T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 16-12-2011, n. 3207

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con ricorso – R.G. n. 615 del 2007 – notificato in data 6 marzo 2007 e depositato il 22 marzo successivo, i ricorrenti hanno impugnato l’atto del Sindaco di Baranzate di sollecito per finanziamento intervento di bonifica del 20 luglio 2006 e il decreto n. 10376 del 21 settembre 2006 della Direzione Generale Qualità e Ambiente della Regione Lombardia, conosciuti il 5 gennaio 2007, unitamente alla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo del 20 dicembre 2006.

Avverso i predetti provvedimenti, dopo averne asserito la lesività, viene dedotta innanzitutto la censura di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

I ricorrenti sarebbero stati informati del procedimento avviato a loro danno soltanto in seguito alla determinazione della Regione Lombardia in ordine al finanziamento degli interventi, rendendo del tutto superfluo il predetto procedimento.

Vengono altresì dedotte la violazione dei principi di tipicità e nominatività dei provvedimenti amministrativi e l’abnormità del provvedimento impugnato in quanto non avente i caratteri delle ordinanze contingibili e urgenti.

Successivamente allo spegnimento dell’incendio accidentalmente sviluppatosi, l’area interessata dallo stesso sarebbe tornata in assoluta sicurezza, risultando del tutto superfluo – come sarebbe stato confermato anche dall’A.S.L. e dai Vigili del Fuoco – un provvedimento urgente che avrebbe potuto essere sostituito da un intervento di messa in sicurezza senza necessità di bonifica.

Viene dedotta anche la violazione dell’art. 17 del D. Lgs. n. 22 del 1997 e del D.M. n. 471 del 1999, come recepiti nel D. Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente).

Il Comune avrebbe dovuto adottare una procedura standardizzata per procedere alla bonifica del sito contaminato, in presenza di un soggetto onerato ma non colpevole dell’inquinamento.

Infine viene dedotto l’eccesso di potere per sviamento, difetto dei presupposti, insufficiente istruttoria, manifesta ingiustizia e sproporzione.

Il Comune avrebbe utilizzato i fondi regionali non per mettere in sicurezza il sito in relazione all’inquinamento, ma solo con riguardo all’avvenuto incendio, con uno sviamento dalla causa tipica. Del resto, si tratterebbe di provvedimenti assunti senza presupposti e in contrasto con il parere degli enti preposti alla tutela della salute e della sicurezza.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Baranzate e la Regione Lombardia che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

2. Con ricorso – R.G. n. 616 del 2007 – notificato in data 21 marzo 2007 e depositato il 22 marzo successivo, i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Comune di Baranzate n. 7 del 27 febbraio 2007 per l’esecuzione di interventi di messa in sicurezza dell’area denominata "ex cava R.", notificata il 7 marzo 2007.

Avverso il predetto provvedimento vengono dedotte le censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del D. Lgs. n. 22 del 1997 e del D. M. n. 471 del 1999.

Il Comune avrebbe fondato la responsabilità dei ricorrenti in relazione all’inquinamento dell’area ex cava R. sulla scorta di una sentenza non definitiva del Tribunale di Milano, senza considerare che la stessa si riferirebbe all’attività della cava e non all’abbandono di rifiuti provocato da altri soggetti, cui ricorrenti avrebbero comunque tentato di rimediare con degli accorgimenti. Poi questi ultimi si sarebbero attivati per procedere autonomamente alla bonifica del sito, cercando un accordo con l’Amministrazione comunale, che comunque avrebbe delle responsabilità per non essersi attivata tempestivamente dopo l’incendio del luglio 2006.

Ulteriori censure attengono alla violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990.

I ricorrenti non sarebbero stati coinvolti dal Comune nella procedura di bonifica e di messa in sicurezza del sito in seguito all’incendio.

Viene altresì dedotto l’eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà estrinseca ed intrinseca del provvedimento e sviamento dalla causa tipica.

Il Comune avrebbe contraddittoriamente instaurato dei procedimenti senza coinvolgere effettivamente i proprietari e tenere conto della loro intenzione di procedere alla bonifica del sito.

Infine viene dedotto l’eccesso di potere per manifesta ingiustizia e difetto di proporzionalità.

