale stato dei luoghi, in quanto non dà atto dell’esistenza dei soppalchi", non è condivisibile, dal momento che le opere minori sono state esattamente rappresentate.

Subordinare il rilascio di un titolo in sanatoria alla demolizione dei soppalchi risulta quindi illogico, stante l’autonomia delle opere minori da sanare, rispetto ai soppalchi, per i quali invece è stato emesso un ordine di demolizione.

Come infatti rilevato da parte ricorrente, poiché la stessa Amministrazione aveva precedentemente riconosciuto la sanabilità delle opere minori, anche ammettendo che in sede di esame della domanda di sanatoria la valutazione potesse essere differente, l’Amministrazione avrebbe però dovuto indicare la ragione per cui riteneva le singole opere non sanabili.

La domanda ha infatti ad oggetto le opere minori e rispetto a tale domanda l’Amministrazione avrebbe dovuto pronunciarsi.

4) Per tali ragioni, il ricorso principale va respinto, mentre i motivi aggiunti devono trovare accoglimento, con conseguente annullamento del diniego della sanatoria.

Stante la reciproca soccombenza, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e i sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, respinge il ricorso principale e accoglie i motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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