Cassazione civile anno 2005 n. 1655 Ricorso Danni Decorrenza del termine di prescrizione

ESPROPRIAZIONE PER P.U. PRESCRIZIONE E DECADENZA CIVILE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.
"Con atto di citazione notificato a controparte in data 21.6.91 G. C. e S. D. esponevano: di essere proprietari di due appartamenti siti nel condominio di via Terracina 81 Coop. Emilia, in Napoli (interni G/3 e G21); che, a seguito di lavori condominiali di impermeabilizzazione dei lastrici solari si erano verificate abbondanti infiltrazioni di acqua provenienti dalla condotta di scarico pluviale che avevano cagionato dami alla struttura muraria ed agli interni degli appartamenti di essi istanti nonchè al mobilio ivi esistente; che inutili erano stati i tentativi di bonario componimento della questione. Tanto premesso, convenivano in giudizio innanzi al Pretore di Napoli il Condominio in Napoli alla via Terracina n. 81 Coop. Emilia per ivi sentirlo dichiarare esclusivo responsabile dell’evento dannoso descritto e, per l’effetto, condannare al risarcimento dei darmi da determinarsi in corso di causa, comunque nei limiti di competenza dell’adito giudice, con vittoria di spese, diritti ed onorali di giudizio, con attribuzione al procuratore anticipatario. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il convenuto condominio, eccependo la inammissibilità, l’improponibilità nonchè la infondatezza nel merito della domanda. Ih particolare, deduceva che le lamentate infiltrazioni provenivano dalla proprietà esclusiva di tal A. P. ed infetti quest’ultimo, a seguito di ricorso nei suoi confronti ex art. 700 intentato da esso condominio, aveva fatto eseguire i lavori necessari ad eliminare le infiltrazioni all’impresa M.. Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda e, in via istruttoria, la chiamata in garanzia di A. P. e dell’impresa che aveva eseguito i lavori causativi dell’evento dannoso.
Nelle more del giudizio gli attori presentavano ricorso ex artt. 688 e ss. c.p.c. volto ad ottenere dal condominio la eliminazione della causa delle lamentate infiltrazioni. Detta istanza cautelate veniva ricondotta nell’ambito del giudizio di merito già pendente per i danni in ordine alla suddetta istanza cautelare il condominio, nuovamente costituitosi, non negava l’urgenza dei lavori, ma deduceva che di non poter mutare lo stato dei luoghi in quanto pendevano dei giudizi con l’impresa M. esecutrice dei lavori predetti.
Il Pretore, all’esito del deposito della disposta CTU in ordine alla causa, natura ed entità dei lamentati danni, autorizzava il convenuto condominio alla chiamata in causa di A. P. che veniva effettuata.
L’A. si costituiva eccependo l’inammissibilità della detta chiamata in causa ex art. 268 c.p.c..
Indi, l’adito giudice, non concesso l’invocato provvedimento d’urgenza, rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni ed all’esito, con sentenza n. 1005/94 dell’11.2.94, accoglieva la domanda condannando il convenuto condominio al pagamento in favore degli attori della somma di lire 3.991.650, oltre interessi legali dal 21.6.91 al saldo, nonchè al pagamento delle spese di lite liquidate in complessive lire 2308.000 e dichiarava inammissibile la chiamata in garanzia di A. P..
Avverso tale decisione il condominio di via Terracina 81 in Napoli, con atto notificato il 31.3.95, ha proposto appello nei confronti di G. C. e S. D. deducendo che; 1) erroneamente il giudice di primo grado – pur avendo tardivamente autorizzato la chiamata in causa del terzo accogliendo una richiesta avanzata sin dalla comparsa di costituzione e risposta da esso condominio, chiamata poi dichiarata inammissibile perchè tardiva in accoglimento della eccezione in tal senso sollevata dal chiamato in causa nel costituirà in giudizio – aveva ritenuto esso appellante responsabile dei danni ex art 2051 c.c.; 2) l’iter logico-giuridico attraverso il quale il giudice aveva ricostruito la responsabilità di esso condominio, con il richiamo all’art. 2051 c.c., appariva improprio in quanto la detta norma "…tende a punire la mancata adozione di tutti gli interventi comunque riconducibili ad un concetto di diligenza…", mentre nel caso di specie la causa dei danni era da attribuire alla condotta colposa di un terzo con la conseguenza che, la norma da applicare sarebbe stata, piuttosto, l’art. 2043 c.c., mentre la responsabilità in ordine alla mancata eliminazione delle cause del danno doveva essere ascritta – secondo la costante giurisprudenza – in via esclusiva al proprietario dell’appartamento e non al condominio. L’atto esposto, l’appellante concludeva nei sensi sopra riportati.
