Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2011) 11-11-2011, n. 41013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ha proposto ricorso per cassazione S.F.D. per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia del 7.12.2010, che in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Verona il 26.5.2009, per il reato di ricettazione, così riqualificate le imputazioni di furto di cui ai capi e) ed h), lo mandò assolto dal reato di cui al capo h) per non avere commesso il fatto, con la conseguente riduzione della pena, confermando nel resto la decisione di primo grado.

2. Secondo i giudici di appello, doveva ritenersi raggiunta la prova che il ricorrente si fosse intromesso tra l’autore del furto di strumenti musicali in danno di due esercizi commerciali ubicati in Italia, e un terzo non identificato, residente in Romania, per procurare a quest’ultimo l’acquisto della merce, essendo consapevole della sua provenienza delittuosa. Tanto sarebbe desumibile dal contenuto di una conversazione telefonica intercettata, nel corso della quale l’imputato risultava aver promosso il contatto tra l’acquirente e il responsabile del furto.

3. La difesa deduce la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) e il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione all’art. 648 c.p., in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di ricettazione di cui al capo e) come ritenuto dalla Corte territoriale. Anzitutto, nel costrutto motivazionale della sentenza sarebbe rilevabile una chiara lacuna, per il mancato approfondimento dei temi di prova a dispetto dello sviluppo argomentativo esplicitamente annunciato. In ogni caso, del tutto illogicamente la Corte territoriale avrebbe tratto dalla conversazione intercettata la prova della consapevolezza, da parte dell’imputato, dell’illecita provenienza della merce, avendola appresa soltanto dopo quel contatto telefonico, secondo le esaurienti spiegazioni dallo stesso fornite al riguardo.

3.1 Sotto altro profilo, l’elemento psicologico sarebbe escluso dalla considerazione che l’autore del furto era solitamente impegnato, per quanto potesse essere a conoscenza del ricorrente, in imprese ladresche che avevano di mira generi di abbigliamento e autovetture, mentre nella specie si trattava di strumenti musicali.

4. L’ultimo motivo fa riferimento al trattamento sanzionatorio, lamentando la difesa l’apoditticità della valutazione dei giudici territoriali circa la professionalità e la disinvoltura della condotta dell’imputato, assunta a sostegno della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, e di una troppo severa determinazione della pena.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. In punto di responsabilità, è ravvisabile nelle deduzioni difensive, una evidente contraddizione tra l’ammissione della consapevolezza, da parte del ricorrente, della personalità criminale dell’autore del furto, e l’allegazione della sua buona fede in relazione alle circostanze del caso concreto e alla natura della refurtiva, essendo ovvio, piuttosto, che proprio il fatto che il "venditore" fosse solitamente impegnato in furti di auto e di capi di abbigliamento, escludeva che lo stesso potesse apparire agli occhi di chiunque come un onesto commerciante in grado di spedire in Romania con un Tir, un considerevole numero di strumenti musicali legittimamente acquistati.

Non appare quindi censurabile sotto il profilo logico-giuridico, la sentenza di appello, nella misura in cui inserisce il fatto nel contesto dei più ampi rapporti personali tra l’autore del furto e il ricorrente, caratterizzati dalla piena consapevolezza di quest’ultimo circa l’abituale coinvolgimento dell’altro in imprese ladresche. E del tutto irrilevanti appaiono i mancati sviluppi argomentativi annunciati in sentenza, quelli effettivamente svolti essendo più che sufficienti.

2. I motivi sul trattamento sanzionatorio, infine, sono alquanto generici, poichè il ricorrente non oppone, alle valutazioni della Corte territoriale, una qualche considerazione concreta sulle circostanze del fatto e sulla personalità dell’imputato suscettibile di evidenziare l’incongruità logica della misura della pena, tanto più in riferimento ai presupposti per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, che postulano l’emergenza di indici di valutazione particolarmente favorevoli al reo. In ogni caso, considerate le circostanze del fatto, non illogicamente i giudici rilevano, al contrario, la particolare gravità oggettiva del reato e la negativa personalità dell’imputato, ingeritosi in definitiva, in un traffico internazionale di beni di provenienza furtiva, trasportati dall’Italia in Romania con un mezzo pesante.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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