Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2011) 11-11-2011, n. 41014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Hanno proposto ricorso per cassazione S.M. e D. G., il primo personalmente, il secondo per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce del 21.9.2009, che in riforma della più severa sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal Tribunale di Brindisi il 2.10.2008, per i reati di truffa aggravata in danno di F. S. e L.G. (capo a) della rubrica), ricettazione aggravata dei due assegni bancari utilizzati per la consumazione della truffa (capo b); truffa aggravata in danno di T. G. (capo c); ricettazione aggravata dell’assegno utilizzato per la truffa (capo d), concedette ad entrambi le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, e ritenuta la continuazione tra tutti i reati, ridusse la pena ad anni due, mesi sette di reclusione ed Euro 1900,00 di multa, confermando nel resto la decisione di primo grado.

In sostanza, i due imputati avrebbero effettuato acquisti di prodotti per l’agricoltura presso esercenti diversi, utilizzando come mezzo di pagamento assegni bancari materialmente falsi, perchè formati al di fuori del circuito bancario con apposite tecniche di riproduzione dei supporti cartacei.

Il S. deduce i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione delle norme che consentono la trasformazione del giudizio direttissimo in giudizio abbreviato. La richiesta in tale senso formulata dalla difesa avrebbe dovuto essere dichiarata tempestiva, in quanto anteriore alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Il motivo è successivamente sviluppato con la deduzione della conseguente nullità di entrambe le sentenze di merito, e con la richiesta di trasmissione degli atti al PM per l’ulteriore corso a seguito della sollecitata pronuncia di annullamento delle due pronunce.

2) Violazione degli artt. 449 e 552 c.p.p..

Il moti vo si riferisce alla illegittima estensione del giudizio direttissimo al reato di truffa, per il quale non sussistevano i presupposti del procedimento speciale.

3) Difetto di motivazione in relazione alla mancata derubricazione dei reati di ricettazione di cui ai capi B) e D) ai sensi dell’art. 485 c.p. La Corte territoriale avrebbe illogicamente disatteso la spiegazione del S. di avere personalmente provveduto a "stampare" i moduli di assegno utilizzati per le truffe.

4) Difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante ex art. 61 c.p., nr. 7, per il reato di truffa i giudici di merito avrebbero inspiegabilmente trascurato di considerare, ai fini delle valutazioni del caso, la cospicua capacità economica della società "Agritecnica" s.r.l., desumibile dal suo elevato fatturato, secondo le precisazioni fornite in dibattimento dallo S..

5) Eccessività della pena inflitta e mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, in considerazione della sua personalità e della sua incensuratezza.

6) Nell’interesse del D., la difesa eccepisce con un primo motivo, il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di affermazione della responsabilità dello stesso ricorrente in ordine a tutti i reati in contestazione. La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto dell’atteggiamento assolutamente passivo dell’imputato nel corso delle trattative per gli acquisti truffaldini, atteggiamento chiaramente indicato dai testi escussi. La partecipazione alla frode da parte dell’imputato sarebbe inoltre esclusa, nel caso della truffa in danno della L., anche dalla cristallina condotta dallo stesso tenuta nel rilevare l’errore per eccesso delle taniche consegnate dalla ditta fornitrice;

con il secondo motivo, la difesa rileva, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), il vizio di violazione dell’art. 648 c.p. e la carenza e illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di ricettazione. Al riguardo i giudici di appello avrebbero indebitamente disatteso le indicazioni del S. circa la sua esclusiva responsabilità nella formazione dei titoli falsi, con considerazioni non condivisibili sul piano logico, in ordine alla presunta implausibilità delle spiegazioni del coimputato. L’ultimo motivo è diretto censurare in punto di diritto l’affermazione della sussistenza della continuazione tra i vari fatti di ricettazione.

Dovrebbe infatti ritenersi che tutti i titoli fossero stati ricevuti contemporaneamente, come un compendio unitario, e la Corte di merito sarebbe al riguardo incorsa in chiaro errore di valutazione riferendosi al momento anteriore della falsificazione degli assegni.

7). Con motivi aggiunti il difensore di D.G. ha dedotto che con sentenza del tribunale di Brescia del 31.1.2011, divenuta irrevocabile, i fatti di ricettazione sarebbero stati riqualificati ai sensi dell’art. 485 c.p., con la conseguente dichiarazione di improcedibilità dei reati per difetto di querela.