Instauratosi il contraddittorio, si costituivano in giudizio G. C. e S. D. nonchè A. P. chiedendo il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese di lite.
Il G.I., denegata la provvisoria esecuzione della impugnata sentenza, rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni, ritenendola matura per la decisione…".
Con sentenza 23 2 – 31.3 2000 a Tribunale di Napoli così provvedeva:
"…1) in accoglimento dell’appello ed in riforma dell’impugnata, sentenza rigetta la domanda di G. C. e S. D. nei confronti dell’appellante condominio;
2) conferma l’impugnata sentenza limitatamente alla declaratoria di inammissibilità della chiamata in causa di A. P.;
3) condanna G. C. e S. D. in solido al pagamento, in favore dell’avv. D. C., antistatario, delle spese di giudizio che così liquida: per il primo grado di giudizio in live 800.000 (ottocentomila) per onorari, lire 700.000 (settecentomila) per diritti e lire 1.450.000 (un milione quattrocentocinquantamila) per spese ivi comprese quelle relative alla ctu, oltre IVA e CPA come per legge; per il presente grado di giudizio, lire 1.000.000 (unmilione) per onorali, lire 540.000 (cinquecentoquarantamila) per diritti e lire 200.000 (duecentomila) per spese, oltre IVA e CPU come per legge; dichiara interamente compensate le spese di lite tra il condominio appellante e A. P. e tra quest’ultimo e G. C. e S. D. per entrambi i gradi di giudizio".
Contro questa decisione hanno proposto ricorso per Cassazione C. G. e D. S..
Ha resistito con controricorso il Condominio di via Terracina 81 – Napoli – Coop. Emilia-Parco Etruria.

Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano "Omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia" esponendo le seguenti doglianze. Il giudice di appello ha errato nell’omettere ogni valutazione sulla spiegata eccezione di giudicato, avente effetto preclusivo di ogni esame del merito della controversia nei rapporti tra condominio e appellati. L’esame dell’atto di appello mostra chiaramente come alcuna censura sia stata proposta nei confronti della sentenza per la parte che afferisce resistenza e la quantificazione del danno; i motivi di appello abbrivano esclusivamente al rapporto processuale tra il Condominio Parco Etruria ed il chiamato in garanzia sig. P. A., non risultando negata in alcuna patte dell’atto di appello la ricorrenza dei presupposti del diritto fatto valere dagli attori e la quantificazione che il Pretore faceva del danno dagli stessi subito.
Si era quindi formato un giudicato interno che precludeva l’esame di tali profili della decisione impugnata, rimanendo all’esame del Collegio la sola questione relativa alla garanzia dell’A. nei confronti del Condonano appellante ed il suo eventuale obbligo di tenere indenne il Condominio da quanto dovuto ai concludenti.
