Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-10-2011) 11-11-2011, n. 41137

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 23.11.2010 il Tribunale di Sorveglianza di Roma respingeva l’istanza proposta da R.A., collaboratore di giustizia (fine pena, allo stato, al 31.07.2013), in atto in detenzione domiciliare, tesa ad ottenere la liberazione condizionale.

Rilevava invero detto provvedimento che non si potevano ravvisare elementi sintomatici di un intervenuto ravvedimento, posto che non vi erano stati atteggiamenti di concreto interessamento nei confronti delle vittime dei reati, neppure in termini di condotte solidaristiche verso terzi.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che motivava l’impugnazione deducendo: – il Tribunale aveva di fatto disatteso la ricorrenza di tutti i presupposti, pur riconosciuti, per la concessione del chiesto beneficio ai sensi della L. n. 45 del 2001, art. 16, nonies; – concreta sussistenza, in realtà di tutti presupposti di legge.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva annullamento con rinvio.

4. Con memoria in data 22.06.2011 la difesa insisteva nelle proposte censure.

5. Il ricorso, fondato nei termini di cui alla seguente motivazione, deve essere accolto.

In realtà il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza, in capo al R., dei requisiti positivi richiesti (parere favorevole della DNA affermativo di cessata pericolosità sociale; suo corretto comportamento durante la collaborazione e l’espiazione della pena;

svolgimento di attività lavorativa alle dipendenze di una Cooperativa sociale), rilevando però, in senso negativo, con valenza ostativa, la mancanza di un concreto interessamento risarcitorio verso le vittime dei reati o, in alternativa, di un’attività di tipo solidaristico verso terzi. Lo stesso Tribunale, peraltro, ha già concesso al R. sia permessi premio che la misura alternativa della detenzione domiciliare (correttamente attuata dal Marzo 2007), a conferma di un processo di recupero sociale giunto a sicuro ravvedimento, posto anche che il parere della DNA attesta la cessata pericolosità sociale del condannato.- In ordine al giudizio negativo dato dal Tribunale in base al solo parametro del mancato ristoro alle vittime (o condotte equipollenti), occorre però rilevare come la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr., ex multis, Cass. Pen. Sez. 1, n. 9887 in data 01.02.2007, Rv. 236548, Pepe;

Cass. Pen. Sez 1, n. 9815 in data 15.02.2008, Rv. 239182, laglietti;

ecc.), si sia attestata, quanto ai collaboratori di giustizia, sull’insufficienza, per il rigetto dell’istanza, del solo requisito anzidetto (risarcimento verso le vittime, ovvero condotte solidaristiche alternative), imponendosi una valutazione globale della complessiva condotta del condannato ai fini della verifica del richiesto ravvedimento. La necessaria revisione critica in capo ad un collaboratore, pertanto, non può identificarsi con il mero aspetto risarcitorio. Alla stregua di tale solido indirizzo giurisprudenziale, e cioè della necessità di una valutazione globale complessiva che tenga conto dei principali parametri indicativi del certo ravvedimento (leale condotta di collaborazione, corretto comportamento in sede esecutiva, positivo esito delle misure alternative, esplicazione di attività lavorativa, pareri favorevoli degli organi preposti; ecc.) è di tutta evidenza l’insufficienza del giudizio dato dal Tribunale di Sorveglianza di Roma nel caso in esame e la contraddittorietà della relativa motivazione.- Si impone pertanto annullamento con rinvio per nuovo esame che tenga conto dei rilievi critici qui formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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