Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-05-2012, n. 7904 Occupazione abusiva o illegittima

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con atto di citazione notificato in data 2 gennaio 1987 i signori C.M.R., M.B., A. e F. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Nuoro il Comune di Siniscola e lo IACP per la Provincia di Nuoro, e, assumendo di essere proprietari di un’area di terreno sita in località (OMISSIS), parzialmente occupata dai convenuti per la realizzazione di alloggi, senza che fosse al riguardo emesso alcun valido provvedimento, chiedevano, in relazione all’illegittimità di tale occupazione, la restituzione del terreno, ovvero la condanna dei convenuti al pagamento di una somma, da rivalutarsi, corrispondente al valore del bene.

Nelle proprie difese l’IACP eccepiva il proprio difetto di legittimazione, e sostenendo che gli attori avevano ceduto il terreno al Comune di Siniscola, che aveva costituito, a proprio favore, diritto di superficie. L’amministrazione convenuta a sua volta contestava la fondatezza della domanda, rilevando che con scrittura del 26 marzo 1984 gli attori avevano dichiarato di cedere un’area di 20.000 mq al prezzo unitario di L. 2.500, e che, pertanto, l’occupazione era avvenuta in forza di tale contratto. Precisava che tale negozio non era stato tradotto in atto pubblico a seguito di contrasti insorti fra i comproprietari, ragion per cui chiedeva che si affermasse l’obbligo degli attori di procedere al trasferimento del bene.

1.1 – Acquisiti vari documenti, ed intervenuti vari soggetti, intestatari catastali del terreno,i quali chiedevano che la domanda degli attori venisse accolta, con sentenza n. 511 del 2006 il Tribunale adito respingeva la domanda, ritenendo che – essendo gli attori risultati intestatari, insieme ad altre persone, del terreno, essi non avessero dato la prova di esseri gli unici comproprietari del terreno, tanto più che il numero degli intervenuti corrispondeva solo parzialmente a quello degli intestatari catastali, mentre l’atto di cessione, cui pure il Comune aveva fatto riferimento, risultava sottoscritto da persone diverse dagli attori.

1.2 – Avverso tale decisione proponevano appello gli originari attori, nonchè gli eredi di F. e C.M.E., deceduti nelle more del giudizio, sostenendo il primo luogo che l’eccezione di carenza di legittimazione era stata sollevata tardivamente nel corso del giudizio di primo grado, dopo che il Comune si era dichiarato disposto a corrispondere gli importi di cui alla scrittura privata ovvero quelli risultanti dalla consulenza tecnica d’ufficio. Aggiungevano che gli altri cointestatari del bene erano intervenuti, ovvero avevano rilasciato dichiarazioni, acquisite agli atti, e che nessuno aveva reclamato diritti in relazione al terreno occupato.

Rilevavano, in ogni caso, che la sentenza impugnata, pur affermando il principio secondo cui ai comproprietari di un suolo illegittimamente occupato compete il risarcimento pro quota, aveva poi dichiarato il difetto di legittimazione di tutti gli attori.

Si costituivano gli appellati (e per l’Iacp, l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa, AREA, che ad esso era subentrata), contestando la fondatezza dell’impugnazione.

1.3 – La Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con la decisione indicata in epigrafe, in riforma della sentenza di primo grado, condannava il Comune e l’Area al pagamento in solido della somma di Euro 218.922,20, con interessi e rivalutazione, oltre alle spese relative a entrambi i gradi del giudizio. Premesso che nel procedimento avente ad oggetto il risarcimento del danno in relazione alla perdita di un bene non occorre la c.d. probatio diabolica, essendo sufficiente che il giudice si formi il convincimento circa l’individuazione del titolare del diritto al risarcimento sulla base di qualsiasi elemento, anche presuntivo, idoneo a escludere un’erronea destinazione soggettiva del pagamento dovuto, si affermava la sussistenza di plurimi elementi tali da confortare il convincimento circa la fondatezza della domanda, costituiti da: a) la scrittura in data 26 marzo 1984, autenticata nelle firme dal segretario comunale; b) il verbale di consegna del terreno all’IACP, in cui si affermava che lo stesso era stato ceduto dai legittimi proprietari; c) la dichiarazione rilasciata dal Sindaco del Comune di Siniscola a corrispondere la somma di L. 50 milioni ai legittimi proprietari, cui seguivano le sottoscrizioni degli aventi diritto; d) la tardività con la quale era stato rilevato che le sottoscrizioni del primo documento non corrispondevano agli attori, con la precisazione che i residui dubbi erano fugati dall’intervento di quei soggetti, intestatari catastali, i quali avevano confermato la fondatezza della pretese.