Motivi della decisione

1. Va anzitutto rilevata l’infondatezza delle questioni processuali oggetto del ricorso del S..

1.1. In ordine alle doglianze relative alla mancata trasformazione del rito, va premesso che il dato di partenza delle relative valutazioni è che nell’ipotesi di convalida dell’arresto e contestuale giudizio direttissimo, la richiesta di applicazione alternativa di uno dei riti speciali previsti nell’art. 444 e nell’ art. 442 cod. proc. pen., può essere formulata dall’imputato a partire dalla fase immediatamente successiva all’udienza di convalida e sino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (Corte di Cassazione, nr. 42696 del 23/10/2008 SEZ. 6, La Gatta). Si tratta quindi di stabilire se nella specie fosse intervenuto, prima della richiesta di trasformazione del rito, il momento processuale preclusivo della sua proponibilità. Contrariamente a quanto deduce il ricorrente, deve ritenersi però che la dichiarazione di apertura del dibattimento fosse ormai intervenuta anteriormente alla richiesta.

1.2. Al riguardo, la sentenza impugnata rileva già correttamente, che in tema di giudizio direttissimo, l’avvenuta concessione del termine a difesa, ai sensi dell’art. 451 cod. proc. pen., comma 6, presupponendo che abbia già avuto luogo l’apertura del dibattimento, preclude la richiesta di giudizio abbreviato, prevista dall’art. 452 c.p.p., comma 2, (cfr. Corte di Cassazione, nr 12778 del 18/02/2010 SEZ. 5 Glaudi e altri).

1.3 Si può aggiungere più in generale che l’apertura del dibattimento per le preclusioni che comporta e gli effetti che determina, va individuata in relazione al concreto svolgimento delle attività alla stessa finalizzate o successive (con riferimento al codice di rito previgente, cfr. Corte di Cassazione 01581 del 06/06/1988 Periato dove la precisazione che non è essenziale la formale proclamazione del presidente, la quale è priva di valore costitutivo; nel senso della esclusiva rilevanza del controllo degli adempimenti processuali che culminano nella dichiarazione di apertura del dibattimento, indipendentemente da una formale dichiarazione, cfr. per il nuovo codice, Cass. 25.3.1996 De Capua). Peraltro, nel caso di specie lo stesso ricorrente riconosce che dopo la convalida dell’arresto era seguita la lettura dell’imputazione,adempimento che al pari dell’istanza di concessione di termini a difesa presuppone anch’esso l’avvenuta apertura del dibattimento (cfr. art. 492 c.p.p., comma 1 e 2).

2. Quanto alla questione della nullità dell’intero giudizio di merito per l’illegittima estensione del rito direttissimo ai reati di truffa, E’ sufficiente osservare che l’instaurazione del giudizio direttissimo fuori dei casi previsti dalla legge determina una nullità relativa ( Corte di Cassazione nr 43232 del 04/11/2008 SEZ. 5 Biagini, quando sia possibile prima del compimento dell’atto di riferimento, o comunque subito dopo ( art. 182 c.p.p., comma 2) nel caso di specie prima dell’ordinanza di convalida, mentre lo stesso ricorrente riconosce di avere sollevato la questione solo all’atto della proposizione dell’istanza di trasformazione del rito, cioè, come si è visto, dopo l’apertura del dibattimento.

3. Per quel che riguarda i reati di truffa, correttamente anzitutto, la Corte di merito ha ritenuto il concorso nei fatti del D., alla stregua di un dato di prova effettivamente rilevante, e del tutto omesso nelle repliche difensive, cioè l’avere anche il D. dichiarato falsamente, in occasione della vicenda descritta nel capo a) dell’imputazione, che vede come parti lese la L. e lo S., di essere un operaio alle dipendenze della Cooperativa Cipa. Il ricorso è quindi aspecifico proprio in relazione ad un caposaldo argomentativo della sentenza impugnata, sottolieando il ricorrente altre circostanze di fatto, esaminate comunque dalla Corte territoriale con argomentazioni che appaiono esenti da vizi logico-giuridici. Lo stretto collegamento tra la truffa in questione e quella di cui al capo B) già induce inferenze probatorie evidenti sul rinnovato concorso del D.; in ogni caso, non vale ad insidiare la motivazione della sentenza impugnata, soprattutto come integrata da quello di primo grado, la citazione di singoli incisi delle dichiarazioni del T., che dovrebbero essere valutate nel loro complesso.

