Cassazione civile anno 2005 n. 1619 Servitù coattive di passaggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con atto del 29.10.1997 Esposizione R. e S. F. di Loreto proponevano al Pretore di Napoli opposizione avverso l’esecuzione di rilascio ad istanza di C. N. relativamente alla fascia di terreno part. 694 in Procida, sulla base della sentenza del tribunale di Napoli depositata il 18.11.1996, con la quale era stata costituita servitù coattiva di passaggio sul terreno in questione.
Assumevano gli opponenti l’impossibilità dell’esecuzione per la presenza nel terreno di manufatti, l’inammissibilità dell’esecuzione, stante la mancata determinazione delle modalità di esecuzione, l’impossibilità di passaggio per il C..
All’udienza di comparizione i ricorrenti assumevano anche l’inesistenza del diritto del C. a procedere esecutivamente.
Il pretore, con sentenza depositata il 25.6.1999, dichiarava l’inesistenza del diritto del C. di procedere ad esecuzione forzata. Proponeva appello il C..
La Corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 31.10.2000, rigettava l’appello.
Riteneva la corte di merito che nella fattispecie trattavasi di sentenza costitutiva di servitù di passaggio, senza condanna al rilascio, per cui la stessa non poteva essere oggetto di esecuzione forzata ed inoltre che la servitù di passaggio costringeva il proprietario del fondo servente a tollerare che il passaggio del proprietario del fondo dominante sul proprio terreno, senza determinare lo spossessamento della zona di terreno oggetto della servitù. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il C. N.. Resistono con controricorso Esposito R. e S. F. di Loreto.
Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c. in riferimento agli artt. 1052, 1032, 1065, 1066 c.c. ed omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata erratamente ha negato l’esistenza di una condanna implicita nella sentenza di costituzione coattiva di servitù, assumendo che essa costringe il proprietario del fondo servente a tollerare il titolare del fondo dominante passi sul suo terreno, senza determinare uno spossessamento della zona di terreno oggetto di servitù. Osserva il ricorrente che esiste anche un possesso della servitù di passaggio e quindi un corpus della stessa.
Secondo il ricorrente deve invece ritenersi possibile nel nostro ordinamento anche l’esistenza di sentenze costitutive, che contengano implicitamente anche una condanna, con conseguente eseguibilità della relativa statuizione, come ritenuto in tema di risoluzione del contratto di locazione ovvero nella domanda di sfratto, indipendentemente da una specifica statuizione in questo senso del giudice. Inoltre il ricorrente lamenta che gli stessi tribunale e corte di appello di Napoli (altre sezioni) in sede cautelare, al fine di evitare che la controparte realizzasse manufatti sulla zona interessata dalla servitù, avevano rigettato l’istanza sul rilievo che il ricorrente già era tutelato dall’esecutività della sentenza che costituiva la servitù, creando, quindi, un evidente contrasto con la sentenza qui impugnata.
2.1. Ritiene questa Corte che il motivo è fondato e che lo stesso vada accolto.
Va, anzitutto, osservato che, a norma dell’art. 474, c. 2, sono titoli esecutivi le sentenze ed i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente l’efficacia esecutiva. Quanto alle sentenze, in relazione alla classica tipologia di questo provvedimento, sono ritenute idonee a costituire titolo esecutivo soltanto le sentenze di condanna, con esclusione di quelle di mero accertamento o costitutive. Mancando nella norma qualunque qualificazione, si è ritenuto in linea di principio che devono ritenersi titolo esecutivo, tutte le sentenze che contengono statuizioni suscettibili di esecuzione forzata. Più specificamente in detta categoria sono state comprese le sentenze caratterizzate da un’esigenza di esecuzione, che di regola si esprime con la parola condanna (o similare), mentre si è ritenuto che tale esigenza non attenga alle sentenze di mero accertamento o costitutive.
2.2. Sennonchè, inquadrato il problema sotto il profilo dell’esigenza di esecuzione, autorevole dottrina classica ed anche più recenti autori hanno rilevato che non è necessario che tale esigenza di esecuzione sia estrinsecata attraverso un’esplicita statuizione di condanna, potendo essa risultare, quanto alle sentenze costitutive, dal contenuto stesso della sentenza e dalla funzione che il titolo è destinato a svolgere.
