Cass. civ. Sez. V, Sent., 18-05-2012, n. 7883 Esenzioni e agevolazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente propose ricorso avverso l’avviso, con il quale l’Agenzia delle Dogane le aveva richiesto il pagamento di somma, a titolo di restituzione del credito per agevolazione fiscale sul trasporto merci, di cui al D.L. n. 265 del 200, convertito in L. n. 343 del 2000, relativo al primo semestre dell’anno 2001, in quanto compensato oltre il termine del 31 dicembre dell’anno di relativa insorgenza, stabilito dal del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3.

A fondamento del ricorso la società contribuente faceva rilevare che, avendo presentato la dichiarazione di credito il 9.11.2001, il correlativo diritto era sorto, per il silenzio assenso dell’Agenzia dopo il decorso di sessanta giorni e, quindi, nel gennaio 2002, con conseguente legittimità della compensazione operata in quell’anno.

L’adita commissione tributaria accolse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello dell’Agenzia, fu confermata dalla commissione regionale, con condanna dell’Agenzia alla refusione delle spese.

I giudici di appello ritennero che – dovendosi ricollegare l’insorgenza del credito d’imposto, non al momento del consumo nè a quello della dichiarazione, ma a quello di esplicito accoglimento della domanda da parte dell’Ufficio ovvero a quello, di formazione del silenzio-assenso sull’istanza medesima (coincidente, ai sensi del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 2, con la scadenza del sessantesimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione) ed essendo tale ultimo evento, nella specie, avvenuto l’8 gennaio 2002 – correttamente il contribuente aveva proceduto alla compensazione nell’anno 2002.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso in due motivi.

La società contribuente non si è costituita.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia deducendo "violazione dell’art. 83 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12 (invalidità della procura dell’appellato innanzi alla C.T.R.)" – censura il capo della sentenza impugnata relativo alla condanna alla spese, facendo rilevare l’invalidità della procura del difensore costituitosi in appello per la società contribuente, essendo la stessa limitata al primo grado.

Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Dogane – deducendo "violazione del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3 e del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17" – censura la decisione impugnata per non aver considerato che, alla luce della disciplina applicabile alla fattispecie, la società contribuente avrebbe dovuto utilizzare in compensazione il credito d’imposta dedotto in controversia, a pena di decadenza, entro 31 dicembre 2001, essendo in tale anno avvenuto il consumo all’origine del credito d’imposta.

Il secondo motivo di ricorso è fondato.

Invero, il D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3, recita: "Gli esercenti nazionali e gli esercenti comunitari tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi, compresa quella unificata, utilizzano il credito in compensazione entro l’anno solare in cui è sorto per effetto delle disposizioni di cui al comma 2. Per la fruizione dell’eventuale eccedenza presentano richiesta di rimborso entro i sei mesi successivi a tale anno".

La categoricità della formula letterale ("Gli esercenti nazionali … tenuti … utilizzano il credito entro …") e la sua funzione (di porre termini certi all’esercizio dell’agevolazione accordata) rivela chiaramente l’imposizione del termine a pena di decadenza, pur in assenza di un’espressa qualificazione di perentorietà.

Se ne inferisce che l’agevolazione in esame contempla due modalità di rimborso del credito d’imposta in favore dell’avente diritto: a) entro il 31 dicembre dell’anno solare in cui e avvenuto il consumo, mediante la compensazione prevista dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 (cfr., D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3); b) entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello in cui è avvenuto il consumo, mediante istanza di rimborso in denaro del credito d’imposta ovvero il rimborso, sempre in denaro, della differenza fra l’ammontare complessivo del credito d’imposta e la parte di quest’ultimo utilizzata in compensazione entro l’anno solare precedente ( D.P.R. n. 277 del 2000, art. 3, comma 1 e art. 4, comma 3); ciò in base ad un criterio improntato, anche a fini di certezza del bilancio pubblico, allo scopo di far coincidere la compensazione con il periodo d’imposta relativo al consumo che da origine al beneficio (e, quindi, con l’annualità in cui deve avvenire il saldo dell’accisa relativa a quel consumo), con possibilità di slittamento, nei limiti del semestre successivo, del solo rimborso degli importi residui, entro il quale la partita di dare/avere deve essere definita.

Peraltro – atteso che la definizione del credito d’imposta, essendo determinabile in funzione della mera quantità di gasolio consumato, non pone come necessario l’intervento dell’Ufficio, sicchè il contribuente è in grado di utilizzare il credito senza dover attendere la comunicazione dell’assenso dell’Ufficio medesimo l’indicata ratio legis induce a ritenere che, diversamente da quanto assunto dal giudice a quo, il 31 dicembre posto dal D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3, quale termine per l’utilizzo del credito in compensazione è quello dell’anno del consumo, cui il credito medesimo è riconnesso, e non quello della scadenza dei sessanta giorni dalla dichiarazione, assegnati all’Amministrazione per la prestazione (esplicita o implicita) del suo assenso (all’esito di un controllo che, in questa fase, appare meramente formale, essendo normativamente, altresì, previsti un controllo sulla veridicità della dichiarazione e la possibilità di rimozione del primitivo assenso: cfr. art. 4 commi 2 e 3, cit.).

D’altro canto – posto che ove, ai fini dell’applicazione della previsione di cui al D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3, si facesse riferimento alla data del provvedimento (esplicito o implicito) dell’Agenzia, il termine per l’utilizzo del credito risulterebbe, non generalizzatamente predeterminato e fisso, ma variabile in funzione del comportamento dell’Ufficio, con possibilità, peraltro, di comportare l’incongruo effetto di assegnare un termine estremamente ristretto ad alcuni contribuenti, quelli per i quali l’assenso dell’Ufficio intervenga a ridosso del 31 dicembre dell’anno del consumo, ed assai più ampio ad altri, per i quali l’assenso scapoli anche di un sol giorno il 31 dicembre dell’anno del consumo.

L’interpretazione appare, d’altro canto, imposta dal rilievo che le leggi che dispongono agevolazioni tributarie sono di stretta interpretazione, sicchè devono esser applicate, rigorosamente, nei termini e nei modi stabiliti anche in rapporto all’interesse della certezza del gettito fiscale rilevante ai fini del bilancio dello Stato.

Alla stregua delle considerazioni che precedono – e restando assorbito il primo – s’impone l’accoglimento del ricorso dell’Agenzia.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente.

Per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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