Affermata, poi, l’irrilevanza, sul piano giuridico, dell’atto di cessione del 26 marzo 1984 ai fini del trasferimento della proprietà, si affermava che nella specie era ravvisabile una occupazione usurpativa, e che, quindi, gli attori avessero diritto al risarcimento del danno, determinato sulla scorta delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

1.4 – Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa (d’ora in poi, per brevità, AREA) e, in via incidentale, il Comune di Siniscola, entrambi illustrati da memoria e resistiti da controricorso da parte degli intimati.

Motivi della decisione

2 – Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione.

2.1 – Con unico e complesso motivo l’AREA deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ponendo in evidenza come, soprattutto laddove debbano superarsi le contrarie risultanze catastali, la prova della titolarità del diritto dominicale debba essere offerta in maniera adeguata. Tale evenienza non si sarebbe verificata nel caso di specie, attesa l’inconferenza e l’incongruenza degli elementi valutati positivamente dalla Corte distrettuale, gli uni in contrasto con gli altri. In particolare: a) nella scrittura privata sottoscritta in data 26 marzo 1984 comparirebbero come promettenti venditori dei soggetti, ad eccezione di C.M.R., diversi da quelli che avevano intrapreso l’azione risarcitoria; b) analoghe considerazioni vengono svolte in merito al verbale di consegna del 28 marzo 1984, che evidentemente risentirebbe, sotto il profilo soggettivo, della portata della scrittura sub a); c) con riferimento alla scrittura del 5 luglio 1984, mancherebbe la prova che la sottoscrizione da parte di Pa.An. e M.P. fosse avvenuta in rappresentanza, rispettivamente, degli eredi di C.G.B. e di C.M.R., mentre sarebbe stata sottoscritta anche da tale C.S., evidentemente in qualità di comproprietario.

Quanto all’intervento in causa di alcuni degli intestatari catastali del terreno, si pone in evidenza la scarsa significanza del dato, per altro contraddetto dal mancato intervento di una lunga teoria di altri intestatari catastali (e dei loro eredi), specificamente indicati. Quanto al comportamento del Comune, rilevato che esso non può ridondare a sfavore di Area, si fa presente la contraddittorietà fra le originarie sottoscrizioni e le successive acquisizioni (atti di intervento e taluni, atti di notorietà), per altro non provenienti dalla totalità dei soggetti interessati.

2.2 – Il Comune di Siniscola, aderendo in sostanza alle censure proposte da AREA, formula due motivi, con i quali denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. Viene per altro posto in evidenza come alcuni dei soggetti che, con dichiarazioni rese fuori del giudizio o mediante intervento volontario, assumono di non vantare alcun diritto sul bene in questione, d’altra parte risultano, nella dichiarazione di successione di C.G. – quali coeredi del fondo ablato.

3 – Preliminarmente deve rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione relativa alla tardività dell’eccezione relativa alla titolarità del rapporto sostanziale in capo agli attori, formulata per la prima volta quando il giudizio di primo grado era in corso da anni, e dopo aver svolto difese incompatibili con tale contestazione. Pur dovendosi condividere l’affermazione secondo cui erroneamente la questione era stata prospettata dalle parti convenute come eccezione di difetto di legitimatio ad causam, trattandosi, al contrario, di una aspetto concernente il merito, vale a dire la titolarità del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, deve rilevarsi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la relativa questione non costituisce eccezione in senso stretto, soggetta, in quanto tale, a regime decadenziale. E invero, le deduzioni attinenti alla titolarità attiva o passiva del rapporto controverso, in ragione della loro natura di contestazioni di un fatto costitutivo del diritto azionato, integrano mere difese sottoposte agli oneri deduttivi e probatori della parte interessata (Cass. civ. 15 settembre 2008, n. 23670; Cass., 5 agosto 2010, n. 18207) e, in particolare, ove con esse si introducano nuovi temi d’indagine, alle preclusioni connesse alla esatta identificazione del thema decidendum e del thema probandum, le quali, tuttavia, nel regime processuale applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio, anteriore alle modificate apportate al codice di rito dalla L. n. 353 del 1990 (applicabile ai giudizi introdotti dal 30 aprile 1995, mentre il presente procedimento venne instaurato nell’anno 1987), non incontravano i limiti introdotti dalla citata novella, e poi meglio precisati con la L. n. 80 del 2005, potendo dette eccezioni essere sollevate sino alla precisazione delle conclusioni ed anche nel giudizio di appello (cfr, per tutte, Cass., 21 giugno 2001, n. 8476).

3.1 – Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi, per essersi la corte territoriale attenuta al principio secondo cui non è indispensabile, nel giudizio relativo all’azione risarcitoria derivante dalla perdita o dal danneggiamento di un bene, dare una prova rigorosa della proprietà: invero non si contesta l’applicazione di detto principio, ma, come sopra evidenziato, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione relativa alla titolarità, anche pro quota, del bene oggetto di illegittima occupazione.

3.2 – Nè risultano condivisibili i rilievi concernenti, la violazione dell’art. 366 c.p.c., avendo i ricorrenti indicato modalità e i tempi di produzione dei documenti richiamati, per altro allegati ad entrambi i ricorsi.

4 – Tanto premesso, deve rilevarsi che i ricorsi, da esaminarsi congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono fondati e vanno accolti.

4.1 – Deve preliminarmente osservarsi che risulta ormai intangibile il dato (ancorchè essenzialmente erroneo) inerente alla natura "usurpativa" dell’occupazione, in quanto la valutazioni al riguardo esplicitamente effettuate nella decisione impugnata non risultano in alcun modo censurate.

4.2 – Movendo da tale presupposto deve affermarsi la scarsa valenza, nel presente procedimento, delle risultanze di natura catastale.

La procedura espropriativa, infatti, deve essere iniziata e proseguita nei confronti di chi risulti proprietario dai pubblici registri immobiliari, indipendentemente dalle variazioni che possono intervenire nelle more della procedura; se, però, l’occupazione d’urgenza non è seguita da alcun atto traslativo nei confronti dell’espropriante, si radica il carattere di illegittimità dell’occupazione, che soggiace perciò ai normali criteri che reggono l’individuazione dell’illecito nell’ordinamento e la risarcibilità del danno derivatone; ne consegue che legittimato all’azione risarcitoria è chi dimostri di essere effettivo proprietario del fondo, indipendentemente dalle risultanze catastali. Il fatto che il danneggiato non abbia trascritto il proprio diritto non incide sull’opponibilità della situazione al danneggiante, in quanto, a norma dell’art. 2644 cod. civ., gli effetti della trascrizione immobiliare si rendono operativi tra più soggetti che vantino diritti sullo stesso bene ed abbiano eseguito la trascrizione in tempi diversi, laddove (esclusa l’esistenza di una convenzione traslativa trascritta tra intestatari catastali ed espropriante) quest’ultimo non ha alcun diritto trascritto sull’immobile in contestazione, nè può vantare su di esso alcun diritto reale (Cass. 24 maggio 1997, n. 4738). Deve, per il vero, rilevarsi che anche nel giudizio relativo all’indennità di espropriazione le risultanze catastali hanno assunto, in base alla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 4 maggio 2009, n. 10217; Cass., 22 marzo 2007, n. 6980, Cass., 15 luglio 2004, n. 13115), una valenza relativa, nel senso che il soggetto che, in contrasto con tali risultanze, chieda la determinazione dell’indennità, ha la facoltà, pur essendo gravato del relativo onere, di dimostrare di essere l’effettivo proprietario del fondo oggetto di procedura espropriativa.

4.3 – Deve ancora rilevarsi che, in relazione alla domanda di risarcimento del danno, il proprietario può agire indipendentemente da una prova rigorosa della propria legittimazione, giacchè oggetto del giudizio non è direttamente l’accertamento della proprietà del fondo, ma tale diritto deve essere dimostrato al solo fine di individuare, nell’effettivo titolare del bene, l’avente diritto al risarcimento del danno, ed il giudice può formare il proprio convincimento circa la legittimazione di chi agisce sulla base di qualsiasi elemento, documentale o presuntivo (scilicet con riferimento al possesso), sufficiente ad escludere una erronea destinazione del pagamento dovuto (Cass. 21.1.1987, n. 514;

26.3.1997, n. 2701, Cass., 28 novembre 1988, n. 6412; Cass., 6 giugno 2000, n. 7583; Cass., 21 maggio 2004, n. 9711).