Il primo motivo non può essere accolto. Occorre rilevare anzitutto che al di là della esteriore e formale progettazione delle doglianze (che appaiono a prima vista concernere solo una "omessa motivazione") viene in realtà lamentata l’omessa rilevazione di un "giudicato interno" e quindi la sussistenza di un error in procedendo, con la conseguenza che questa Corte è giudice anche del fatto (processuale) ed ha, quindi, il potere – dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (cfr. tra le altre Cass. n. 01097 del 24/01/2003 e Cass. n. 12909 del 13/07/2004). Ciò premesso si osserva che in realtà tutte le questioni affrontate dal Giudice di secondo grado erano state ritualmente inserite tra quelle oggetto dell’atto di appello (come si evince dall’esame di tale atto). L’impugnata decisione è dunque immune dal vizio denunciato.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano "Formazione di un giudicato esterno" esponendo le seguenti doglianze. Va eccepito che si è formato un giudicato esterno per il medesimo danno. Con sentenza n. 10089/1996 il Pretore di Napoli ha condannato il Condominio al risarcimento, in favore dei signori T. ed I., del danno generato dalla medesima pluviale, condannando l’A. a sua volta a risarcire il Condominio solo nella misura di un terzo dell’importo della condanna; quanto affermato dal giudice ha valenza di giudicato opponibile al condominio stante l’identità di causa petendi e di petitum. Il giudicato formatosi a danno del condominio sulla medesima questione costituisce motivo per la cassazione della sentenza impugnata.
Anche il secondo motivo è privo di pregio in quanto anche secondo la prospettazione dei ricorrenti la sentenza in questione (n. 10089/1996) si riferisce non ai ricorrenti medesimi (C. G. e D. S.) ma ad altri condomini ("…T. ed I…."), autonomi diritti (cfr. tra le altre Cass. n. 12545 del 15/10/2001 "In tema di giudicato, il principio secondo il quale, qualora due giudizi abbiano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico, ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento, così compiuto, in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorchè tra i due giudizi non vi sia dell’art. 2909 cod. civ., ai soggetti posti in condizione di intervenire nel processo, e a coloro che ad essi subentrano per successione o per atto tra vivi."); e quindi non sussiste un giudicato efficace nel presente processo.
I successivi tre motivi vanno esaminati insieme in quanto connessi.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano "Violazione di legge" esponendo le seguenti doglianze, il giudice di appello nella sentenza impugnata erroneamente interpreta ed applica l’art. 2051 c.c. Se anche fosse vero, e non è in quanto smentito dalla relazione del CTU, che l’intervento dell’A. sia stata la causa esclusiva nella produzione del danno, comunque il lungo tempo trascorso tra la scoperta dell’evento da parte del Condominio (almeno dal 1989 e sicuramente prima del 12/4/90 come si evince dalla proposizione dell’azione cautelare nei confronti dell’A. di cui parla il Condominio, senza peraltro darne prova, nelle sue difese) e la proposizione del giudizio (giugno 1991) senza che il Condominio abbia coltivato l’azione nei confronti dell’A. o abbia comunque provveduto alla eliminazione delle cause delle infiltrazioni, rendono certamente lo stesso responsabile ex art. 2051 c.c., non potendosi in tale ipotesi rilevare, come erroneamente fa il Tribunale, il caso fortuito per fatto colposo del terzo. Nè può argomentarsi, come si legge nella sentenza impugnata, che nessun profilo di negligenza pare potersi ravvisare nella condotta del condominio appellante, atteso che lo stesso non solo ha omesso di vigilare sulle cose in sua custodia, ma, soprattutto, non ha poi provveduto in alcun modo alla eliminazione della causale del danno che, peraltro, tuttora è in essere. Non è certamente il singolo condomino che può intervenire sul bene comune (condotta pluviale) al fine di eliminare le lamentate e riconosciute infiltrazioni, intervento riservato al custode ex lege, e mai effettuato.
Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano "Errata valutazione delle risultanze istruttorie" esponendo le seguenti argomentazioni.
La sentenza appare inoltre errata in quanto indica quale unico responsabile delle infiltrazioni il sig. A., andando al di là delle risultanze istruttorie della esperita CTU. Dalla stessa, intatti, si rileva che le infiltrazioni derivano, come sostenuto dagli attrai, dalla pluviale condominiale, anche se il CTU indica come concausa l’intervento effettuato dall’A.. In nessuna patte degli effettuati accertamenti istruttori si esclude che il danno derivi dalla pluviale condominiale, per cui lo stesso è comunque ascrivibile al condominio, che potrà poi separatamente agisce nei confronti dell’A., chiamato in causa senza il rispetto delle norme di rito, per la quota di responsabilità sullo stesso gravante.
Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano "Omessa o insufficiente motivazione" esponendo le seguenti doglianze, il giudice di appello omette di motivare in merito alla ricorrenza di circostanze che escludano la responsabilità del condominio, dal momento che non spiega per quale ragione il comportamento dello stesso potesse ritenersi esente da ogni profilo di negligenza, pur in presenza di un’omissione di tanto lunga durata. Tale mancanza di motivazione appare rilevante atteso che il punto è certamente decisivo al fine di escludere l’applicabilità dell’art 2051 c.c. e, conseguentemente, la condanna del condominio. La sentenza, pertanto, appare censurabile anche sotto tale profilo e va conseguentemente cassata.
I motivi in esame appaiono fondati per quanto di ragione e cioè nei seguenti limiti.
Occorre premettere che l’indagine in ordine all’immunità o meno da vizi di una sentenza di secondo grado va svolta tenendo presenti anzitutto la motivazione della sentenza di primo grado e l’oggetto dei motivi di appello.
Il Pretore, con motivazione chiara (se ben interpretata), anche se parzialmente implicita, aveva individuato due concause delle infiltrazioni: -A) l’azione dell’A. ("…a monte di tutto v’è l’attività, a dir poco strana, dell’A….(omissis)…il danno deriva dalla pluviale condominiale, anche se è intervenuto, come concausa l’attività dell’A…."); -B) l’omissione del Condominio, individuata nella circostanza che pur durando la situazione "almeno dal 1989…" detta parte convenuta "…pur conoscendola non ha fatto nulla per la rimozione della stessa…" (v. anche il contesto della motivazione).
Il Tribunale ha ritenuto che la condotta dell’A. fosse "…causa esclusiva nella produzione del danno…"; ma ha omesso di chiarire ritualmente perchè la tesi del Primo Giudice in ordine alla responsabilità del Condominio dovesse ritenersi infondata.
Detta motivazione avrebbe dovuto essere congrua e quindi comprendere tra l’altro anche la valutazione dell’applicabilità o meno nella fattispecie dei due seguenti principi di diritto: -A) quello secondo cui la causa o la concausa di un evento può consistere anche in una omissione (cfr. tra le altre Cass. n. 06516 del 02/04/2004: "In tema di responsabilità civile, qualora l’effetto dannoso sia ricollegabile a più comportamenti, uno delle quali consista in una omissione, la positiva valutazione del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l’azione omessa, se fosse stata compiuta, avrebbe impedito l’evento, o ne avrebbe ridotto le conseguenze."); -B) il principio secondo cui "il fatto del terzo, essendo idoneo ad escludere la responsabilità ex art. 2051 cod. civ., solo se dotato di efficacia causale autonoma rispetto alla sfera di azione del custode, deve avere i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità, i quali non ricorrono nel fatto che il custode può prevenire esercitando i poteri di vigilanza che gli competono."; (Cass. n. 09047 del 28/08/1995; cfr. anche Cass. n. 09568 del 01/10/1997); con la precisazione che il custode, per essere ritenuto completamente esente da responsabilità, deve provare che il caso fortuito (concetto comprensivo del fatto del terzo; e della condotta colposa del danneggiato) gli ha impedito completamente di prevenire l’evento dannoso; qualora abbia invece avuto la possibilità, nonostante detto caso fortuito, di prevenire comunque in parte l’evento stesso o di ridurne le conseguenze, risponde per la parte di danni che avrebbe potuto evitare.
Sulla base di quanto sopra esposto deve concludersi che la motivazione contenuta nell’impugnata decisione è costituita da un percorso argomentativo logicamente non compiuto ed esauriente e quindi insufficiente.
Il ricorso va dunque accolto per quanto di ragione.
L’impugnata sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Napoli (attuate Giudice di secondo grado).
A detto Giudice va rimessa anche la decisione sulle spese del giudizio di Cassazione.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di Appello di Napoli anche per la decisione sulle spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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