Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-10-2011) 11-11-2011, n. 41345

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale della Libertà di Messina rigettava la richiesta di riesame avanzata da C.T., soggetto alla massima misura cautelare, perchè indagato per due ipotesi estorsive ai danni di V.G., imprenditore operante in Barcellona – Pozzo Di Gotto, che era stato costretto a pagare a titolo di pizzo Euro 30.000, 00 in tre tranches da 10.000 ciascuna, per potere effettuare la fornitura di materiale bituminoso occorrente per la realizzazione di un parcheggio (capo a) ed a fornire a metà prezzo dei massi occorrenti per i lavori del lungomare di Villafranca Tirrena, in favore di certo C.P. (capo c).

2. In entrambi i casi, il ruolo del C. veniva individuato in quello di uomo di riferimento di D.C., personaggio di vertice della associazione mafiosa locale; nell’occasione della prima fornitura, che era stata significativamente rifiutata dai possibili acquirenti, per i precedenti attriti del V. con la consorteria mafiosa locale, cui aveva rifiutato di sottomettersi, il D. era stato contatto dallo stesso imprenditore, disposto ad essere accondiscendente. Il D. aveva indicato le modalità di pagamento del pizzo e designato il C., presente all’incontro, quale uomo di riferimento, ossia colui a cui rivolgersi per la risoluzioni di qualsiasi eventuale problema connesso alla fornitura.

3. Nel secondo episodio, il C. aveva fatto da tramite tra il V. ed il C., convincendo la riluttante parte offesa a soggiacere al dimezzamento del prezzo della fornitura, pena ritorsioni e danneggiamenti, di cui, peraltro, egli era stato già vittima in passato.

4. Le dichiarazioni dell’imprenditore, oltre che credibili intrinsecamente, erano riscontrate, secondo il Tribunale della Libertà, dalle dichiarazioni di altri imprenditori, presenti agli abboccamenti, da quelle del coindagato C., da accertamenti contabili e documenti fiscali, così da confermare il quadro di gravità indiziaria.

5. Ricorre il C. e lamenta la insussistenza di elementi a suo carico; sottolinea quanto al capo A che se pure è stato presente all’incontro tra l’estorto ed il D., non aveva però posto in essere alcuna condotta attiva e che tutta la vicenda- compresi i pagamenti- ha visto quale unico protagonista il coindagato. Non sarebbe stato approfondito il tema, denunciato con il riesame, del rancore nutrito dal V., che in precedenza aveva subito il danneggiamento dei suoi mezzi, e non si era considerato che la versione della parte offesa era stata smentita dai testi, imprenditori, ossia dagli acquirenti del materiale bituminoso.

6. In ordine al capo C mette in luce analoga carenza motivazionale, poichè era stato dimostrato documentalmente che il prezzo pagato era corretto, poichè non comprendeva le spese di trasporto dei massi, e che gli indizi erano basati esclusivamente su un acritico rinvio alle dichiarazioni della parte.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è da dichiarare inammissibile, con le consequenziali statuizioni.

2. Le doglianze sono palesemente centrate su una rivisitazione degli accadimenti, che si assume essere stati valutati dal tribunale acriticamente, mediante il richiamo alle affermazioni operate al riguardo dal GIP; il C. ripercorre le dichiarazioni della parte offesa e gli accertamenti ad esse conseguenti, proponendo una diversa lettura, ma in tale maniera, sotto il vizio di motivazione, veicola in maniera surrettizia una sostanziale censura delle opzioni probatorie che spettano al giudice di merito e che si sottraggono al sindacato del giudice di legittimità, se compiute, come nella specie, con argomentazioni aderenti alle risultanze ed esenti da vizi di sorta.

3. Nè può dolersi il ricorrente dell’appiattimento del giudice distrettuale sulle argomentazioni adottate dal GIP nel provvedimento genetico, poichè una siffatta lagnanza, peraltro generica, senza indicazione di punti specifici, si scontra con la palmare constatazione della ampiezza dell’iter argomentativo tenuto dal tribunale.

4. Infatti, sono stati esaminati i nodi critici prospettati, ossia, è stato individuato il ruolo attivo del C., nella prima ipotesi estorsiva, poichè la sua presenza, accanto a colui che aveva reso esplicite le richieste e la sua indicazione come uomo di collegamento, integra la condotta contestata: la minaccia costitutiva del delitto di estorsione può essere manifestata anche in maniera implicita, essendo solo necessario che essa sia idonea a incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera.

5. Tanto è da riconoscere nel caso in esame, posto che il V. era a conoscenza della caratura criminale delle persone cui si era rivolto e si era adeguato alle richieste proprio per evitare l’isolamento economico-imprenditoriale, nel quale si era ritrovato a causa di precedenti rifiuti alla chiesta sottomissione. In tale quadro, la mancanza di iniziativa diretta del C. è irrilevante, bastando sia la sua presenza sia la sua investitura, esplicita, di alter ego del D..

6. Parimenti, il decidente ha escluso che la attendibilità della parte offesa fosse inficiata da motivi di pregresso rancore nei confronti dell’indagato, con logiche osservazioni sulla mancanza di astio e soprattutto sulla consapevolezza dei rischi che l’imprenditore si è assunto nel denunciare le pressioni subite, nonostante in precedenza avesse subito rappresaglie a causa del suo comportamento oppositivo. Tale atteggiamento soggettivo attestava la sincerità del narrato, improntato da determinazione a rifiutare la pressione estorsiva e non da una improbabile volontà calunnatoria.

7. Anche la censura formulata per il secondo episodio, attinge direttamente i contenuti fattuali della decisione impugnata e si traduce in una prospettazione alternativa del fatto, introducendo elementi di merito, quali il prezzo reale della fornitura e la deduzione della assenza di danno, che non possono certo essere valutati in questa sede.

8. Il C., a sensi dell’art. 616 c.p.p., è da condannare al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille a favore della Cassa delle Ammende.

9. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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