In un tempo eccessivamente ristretto – quindici giorni per le indagini e sessanta per la messa in sicurezza – il Comune pretenderebbe l’esecuzione di complesse analisi e indagini che non sarebbe assolutamente possibile effettuare e mettere in esecuzione.

Con decreto cautelare n. 460/2007 è stata respinta la domanda di sospensione, inaudita altera parte, dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Baranzate e la Regione Lombardia, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 468/2007 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

3. Con motivi aggiunti al ricorso R.G. n. 616 del 2007, notificati in data 28 maggio 2007 e depositati il 15 giugno successivo, i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Comune di Baranzate n. 23 del 18 aprile 2007 per l’esecuzione di interventi di messa in sicurezza dell’area denominata "ex cava R.".

Avverso il predetto provvedimento vengono dedotte le censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 192 e ss. e 242 e ss. del D. Lgs. n. 152 del 2006 e di eccesso di potere per difetto ed errore dei presupposti e difetto di istruttoria.

Il Comune avrebbe fondato la responsabilità dei ricorrenti in relazione all’inquinamento dell’area ex cava R. sulla scorta di una sentenza non definitiva del Tribunale di Milano, impugnata in appello, e senza l’accertamento della responsabilità in capo ai proprietari odierni ricorrenti. Trattandosi poi di un atto non contingibile e urgente non avrebbe potuto essere adottato in mancanza di accurate indagini e istruttoria per l’individuazione dei colpevoli.

Ulteriori censure attengono alla violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990.

I ricorrenti non sarebbero stati coinvolti dal Comune nella procedura di bonifica e di messa in sicurezza del sito in seguito all’incendio, e non sarebbe stato consentito loro di interloquire per verificarne la responsabilità.

Viene altresì dedotto l’eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà estrinseca ed intrinseca del provvedimento e sviamento dalla causa tipica.

Il Comune avrebbe contraddittoriamente instaurato dei procedimenti senza coinvolgere effettivamente i proprietari e considerare la loro intenzione di procedere alla bonifica del sito. Ciò senza tenere conto che il finanziamento regionale ottenuto sarebbe stato utilizzato per interventi che sarebbero stati effettuati solo in parte e che si vorrebbero altresì addossare ai ricorrenti.

Infine viene dedotto l’eccesso di potere per manifesta ingiustizia e difetto di proporzionalità.

In un tempo eccessivamente ristretto – centoventi giorni – il Comune pretenderebbe l’esecuzione di complesse analisi e indagini che non sarebbe assolutamente possibile effettuare e mettere in esecuzione.

Con ordinanza n. 912/2007 è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato con il predetto ricorso per motivi aggiunti. Tale ordinanza è stata confermata in appello con provvedimento n. 338/2008 della Sesta Sezione del Consiglio di Stato.

In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti hanno depositato documentazione e memorie a sostegno delle rispettive pretese. E’ stato depositato anche il progetto di bonifica dell’area predisposto dai ricorrenti nel mese di marzo 2011.

Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2011, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, le cause sono state trattenute in decisione.

Motivi della decisione

1. In via preliminare bisogna procedere alla riunione dei ricorsi, in quanto connessi oggettivamente e soggettivamente.

2. Partendo dallo scrutinio del ricorso R.G. n. 615 del 2007, lo stesso va dichiarato inammissibile per mancanza di lesività degli atti impugnati.

2.1. In particolare, il provvedimento sindacale impugnato rappresenta la richiesta del Comune indirizzata, tra gli altri, alla Regione con cui si chiede un finanziamento per provvedere alla messa in sicurezza dell’area denominata "ex C.R.", in seguito al verificarsi di un incendio che avrebbe provocato un grave danno ambientale; l’atto regionale impugnato è il Decreto di finanziamento che ha dato riscontro positivo a tale richiesta.

2.2. Dall’esame degli atti impugnati non emerge alcun interesse attuale e concreto dei ricorrenti al loro annullamento. Difatti, la richiesta di finanziamento e poi il successivo riconoscimento regionale non determinano in alcun modo una lesione a carico dei ricorrenti, visto che l’unico possibile riferimento alla loro posizione è contenuto nel Decreto regionale laddove si profila la possibile evenienza che il Comune proceda all’esecuzione d’ufficio in danno dei soggetti obbligati alla bonifica e al recupero delle somme concesse. Trattandosi di una mera probabilità, nessuna lesione discende da tali atti.

