Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-05-2012, n. 7902 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con decreto del 6 aprile 2009, la Corte di Appello di Venezia ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da S. M., U.A., S.A., G.A., A. D., Z.G. e T.R. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio dinanzi alla Corte dei conti, promosso dagli istanti per la riliquidazione del trattamento pensionistico.

Premesso che il giudizio presupposto, iniziato nell’anno 1997, si era concluso con sentenza del 9 maggio 2007, la Corte ne ha determinato la ragionevole durata in tre anni, sulla base dei parametri elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e, ritenuto che lo stato di disagio conseguente all’eccessivo protrarsi della vicenda processuale non fosse escluso dall’esistenza di precedenti giurisprudenziali sfavorevoli ai ricorrenti, non consentendo gli stessi di affermare che questi ultimi fossero pienamente consapevoli dell’infondatezza della loro pretesa, ha liquidato equitativamente il danno non patrimoniale in Euro 3.400,00 per ciascuno degl’istanti, in considerazione della durata esorbitante del giudizio e della posta in gioco, valutata anche in relazione alla minore partecipazione emotiva connessa alla circostanza che la domanda era stata proposta congiuntamente da una pluralità di soggetti.

2. – Avverso il predetto decreto gl’istanti propongono ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria.

Il Ministero resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, i ricorrenti denunciano l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nella liquidazione del danno non patrimoniale, la Corte d’Appello si è discostata dai criteri enunciali dalla Corte EDU e dalla giurisprudenza di legittimità senza addurre ragioni apprezzabili sotto il profilo logico-giuridico, avendo fatto riferimento alla natura collettiva del ricorso, inidonea ad escludere il patema d’animo connesso alla pendenza del giudizio, ed avendo omesso di conferire rilievo alla scarsa complessità della controversia, alla condotta delle parti e del giudice ed alla natura pensionistica del giudizio, i quali avrebbero giustificato il riconoscimento di un indennizzo più elevato, nonchè ragguagliato ad un ritardo maggiore di quello preso in considerazione.

2. – La predetta censura va esaminata congiuntamente a quella proposta con il secondo motivo, anch’essa attinente alla liquidazione dell’indennizzo, in ordine alla quale i ricorrenti deducono, in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 e dell’art. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, lamentando la menomazione dell’effettività della tutela giudiziaria conseguente all’avvenuto riconoscimento di un importo poco più che figurativo e tale da non costituire un concreto ed esaustivo ristoro del danno non patrimoniale.

3. – Nella parte riflettente l’omessa valutazione della complessità della controversia e della condotta delle parti e del giudice, ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo, i motivi risultano inammissibili, essendosi i ricorrenti limitati a richiamare gli atti del giudizio svoltosi dinanzi alla Corte d’Appello, senza indicare specificamente le circostanze di fatto da essi evidenziate che, se adeguatamente considerate, avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, e ciò in contrasto con l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 il quale esige che il ricorso per cassazione contenga tutti gli elementi necessari per consentire al giudice di legittimità di valutare la decisività dei punti controversi e la correttezza e la sufficienza della motivazione della sentenza impugnata (cfr. Cass., Sez. 5, 31 maggio 2011 n. 11984; Cass., Sez. 2^ 23 gennaio 2007, n. 1406; Cass. Sez. 1, 21 ottobre 2005, n. 20454).

3.1. – Nella parte riguardante la mancata considerazione dell’oggetto della pretesa azionata dinanzi alla Corte dei conti, le censure risultano invece infondate, avendo questa Corte affermato ripetutamente che la natura lavoristica o previdenziale del giudizio non giustifica, ai fini della valutazione in ordine all’avvenuto superamento del termine di ragionevole durata, il riferimento a standards inferiori a quelli ritenuti adeguati dalla Corte EDU con riguardo ad altre tipologie di controversie, in quanto, anche laddove impone l’applicazione di un rito speciale, essa non comporta l’adozione di forme diverse di organizzazione del lavoro, tali da differenziarne il corso in rapporto all’oggetto della controversia (cfr. Cass., Sez. 1. 6 giugno 2011, n. 12172; 30 ottobre 2009, n. 23047).