4.2 – Con particolare riferimento alla presenza, rilevante nella vicenda in esame, di una pluralità di compro-prietari, deve altresì richiamarsi il principio secondo cui, sempre in tema di responsabilità per occupazione illegittima di un fondo, l’appartenenza di esso a più soggetti non implica solidarietà attiva in un unico credito risarcitorio, ma l’insorgenza di un autonomo diritto di ciascuno dei comproprietari al ristoro del pregiudizio causato al proprio patrimonio (Cass., 12 gennaio 2010, n. 254; Cass., 28 luglio 1999, n. 8177). Tale aspetto assume particolare rilievo nella presente procedura, essendo evidente la necessità, in relazione all’accertata presenza di comproprietari che non abbiano esperito l’azione aquiliana, di determinare l’ammontare delle somme spettanti a quelle parti che abbiano dimostrato di essere titolari di diritti domenicali sul bene illegittimamente occupato ed irreversibilmente trasformato, nei limiti delle quote ad essi rispettivamante spettanti. Sotto tale profilo non può non rilevarsi come il rigetto della domanda da parte del giudice di primo grado, in considerazione del fatto che non era stato provato che gli attori fossero gli unici proprietari dell’area, si risolve in una sorta di inammissibile "non liquet". 4.3 – Tanto premesso, deve constatarsi la fondatezza dei motivi di ricorso, soprattutto con riferimento agli aspetti contraddittori e lacunosi della motivazione della decisione impugnata, tali da comportarne la cassazione.

4.4 – Ed invero non si giustifica, sul piani logico-giuridico, la valorizzazione della scrittura in data 26 marzo 1984, e del successivo verbale di consegna, della prima sostanzialmente caudatario, laddove tale atto risulta sottoscritto da una serie di soggetti che solo parzialmente corrispondono a quelli che avrebbero in seguito esperito l’azione risarcitoria.

In relazione a tale aspetto dal complesso degli scritti difensivi, e dalla stessa sentenza impugnata (pag. 4) emerge che detta scrittura, di contenuto meramente obbligatorio e priva, quindi, di efficacia traslativa (la corte distrettuale si limita a qualificarlo "impegno di natura programmatica e morale"), non avrebbe avuto seguito a causa di "divergenze insorte fra gli eredi". Di certo, la parziale divergenza fra i firmatari del citato documento e i soggetti che hanno successivamente esperito l’azione risarcitoria non trova nell’impugnata decisione adeguata spiegazione, mentre l’indicazione del medesimo atto (così come del verbale di immissione in possesso) fra gli elementi probatori a favore della titolarità del bene in capo ai controricorrenti suscita non poche perplessità, apparendo intimamente incongrua e contraddittoria.

4.5 – Il riferimento, poi, alla scrittura in data 5 luglio 1984, contenente l’impegno del Comune di Siniscola a corrispondere ai "legittimi proprietari" dell’area la somma di cinquanta milioni di lire, a tacitazione di ogni loro avere – a prescindere dalla fondatezza dei rilievi circa il ruolo di C.S., che in quanto firmatario, avrebbe dovuto considerarsi, secondo la stessa Corte d’appello, comproprietario, e circa la carenza di poteri rappresentativi in capo a Pa.An. e M.P. – non coglie nel segno, in quanto a detto documento non solo non può attribuirsi valore ricognitivo dell’altrui diritto di proprietà (Cass., 18 giugno 2003, n. 9867), ma neppure il limitato riconoscimento dell’esclusività del diritto al risarcimento.

4.6 – Quanto alle dichiarazioni degli altri soggetti ritenuti cointestari catastali, deve rilevarsi come, a prescindere dallo loro incompletezza, rimane sullo sfondo, e probabilmente costituisce l’aspetto fondamentale della vicenda, l’assenza di qualsiasi riferimento, nella decisione impugnata, al titolo in base al quale coloro che hanno agito in giudizio debbano ritenersi proprietari esclusivi del terreno ablato.

Tale aspetto, considerate, altresì, la dedotta incompletezza sotto il profilo soggettivo e l’incongruenza derivante dalla denuncia di successione presentata dagli eredi di C.G., (i quali, contraddicendo le dichiarazioni di non vantare alcun diritto sul bene, lo includono poi fra quelli ereditati), refluisce negativamente anche sulle dichiarazioni stesse. Ben vero, escluso che possa configurarsi un riconoscimento in merito a diritti reali, ai sensi dell’art. 1988 c.c., applicabile ai soli rapporti di obbligazione (Cass., 20 febbraio 1992, n. 2088), deve tuttavia ammettersi la predicabilità di un negozio di accertamento, anche di natura unilaterale (Cass., 20 maggio 2004, n. 9651), ed avente ad oggetto diritti reali immobiliari, purchè in tal caso, avente tale atto natura meramente dichiarativa, si dia per presupposto, un valido titolo costitutivo di tale diritto su cui le parti intervengono solo per fare chiarezza in merito ad alcuni punti oscuri.

5 – In conclusione, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Cagliari che, in diversa composizione, esaminerà la vicenda senza incorrere nei rilevati vizi motivazionali, provvedendo, altresì, alla regolazione delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi e li accoglie. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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