Tale conclusione è avvalorata dalla comunicazione di avvio del procedimento del 20 dicembre 2006 che il Comune ha inviato ai ricorrenti per verificare la possibilità di procedere all’esecuzione in danno nei loro confronti (all. 1 al ricorso). In presenza di tale determinazione nessun danno immediato e attuale deriva ai ricorrenti (sulla mancanza di lesività dell’avviso di avvio del procedimento, T.A.R. Campania, Napoli, VII, 11 febbraio 2011, n. 893).

2.3. In conclusione il ricorso R.G. n. 615 del 2007 deve essere dichiarato inammissibile per mancanza di lesività degli atti impugnati con lo stesso ricorso.

3. Passando all’esame del ricorso R.G. n. 616 del 2007 e dei connessi motivi aggiunti, deve essere preliminarmente verificata la permanenza di interesse alla decisione da parte dei ricorrenti, in ragione degli sviluppi delle vicende di causa posteriori alla proposizione dei gravami.

3.1. Successivamente all’adozione dell’ordinanza del Comune di Baranzate n. 23 del 18 aprile 2007, impugnata con motivi aggiunti, i ricorrenti e le Amministrazioni resistenti, unitamente agli altri soggetti pubblici interessati alla bonifica dell’area denominata "ex cava R.", hanno dato vita ad un procedimento finalizzato alla definizione della questione oggetto del presente giudizio.

Difatti, con la Conferenza di servizi svoltasi il 23 gennaio 2008 (all. 5 alla memoria per l’udienza del 18 ottobre 2011 dei ricorrenti) si è dato atto dell’impegno dei ricorrenti alla realizzazione delle operazioni di bonifica sulla base di un piano dagli stessi predisposto. Tale modus procedendi è stato confermato in sede di riunione del Tavolo Tecnico del 22 aprile 2009 (all. 7 alla memoria citata) ed ha trovato il suo punto di approdo nella presentazione da parte dei proprietari di un progetto definitivo di bonifica in data 23 marzo 2011, oggetto di esame da parte degli enti competenti (all. 9 alla memoria citata).

3.2. Dalla lettura delle premesse del Progetto di bonifica (pagg. 23) emerge con chiarezza che la disponibilità dei proprietari alla realizzazione dell’intervento di risanamento è giustificata anche dalla possibilità – legata all’adozione del nuovo P.G.T. – di riutilizzo dell’area a fini urbanistici e quindi evidenzia l’interesse degli stessi all’assunzione dell’onere di bonifica; tale intenzione, liberamente assunta, è stata confermata anche negli atti processuali e in sede di discussione orale.

3.3. Di conseguenza, appare evidente la mancanza di interesse dei ricorrenti alla decisione della presente controversia, vista l’acquiescenza che gli stessi hanno prestato nei confronti dei provvedimenti impugnati, facendosi parte diligente nella predisposizione di un piano di bonifica; del resto, non emerge dagli atti e dai comportamenti tenuti successivamente alla proposizione dei gravami la possibilità che il piano redatto non sia il frutto di una autonoma scelta, ma dell’imposizione dell’Autorità attraverso il provvedimento non sospeso da questo Tribunale. Oltretutto non può sottacersi che, in materia di inquinamento ambientale, sul terreno contaminato grava un onere reale che prescinde dalla responsabilità del proprietario – anche se nel caso di specie sembra indurre ad una conclusione diversa la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2340/2010 del 30 giugno 2010 (all. 2 alla memoria del Comune) – ma potrebbe spingere lo stesso ad effettuare le operazioni di bonifica al fine di evitare la perdita del bene (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, I, 14 marzo 2011, n. 2263).

Ciò determina l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, del ricorso introduttivo e dei connessi motivi aggiunti.

4. In conclusione, il ricorso R.G. n. 615 del 2007 deve essere dichiarato inammissibile per mancanza di lesività degli atti impugnati con lo stesso ricorso; il ricorso R.G. n. 616 del 2007 e i connessi motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

5. In relazione alla complessità della controversia e all’esito finale della stessa, le spese possono essere compensate tra tutte la parti del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, previa riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, dichiara inammissibile il ricorso R.G. n. 615 del 2007; dichiara improcedibili il ricorso R.G. n. 616 del 2007 e i connessi motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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