Cass. civ. Sez. V, Sent., 18-05-2012, n. 7900 Rimborso dell’imposta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

01. Con sentenza del 21 aprile 2010 la CTR-Lazio ha rigettato l’appello della Soc. Edilizia Nuova nei confronti dell’Agenzia delle entrate confermando l’avviso di accertamento notificato il 9 dicembre 2005 per omessa dichiarazione IVA/1997 e conseguente accertamento induttivo di L. 4.453.818.664.

Ha motivato la decisione ritenendo che, mancando la prova dell’avvenuta presentazione della dichiarazione fiscale, pienamente legittimo era stato l’accertamento effettuato ai sensi dell’art. 55 d.iva, senza che avesse alcuna rilevanza il carteggio intercorso con gli uffici in ordine ad un richiesta di rimborso. Inoltre l’azione di finanza, oltre ad essere legittima sul piano sostanziale, lo era anche sul piano procedimentale attesa la sua tempestività in ragione del termine quinquennale per l’accertamento, poi divenuto settennale per effetto della L. n. 289 del 2002. 02. Propone ricorso per cassazione, affidato a tre mezzi e memoria, la contribuente. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Motivi della decisione

03. Con il primo mezzo, denunciando violazione di legge (art. 112 c.p.c., art. 55 d.iva, L. n. 289 del 2002, art. 10) e correlato "difetto di motivazione su punto decisivo della controversia", la ricorrente sostiene che l’Ufficio non potesse godere del prolungamento del termine per l’effettuazione dell’accertamento, atteso che la sospensione disposta dalla legge di condono doveva ritenersi travolta, in materia di IVA, dalla pronuncia della Corte di Giustizia UE del 17 luglio 2008 (C-132/06). 04. Il mezzo non è fondato. La ricorrente sostiene che nelle controversie in materia d’IVA non può operare la sospensione dei termini prevista dalla legge di condono del 2002, attesa l’incompatibilità del condono sull’iva con la disciplina comunitaria per i tributi armonizzati sulla cifra d’affari.

La questione è stata disattesa dalle Sezioni Unite (dec. 3676/10), secondo cui la L. n. 289 nella parte in cui prevede la sospensione dei termini non comporta alcuna rinuncia dell’Amministrazione all’accertamento dell’imposta (v. anche C. 21088/11, 9181/11, 22240/11).

Dunque, la sospensione dei termini prevista dalla legge di condono, laddove si riferisce alla materia dell’IVA, non può essere disapplicata per contrasto con la sesta direttiva n.77/388/CEE a seguito dell’invocata sentenza della Corte di Giustizia CE, con la quale è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto comunitario degli artt. 8 e 9 della medesima legge, nella parte in cui prevedono la condonabilità dell’IVA alle condizioni ivi indicate, dovendo tale pronuncia essere interpretata restrittivamente.

05. Con il secondo mezzo, denunciando violazione dell’art.38 bis d.iva e correlato difetto di motivazione, la ricorrente sostiene che le dichiarazioni periodiche effettuate ai fini dei rimborsi equivalgono alla dichiarazione annuale IVA, di talchè non ricorreva la fattispecie legale dell’omessa dichiarazione posta dall’Ufficio a fondamento dell’azione di accertamento induttivo, promossa ai sensi dell’art. 55 d.iva..

06. Il mezzo non è fondato. Da parte di questa Corte si è ritenuto che, in tema di IVA, il contribuente che, avendo annotato regolarmente tutte le fatture da cui scaturisce il credito, ometta di presentare la dichiarazione annuale, limitandosi a presentare il solo modello cd. VR non perde il diritto al rimborso dei maturati crediti d’imposta (C. 19529/2011).

07. Si è, inoltre, affermato che, qualora sia stato eseguito il rimborso di un credito d’imposta in favore di un contribuente che abbia regolarmente annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca, per lui, un credito d’imposta, e abbia poi presentato unicamente il modello VR, ma non anche la dichiarazione annuale, l’Amministrazione finanziaria non può pretendere la restituzione della somma in questione per tali ragioni di pura forma, senza addurre rilievi sulla sua effettiva spettanza, atteso che, anche secondo la sesta direttiva CEE, art. 18, paragrafo 1, il diritto alla deduzione dell’IVA è subordinato solamente al possesso di una fattura compilata secondo le disposizioni ad essa applicabili (C. 22250/2011).

08. Da tali precedenti di questa Corte si desume che, contrariamente all’assunto della contribuente, il procedimento di rimborso si muove lungo linee proce-dimentali diverse da quelli della dichiarazione annuale. Infatti, ai sensi dell’art. 55 d.iva, l’inottemperanza del contribuente all’obbligo della dichiarazione annuale preclude che l’imposta versata sugli acquisti di beni e servizi nel periodo dell’omessa dichiarazione possa essere detratta, se non risulti dalle dichiarazioni periodiche, e rende legittimo l’accertamento induttivo da parte dell’Ufficio (C. 8602/1996 e 6134/2009).

09. Col terzo mezzo, denunciando violazione dell’art. 55 d.iva e art. 53 Cost. nonchè correlato vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che, nonostante la ricorrenza di specifici motivi di doglianza in appello, la commissione regionale ha trascurato di verificare la legittimità o meno della metodologia induttiva adottata per la ricostruzione del giro d’affari da parte dell’Ufficio.

Assume d’aver dedotto in secondo grado (app. pag. 5-8) che l’amministrazione, prima, e la commissione provinciale, poi, avrebbero dovuto utilizzare, per la ricostruzione induttiva del giro d’affari, anche i dati contabili della dichiarazione presentata ai fini del rimborso, semmai confrontandoli con i dati riportati in bilancio, il tutto anche in considerazione: (a) che il bilancio è frutto di contabilità per competenza e non per cassa come invece la dichiarazione IVA, (b) che nel settore edile l’aliquota massima del 20% è quella generalmente adoperata per l’edilizia non residenziale, (c) che così operando non si è tenuta nel dovuto conto l’IVA pagata sugli acquisti.

10. Il mezzo è inammissibile. La decisione del giudice di secondo grado, che asseritamente non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di prime cure, è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un fatto decisivo della controversia o violazione di legge sostanziale sul punto, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame.

Ne consegue che, se il vizio è denunciato, come nella specie, per violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, anzichè dell’art. 360, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c., il ricorso si rivela inammissibile (C. 12952/07 e 5312/12).

11. La spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 9.000 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2012

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