Cass. civ. Sez. V, Sent., 18-05-2012, n. 7899 Liquidazione dell’imposta Rimborso dell’imposta Ritenuta di imposta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La soc. coop. tra spedizionieri "Terreni 6 C." ricorre, con tre motivi (e memoria), per la cassazione della sentenza, con cui il 14 gennaio 2010 la CTR – Lombardia rigetta l’appello proposto dalla stessa contribuente contro la sentenza n. 116/09/2005 della CTP – Varese, confermando il rigetto dei ricorsi contro i dinieghi opposti dell’Ufficio II.DD. di Luino alle domande di assegnazione di titoli di Stato per l’estinzione dell’80% dei crediti indicati nelle dichiarazioni (mod.760) relative alle annualità 1991-1992. 2. Il giudice d’appello giunge a tale conclusione, ritenendo che le ritenute subite dalla soc. coop. su redditi di capitale (interessi) fossero a titolo d’imposta, con la conseguenza che esse non potessero essere detratte, nè potessero dar luogo a rimborso alcuno per crediti asseritamente vantato dalla contribuente.

3. A tal proposito richiama la decisione di questa Corte (C. 9524/09) che, pronunziando sul rimborso per l’annualità 1990, afferma:

"In tema di IRPEG… la qualificazione delle ritenute non è, infatti, correlata alla qualità del soggetto percettore del reddito, cioè alla circostanza che si tratti, oppure no, di soggetto esente da imposta; bensì al regime cui è sottoposto il reddito stesso nel periodo d’imposta in discussione; nel senso che costituisce ritenuta a titolo d’acconto quella operata su di un reddito che concorre, in quell’anno, a formare la base imponibile, mentre costituisce ritenuta a titolo d’imposta quella operata su di un reddito non assoggettabile ad imposizione nello stesso periodo". 4. L’Agenzia delle entrate non spiega attività difensiva.

Motivi della decisione

5. Con il primo mezzo, la ricorrente denuncia omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., sul punto decisivo della controversia, prospettato con motivo d’appello e non esaminato dai giudici di seconde cure, relativo al provvedimento di diniego dell’Ufficio II.DD. di Luino circa l’istanza di assegnazione di titoli di Stato per l’estinzione dell’80% del credito d’imposta indicato nella dichiarazioni dei redditi della contribuente per gli anni 1991 e 1992. 6. A tal proposito rileva:

a) che i provvedimenti motivano la determinazione erariale affermando: "Istanza annullata D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 26, comma 4, perchè ritenute operate da soggetto esente da imposta";

b) che nel ricorso introduttivo si denuncia che, ai sensi del D.L. n. 526 del 1995, art. 1 bis, nella fase di riscontro delle dichiarazioni l’Ufficio deve accogliere la richiesta di assegnazione di titoli di Stato, senza poter fare alcuna contestazione regolata, invece, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis;

c) che, come precisato nell’appello, al fine di contrastare le ragioni di credito indicate nel mod. 760, l’Ufficio è tenuto a notificare un formale avviso di accertamento, atteso che il D.M. 11 giugno 1996 attua l’art. 1 bis cit. senza ampliare i poteri dell’Ufficio;

d) che la sentenza d’appello trascura del tutto tali rilievi.

7. Con il secondo mezzo, la ricorrente denuncia "violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, e art. 111 Cost., per omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza della CTR di Milano sul punto decisivo delle controversia che pone la sentenza delle Suprema Corte n. 9524/2009 a sostegno delle decisione di rigetto del ricorso in appello". 8. La contribuente riferisce che, pur avendo censurato nei ricorsi introduttivi il diniego dell’Ufficio delle II.DD., la CTP disattende i ricorsi sulla scorta di altra decisione (104/09/04) neppure passata in giudicato "Il ricorso con lo stesso oggetto contro la DRE Varese è già stato discusso da questa Sezione della Commissione l’01/12/2004 e dichiarato inammissibile per gli stessi anni. La parte ha inoltrato allora ricorso alla commissione tributaria regionale di Milano".

Lamenta che, sul gravame specifico dell’interessata, la CTR immotivatamente "ritiene più semplicemente di dover rigettare i ricorsi", ancorchè "senza entrare nel merito… la Commissione sarebbe portata a ritenere inammissibili i ricorsi per il principio del ne bis in idem". Inoltre, in altra parte della decisione, la CTR richiama un inesistente giudicato esterno, formatosi in Cassazione giusta sentenza 9524/09 confermativa della sent. CTR/158/17/05, a sua volta confermativa della sent. CTP/104/09/04, tutte contrarie alla contribuente.

Rileva che il separato giudizio, definitosi in sede di legittimità, riguarda il diverso ricorso del 2000 contro il silenzio-rifiuto della Direzione regionale delle entrate (ex Intendenza di finanza), per gli anni 1985-1992.

Aggiunge che il giudicato esterno di merito si era formato solo sull’annualità 1990, estranea al presente giudizio, mentre per le altre annualità, comprese quelle 1991-1992, si era formato un giudicato meramente processuale d’inammissibilità.