4. Le deduzioni del S. sulla motivazione della sentenza impugnata in ordine all’aggravante ex art. 61 c.p., nr. 7, vanno senz’altro disattese. Esse si riferiscono, in concreto, soltanto all’episodio di truffa di cui al capo a), che dovrebbe essere valutato, nella sua gravità oggettiva, alla luce della capacità economica della società danneggiata. Si tratta peraltro, di un criterio soltanto sussidiario, applicabile nei casi per dir così di confine, in cui la valutazione della grave entità del danno non sia assolutamente evidente e richieda dati integrativi di stima (cfr. ex plurimis, Cass. Sez 2^, 24.10.2007, nr. 42351). Peraltro, sull’entità oggettiva del danno in sè considerato il ricorrente non interloquisce, e le stesse deduzioni sulla cospicua capacità economica della parte lesa sono alquanto generiche, facendo riferimento ad un non meglio specificato "fatturato", che costituisce oltretutto soltanto un aspetto dei dati di bilancio di un’impresa.

4.1. Generiche e assertive sono le deduzioni dello stesso ricorrente in ordine alla incongruità del trattamento sanzionatorio, che non vanno in sostanza oltre la sopravvalutazione del dato dell’incensuratezza dell’imputato (peraltro oggi normativamente depotenziato dalla modifica dell’art. 62 bis c.p. introdotta con D.L. 23 maggio 2008, nr. 92, conv. nella L. 24 luglio 2008, n. 125), e la vaga considerazione della "personalità" dell’imputato) senza dire che proprio il rilievo dell’assenza di precedenti penali ha indotto la Corte territoriale a concedere agli imputati le circostanze attenuanti generiche, con una sostanziosa riduzione della pena, la cui entità finale non è molto discosta dai minimi edittali.

5. Per quel che riguarda i fatti di ricettazione di cui ai capi B) e D), l’eccezione di regiudicata proposta dal D. è irricevibile, in quanto proposta per la prima volta in questa sede di legittimità (cfr. Corte di Cassazione 48575 03/12/2009 SEZ. 4 Bersani, dove la precisazione che L’accertamento delle condizioni di operatività della preclusione del "ne bis in idem", per giudicato sullo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto, non può essere svolto dalla Corte di cassazione, poichè resta estraneo al giudizio di legittimità l’accertamento del fatto e la parte non può produrre documenti concernenti elementi fattuali, la cui valutazione è rimessa esclusivamente al giudice di merito, potendo comunque l’imputato far valere la violazione di detto divieto davanti al giudice dell’esecuzione).

5.1 I ricorsi meritano invece accoglimento nella parte in cui riescono in effetti a cogliere significativi vizi argomentativi della sentenza impugnata in ordine all’esclusione della partecipazione degli imputati al reato presupposto.

E’ pacifico che nel caso di specie i moduli di assegni bancari utilizzati per le truffe non siano mai stati emessi da un qualunque istituto bancario, ma furono formati falsamente nella loro stessa materialità con apposite tecniche di riproduzione. Le valutazioni della Corte territoriali sull’implausibilità dell’ipotesi che il S. avesse personalmente "costruito" i supporti cartacei al computer dieci giorni prima del fatto risultano poi nient’affatto convincenti (l’imputato potrebbe essersi procurato i falsi titoli in vista di future azioni criminali, non essendo dato di comprendere perchè in quel momento avrebbe dovuto già preventivamente individuare le vittime delle truffe; in ogni caso, un intervallo di tempo di poco più di una settimana tra la predisposizione dei titoli e la realizzazione delle truffe non appare per nulla illogico). La Corte di merito, inoltre, considera sospetta l’affermazione del S. di non essere in grado di provare l’utilizzazione del proprio computer, in quanto nel frattempo irrimediabilmente danneggiatosi, ma è ovvio che comunque egli potrebbe avere commissionato a terzi la "produzione" dei titoli, rimanendo così ugualmente coinvolto, insieme al suo complice, nel reato di falso presupposto della ricettazione, sembrando dubbio, peraltro, che esista un vero e proprio mercato di titoli in bianco contraffatti con tecniche informatiche o con qualunque altro artificio, messi in vendita "preventivamente" come un qualunque articolo commerciale, indipendentemente dall’impulso di specifiche e singole richieste, cioè "su commissione".

Alla stregua delle precedenti considerazioni la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alle imputazioni di ricettazione di cui ai capi b) e c) della rubrica, assorbita nella pronuncia la questione sulla configurabilità della continuazione proposta dalla difesa del D., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce, rigettati nel resto i ricorsi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle imputazioni di ricettazione di cui ai capi b) e d) della rubrica, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce. Rigetta nel resto i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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