A tal fine si è parlato di condanna implicita, contenuta in una sentenza apparentemente solo costitutiva, indicando tra queste ipotesi il caso di una sentenza di risoluzione di contratto di locazione, anche senza esplicita condanna al rilascio. In tal senso, tuttavia, non possono essere addotte quali precedenti, le sentenze Cass. n. 2034/1985 e Cass. n. 848/1982, indicate dal ricorrente, che riguardano la diversa ipotesi in cui una condanna al rilascio del bene vi sia stata, pur in presenza della sola domanda di risoluzione del contratto di locazione, senza che ciò costituisca ultrapetizione.
2.3. Ritiene questa Corte di dovere condividere detto orientamento dottrinale.
Va, anzitutto, rilevato che per condanna implicita non deve intendersi quella che si desume dall’interpretazione coordinata tra dispositivo e motivazione della sentenza: in questo caso la condanna è esplicita nella stessa sentenza, ma solo che il contenuto del titolo esecutivo va tratto non solo dal dispositivo, ma anche dalla motivazione della sentenza, attraverso una lettura contestualizzata del primo nella seconda.
Nel caso di condanna implicita, invece, l’esigenza di esecuzione della sentenza deriva dalla stessa funzione che il titolo è destinato a svolgere.
Sotto questo profilo si è rilevato in dottrina, ad esempio, che la sentenza che, a seguito di contestazioni, rende esecutivo il progetto di divisione, senza contenere la condanna al rilascio della quota in natura detenuta da soggetto diverso dall’assegnatario, non può non avere il valore di titolo per l’esecuzione forzata, poichè il dato funzionale di quella sentenza consiste nell’attitudine ad assicurare a ciascun condividente quanto gli spetta in natura anche in ordine al possesso.
Ritiene questa corte che eguale linea logica sottenda alla sentenza costitutiva di servitù di passaggio, sia a norma dell’art. 1051 che a norma dell’art. 1052 c.c., allorchè, come nella specie, la sentenza contenga tutti gli elementi identificativi in concreto della servitù, sia pure con rinvio alla disposta consulenza tecnica d’ufficio.
Entrambe queste norme, infatti, mirano a costituire, per effetto della sentenza del giudice, un passaggio sul fondo servente, come dato fattuale conforme al diritto, in presenza degli elementi previsti dalla norma.
Ciò chiaramente emerge dalle locuzioni: "il proprietario…ha diritto ad ottenere il passaggio sul fondo vicino…", "il passaggio si deve stabilire…".
In particolare sia la sentenza richiesta a norma dell’art. 1051 c.c. che quella richiesta a norma dell’art. 1052 c.c. hanno la funzione di risolvere un’esigenza fattuale dell’attore e cioè quella dell’interclusione del fondo nel primo caso e quella dei bisogni del fondo ai fini dell’agricoltura e dell’industria nell’altro caso e la stessa domanda, proposta nei predetti casi, mira ad assicurarsi questo bene della vita: cioè cioè "ottenere il passaggio" sul fondo servente, per effetto della sentenza costitutiva, al fine di raggiungere la via pubblica.
La funzione di questa sentenza è, quindi, di eliminare o l’interclusione (art. 1051 c.c.) o l’inadeguatezza del passaggio ai fini agricoli o industriali (art. 1052 c.c.), mentre la costituzione del passaggio coattivo ne costituisce il mezzo tecnico-giuridico.
Ritenere che sia possibile emettere una sentenza di costituzione coattiva di servitù di passaggio che non contenga anche la condanna implicita ad immettere il titolare della stessa nel materiale esercizio (possesso) di tale servitù e quindi del passaggio, significa snaturare la funzione di questa sentenza.
2.4. Quindi, per quanto, la sentenza in questione, sia costitutiva, la funzione della stessa è caratterizzata da un’esigenza di esecuzione, che non può trovare altra alternativa che ritenere che la sentenza contenga – per la struttura del diritto sostanziale azionato – una condanna implicita al rilascio.
2.5. Detto rilascio, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, non consiste in uno spossessamento del proprietario del fondo servente della zona interessata dalla servitù, ma in caso di mancata volontaria esecuzione della sentenza, va eseguito coattivamente nelle forme dell’esecuzione forzata per rilascio, osservandosi il disposto del 2^ comma, ultima parte, art. 608 e. p. e, per cui l’ufficiale giudiziario deve ingiungere al proprietario del fondo servente di riconoscere l’esecutante come possessore della servitù di passaggio, fermo il possesso di esso convenuto, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà. 3. Il ricorso va pertanto accolto e va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di Cassazione, ad altra sezione della corte di appello di Napoli, che si uniformerà al principio di diritto di cui al punto 2.4.

P. Q. M.
Accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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