Conclude affermando che il principio di diritto sancito dalla S.C. nella sentenza 9524/09 sul rimborso chiesto per l’annualità 1990, oltre a non essere estensibile ipso iure all’odierno giudizio per diversità di oggetto (dinieghi opposti dall’Ufficio II.DD. alle domande di assegnazione di titoli di Stato per l’estinzione dell’80% dei crediti indicati per 1991 e 1992 nei mod.760), contrasta con i principi del consolidamento del credito (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis) e del divieto di doppia imposizione, punti decisivi tutti trascurati dal giudice d’appello.

9. I due mezzi, da esaminarsi congiuntamente, non giovano alla ricorrente nonostante la lacunosità della sentenza d’appello.

10. Il D.L. n. 526 del 1995, art. 1 bis, invocato dalla contribuente, stabilisce:

"1. – All’estinzione dei crediti risultanti dalla liquidazione delle dichiarazioni dei redditi (…), relativi ai periodi di imposta chiusi entro il 31 dicembre 1992, si provvede mediante assegnazione ai creditori di titoli di Stato, qualora ne sia fatta richiesta (…). 2.- Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche per l’estinzione dei crediti risultanti dalla liquidazione delle dichiarazioni dei sostituti d’imposta relative agli interessi e ad altri redditi di capitale attinenti ai periodi d’imposta chiusi entro il 31 dicembre 1992, qualora ne sia fatta richiesta (…)". 11. Dalla narrativa della sentenza di prime cure, trascritta per autosufficienza in ricorso, si comprende che nel presente giudizio di controverte "delle ritenute operate, degli interessi percepiti e dei corrispondenti capitali fruttiferi", in riferimento alla richiesta conversione in titoli di Stato di conseguenti crediti esposti nei mod. 760 per gli anni 1991 e 1992. 12. Dall’esame della decisione di questa Corte 9524/09, definitiva di altro giudizio sulla "domanda di rimborso delle ritenute IRPEG operate su interessi bancari", emerge chiaramente che il giudicato sostanziale si è formato solo sull’annualità 1990, mentre le annualità sub judice nel presente giudizio sono quelle 1991 e 1992.

In ordine a queste ultime, la pronuncia della S.C. è puramente processuale, atteso che si limita a confermare la sentenza di merito affermando: "accertata, da parte del giudice di merito, l’identità di oggetto fra processo tributario instaurato (riguardo alle stesse annualità d’imposta sopra indicate; contro il rigetto della domanda di soddisfazione del vantato credito mediante assegnazione di titoli del debito pubblico, e processo sviluppatosi sul silenzio rifiuto dell’amministrazione in ordine alla richiesta di pagamento dell’identico credito, in guanto controversie sul medesimo rapporto tributario – è conforme a legge la dichiarata invalidità (recte, inammissibilità) dei ricorsi introduttivi di questa causa (salvo quello concernente l’annualità 1990), per difetto d’interesse della ricorrente ad instaurare un secondo giudizio vertente sullo stesso oggetto". 13. Tanto premesso, i principi di diritto enunciati da questa Corte riguardo all’annualità 1990 costituiscono solo precedenti giurisprudenziali, ai quali l’odierno Collegio ritiene di dover aderire, atteso che la sentenza 9524/09 si pone in linea di continuità con altre decisioni anteriori (es. C. 14164/03) e posteriori (es. C. 11444/11).

14. Pertanto, riguardo alle doglianze della contribuente sul c.d. consolidamento del credito, si ribadisce:

"Il termine stabilito nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, (nel testo applicabile ratione temporis, introdotto dal D.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 1), entro il quale l’Amministrazione finanziaria deve provvedere alla liquidazione dell’imposta, ha natura ordinatoria secondo l’interpretazione, avente efficacia retroattiva, che ne ha dato la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 28, comma 1. Le consegue che il credito esposto in dichiarazione non si consolida con lo spirare del predetto termine o perchè l’Amministrazione abbia omesso di procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, così come il diritto al rimborso del contribuente non è sottoposto al termine di decadenza, contenuto nel D.P.R. 27 settembre 1973, n. 602, art. 38, ma esclusivamente all’ordinario termine di prescrizione decennale, ferma restando la facoltà dell’Ufficio di opporre eccezioni alla domanda di rimborso". 15. Inoltre, quanto alle altre doglianze circa la sussistenza del credito vantato e sulla c.d. doppia imposizione, si ribadisce:

"In tema di IRPEG, la qualificazione delle ritenute non è correlata alla qualità del soggetto percettore del reddito, cioè alla circostanza che si tratti o no, di soggetto esente da imposta, ma al regime cui è sottoposto il reddito stesso nel periodo di imposta in discussione, nel senso che costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata su di un reddito non assogqettabile ad imposizione, giacchè, se il reddito non è esente da imposta, la ritenuta è appunto un acconto, la cui definitiva congruità dovrà essere valutata in sede di consuntivo, con la possibilità che sia evidenziata la sussistenza di un ulteriore debito o del diritto al rimborso, mentre, se non è assoggettato ad IRPEG, la ritenuta costituisce imposta secca, avendo il legislatore inteso trattarsi comunque di manifestazione di ricchezza, come tale assoqqettabile a prelievo, in via definitiva, in misura non ancorata all’ammontare complessivo dei redditi del contribuente" (C. 9524/09, 4519/09, 1563/2007, 23957/2004, 10469/2003, 14774/01).