3.2. – Le censure sono al contrario fondate nella parte avente ad oggetto il ridimensionamento del patema d’animo sofferto dai ricorrenti, operato dalla Corte d’Appello ai fini della liquidazione dell’indennizzo, in considerazione della natura collettiva del ricorso proposto dinanzi alla Corte dei conti.

E’ pur vero, infatti, che, come ripetutamente affermato da questa Corte, il giudice nazionale, se da un lato non può ignorare, nella liquidazione del ristoro dovuto per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri applicati dalla Corte EDU, dall’altro può apportarvi le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purchè motivate e non irragionevoli.

E’ stato tuttavia precisato che, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta, alla stregua della più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che la quantificazione di tale pregiudizio dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000.00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente il periodo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (cfr. Cass., Sez. 1^, 30 luglio 2010, n. 17922; 14 ottobre 2009, n. 21840).

Tali parametri non appaiono puntualmente applicati nel decreto impugnato, con cui la Corte d’Appello ha liquidato in favore di ciascuno dei ricorrenti, in relazione all’accertato ritardo di sei anni ed undici mesi nella definizione del giudizio presupposto, un indennizzo complessivo di Euro 3.400,00, il cui importo unitario. notevolmente inferiore a quello ritenuto congruo dalla Corte EDU, non trova sufficiente giustificazione nella circostanza, evidenziata a fondamento della decisione, che il ricorso al giudice amministrativo sia stato avanzato congiuntamente da una pluralità di soggetti.

La proposizione della domanda in forma collettiva e indifferenziata può infatti comportare un ridimensionamento del danno patrimoniale, in ragione della più limitata incidenza delle spese processuali, ma non vale certamente a trasferire sul gruppo, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite (cfr.

Cass., Sez. 1^, 29 marzo 2011, n. 7148; 20 novembre 2008, n. 27610).

La valutazione di tale circostanza non legittima pertanto il riconoscimento di un importo irragionevolmente inferiore a quello risultante dall’applicazione dei criteri elaborali dalla Corte EDU, dai momento che la liquidazione di un indennizzo poco più che simbolico o comunque manifestamente inadeguato contrasterebbe con l’esigenza, posta a fondamento della L. n. 89 del 2001, di assicurare un serio ristoro al pregiudizio subito dalla parte per effetto della violazione dell’art. 6 della CEDU (cfr. Cass., Sez. 1^, 6 giugno 2011, n. 12173).

4. – L’accoglimento dei primi due motivi, comportando l’automatica caducazione del decreto impugnato, anche nella parie riguardante il regolamento delle spese processuali, rende superfluo l’esame del terzo motivo, con cui i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 10 c.p.c., comma 2, e art. 91 cod. proc. civ. e del D.M. 8 aprile 2004, n. 127, nonchè l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la liquidazione delle spese compiuta dalla Corte d’Appello.

5. – Il decreto impugnato va pertanto cassato, nei limiti segnati dalle censure accolte, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, attraverso una nuova liquidazione del danno non patrimoniale.

Quest’ultimo dev’essere quantificato in via equitativa, tenendo conto dell’accertata consistenza del ritardo nella definizione del giudizio e dell’entità del patema d’animo verosimilmente conseguitone per i ricorrenti, anche in relazione alla natura previdenziale della pretesa avanzata; sulla base di tali elementi, può quindi essere riconosciuto a ciascun ricorrente un importo complessivo di Euro 6.250.00, sul quale sono dovuti gl’interessi legali con decorrenza dalla domanda.

6. – Le spese di entrambi i gradi del giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato, e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere a M.S., U.A., G. A., D.A., Z.G. e T. R. la somma di Euro 6.250,00 ciascuno a titolo di indennizzo, oltre interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, che si liquidano per il giudizio di merito in complessivi Euro 1.500,00, ivi compresi Euro 800,00 per onorario, Euro 600,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, e per il giudizio di legittimità in complessivi Euro 850,00, ivi compresi Euro 800,00 per onorario ed Euro 50,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *