Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2011) 11-11-2011, n. 41016

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Hanno proposto ricorso per cassazione F.L., O. K., T.R. e T.F., per mezzo dei propri difensori, avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia del 13.4.2010, che in riforma della più severa sentenza di condanna pronunciata dal gup del locale Tribunale il 24.11.2008, nei confronti del primo per il reato di ricettazione, e degli altri per i reati di associazione per delinquere e truffa, ridusse le pene inflitte al T.F. e ad O.K., confermando nel resto la decisione di primo grado.

Nell’interesse della O. e T.R., il difensore deduce il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza in ordine al ribadito giudizio di responsabilità degli stessi imputati per il reato di cui all’art. 416 c.p..

Il motivo è svolto con ampi richiami giurisprudenziali e con l’approfondita analisi dogmatica della figura tipica del reato associativo, con particolare riferimento all’ipotesi che il presunto gruppo criminale coincida con un ristretto gruppo familiare. In estrema sintesi, la difesa sostiene che i legami di familiarità o di parentela coinvolgevano tutti gli imputati, e che le modalità "artigianali" dei singoli reati fine, e l’assenza di ogni pur rudimentale organizzazione che trascendesse il naturale sistema di relazioni personali tra gli imputati, escluderebbe in radice la sussistenza del reato associativo, quanto meno sotto il profilo soggettivo.

Analoghe censure in ordine al reato associativo sono svolte nel ricorso proposto nell’interesse di T.F.. La difesa contesta inoltre la logicità dell’affermazione della Corte di merito, diretta a valorizzare i legami associativi rispetto a quelli familiari, secondo cui il ricorrente non potesse considerarsi inserito nello stesso ambito familiare degli stessi imputati, trattandosi del convivente di una sorella dell’ O..

Nell’interesse del F., la difesa deduce gli stessi profili di legittimità con riferimento alla conferma del giudizio di responsabilità dello stesso imputato per il reato di ricettazione di cui al capo 8.

Le risultanze istruttorie conclamerebbero infatti all’evidenza che l’imputato non ebbe alcun ruolo attivo nella vicenda dell’acquisto dei mezzi oggetto della contestazione, essendosi limitato ad accompagnare la propria convivente nel corso delle trattative.

Motivi della decisione

I ricorsi sono manifestamente infondati.

1. Non si nega, in punto di diritto, che l’esistenza di un’associazione per delinquere composta da gruppi familiari sovrapponigli all’organizzazione criminale debba essere valutata con maggiore prudenza, essendo necessaria l’individuazione di elementi strutturali ulteriori rispetto alla preesistente organizzazione familiare (cfr. Corte di Cassazione nr. 21606 18/02/2009 SEZ. 2, Radulovic e altro, dove la precisazione che ricorre la struttura organizzativa dell’associazione per delinquere quando i componenti di una stessa famiglia non si limitano alla commissione di una serie di reati traendo vantaggio dalla preesistente organizzazione familiare ma realizzano, nell’ambito della preesistente struttura o accanto ad essa, un’altra organizzazione, dotata di distinta e autonoma operatività criminosa). Nella specie, però, il gruppo associativo delineato al capo 1) dell’imputazione, operava, come notano i giudici di merito, con modalità tutt’altro che elementari, implicanti una strutturazione del gruppo eccedente i vantaggi delle semplici sinergie familiari, considerando che gli imputati si procuravano i clienti da truffare attraverso annunci su riviste specializzate negli annunci commerciali, operavano poi con tecniche di approccio ai singoli affari sempre costanti, in particolare con l’impiego di nomi di fantasia, con l’utilizzazione di cellulari subito disattivati dopo la conclusione dei singoli affari, e con la disponibilità di titoli di credito postali, e avevano, per la rivendita della autovetture fraudolentemente acquistate, contatti anche in altre regioni d’Italia (per l’influenza dell’ambito territoriale di operatività del gruppo familiare-associativo, vedi, ancora, Cass. 21606/2009 cit.).

2. La rilevazione di tali elementi strutturali consente di ritenere ridondante l’ulteriore osservazione dei giudici territoriali secondo cui nella specie i vincoli familiari tra gli imputati riguardavano solo alcuni di essi, anche se l’osservazione, nel confronto con i legami concretamente sussistenti tra tutti gli imputati (in definitiva il T.R. era pur sempre il convivente della sorella della O.), implica probabilmente un concetto troppo ristretto di gruppo familiare, che valorizza solo i vincoli "formali" di parentela, con ingiustificata esclusione del rilievo delle convivenze di fatto.

3. Le deduzioni difensive sull’effettività delle singole condotte di partecipazione corrispondono poi soltanto ad alternative valutazioni di merito rispetto alle argomentazioni della Corte territoriale, che valorizza adeguatamente la partecipazione dei componenti del gruppo ai singoli reati fine, in un contesto criminale in cui le solidarietà familiari concorrevano intuitivamente a determinare la precisa consapevolezza di ciascuno sulle modalità operative "generali" precedentemente implementate per la realizzazione delle truffe.

In questo senso, le censure difensive appaiono persino contraddirtene nella misura in cui puntano sull’enfatizzazione dei legami familiari come esclusivo elemento di coesione del gruppo degli imputati, per poi rilevare, al contrario, una sostanziale assenza di coesione e di consapevoli collaborazioni familiari nella realizzazione del programma criminale.

4. Riguardo al F., la sentenza impugnata non valorizza affatto la sola circostanza della sua presenza accanto alla O., a lui legata da uno stabile rapporto di convivenza dal quale erano nati dei figli, in occasione del trasferimento e della cessione dell’autocarro e dell’autovettura Mercedes oggetto del capo 8), ma sottolinea, alla luce di precise indicazioni testimoniali, come l’imputato ebbe al contrario una parte attiva nelle trattative, da lui condotte anzi pressochè esclusivamente in prima persona. Quanto alla consapevolezza della provenienza illecita dei due automezzi, la Corte di merito rileva, in sostanza, con apprezzamento pienamente condivisibile sul piano logico, che l’imputato non poteva certo confidare nella possibilità che la O. si fosse procurata in precedenza con mezzi leciti la disponibilità di beni così costosi.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, i ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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