16. "Ciò non comporta indebita duplicazione d’imposta, sul reddito sociale e su quanto distribuito ai soci, trattandosi di tributi diversi, gravanti sul reddito di soggetti diversi" (C. 9524/09 e 1168/2008).

17. Premessi gli enunciati principi di diritto,va considerato che non è contestato dalla contribuente il fatto che, riguardo agli anni 1991 e 1992, si tratti di "ritenute operate a soggetto esente da imposta", così come affermato dal Fisco nei suoi provvedimenti in riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, (cfr. su tale disposizione C. 3437/12).

Ne deriva che le controverse ritenute costituivano imposta "secca" e dunque, non potendo essere detratte, non davano luogo a rimborso alcuno, neppure nella forma della conversione in titoli di Stato.

L’art. 1 bis cit. consente, infatti, di ottenere la "…estinzione dei crediti risultanti dalla liquidazione delle dichiarazioni dei redditi", giammai prevede un’automatica definizione di tali crediti mediante titoli di Stato.

18. L’istituto speciale della conversione dei crediti nummari verso il Fisco da luogo per legge a una sorta di "datio in solutum", semprechè i crediti vantati nelle dichiarazioni esistano realmente.

In tal senso, è decisivo il riferimento normativo testuale alla "liquidazione delle dichiarazioni di redditi" che rinvia logicamente alle procedure di controllo, così come è confermato dal D.M. 11 giugno 1996 (art. 3, comma 1), laddove stabilisce:

"Gli uffici delle imposte dirette ed i centri di servizio, verificata la sussistenza del credito di cui è stato richiesto il rimborso con la dichiarazione annuale dei redditi o dei sostituti d’imposta, rilevano l’importo del credito che può essere estinto mediante assegnazione di titoli di Stato, determinando i relativi interessi calcolati fino al 31 dicembre 1996". 19. E’ vero che, "per quanto riguarda i rimborsi relativi alle imposte che emergono dalle dichiarazioni dei redditi, si procede al rimborso nei limiti dell’80% dell’importo dei crediti indicati in dichiarazione"; mentre "il residuo ammontare viene estinto al termine delle operazioni di liquidazione anche avvalendosi delle ordinarie procedure di rimborso" (c.2). Ciò, però, non esclude che, ove il fondamento stesso del rimborso sia "ictu oculi" insussistente, l’amministrazione possa – anzi debba – negare la dazione dei titoli di Stato sostitutivi del rimborso, con provvedimento di diniego dell’istanza avanzata ex art. 1 bis cit. dal contribuente e in coerenza col principio costituzionale di buona amministrazione.

Infatti, deve sempre essere preliminarmente "verificata la sussistenza del credito", senza che ciò comporti l’obbligo di dover attivare alcuna formale procedura di accertamento.

Quest’ultima rileva, invece, solo "ove alla data di presentazione della domanda di rimborso sia stato già notificato avviso di accertamento", nel qual caso "l’importo del rimborso richiesto va ridotto alla differenza risultante tra quest’ultimo importo e quello costituito dalla somma della maggiore imposta accertata e del 50% della pena pecuniaria irrogata o della sovrattassa dovuta". 20. In conclusione, i primi due mezzi devono essere disattesi e della sentenza impugnata, essendo il dispositivo conforme a diritto, s’integra e corregge in parte la motivazione nei sensi sopra indicati (art. 384 c.c., u.c.).

21. Con il terzo mezzo, la ricorrente denuncia "violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 111 Cost., per contraddittoria motivazione dell’eventuale decisione di rigetto della domanda del ricorrente per la riforma della condanna al pagamento delle spese di primo grado".

Assume che, avendo chiesto con l’appello la riforma della sentenza "con spese di giudizio di primo e secondo grado a carico dell’Ufficio", la CTR avrebbe dovuto, per coerenza logica e giuridica, compensare anche le spese di prime cure e non soltanto quelle di secondo grado, qualora la locuzione "spese compensate" nel dispositivo della sentenza d’appello si riferisca solo alla fase di gravame, stante l’altra statuizione che "conferma la sentenza di primo grado". 22. Il motivo è inammissibile. In tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (SU 14989/05).

23. Peraltro, la necessaria specificità dei motivi di appello esige che alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi la parte argomentativa che confuti e contrasti l’impugnata statuizione di prime cure. Nulla di quanto necessario è leggibile nell’appello di specie.

24. Al rigetto del ricorso non segue la regolamentazione delle spese, mancando la costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2012

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